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L'editoriale di TerzaRepubblica

Europa e Occidente sveglia!

RUSSIA (CON COREA E IRAN) E CINA MINACCIANO UN CONFLITTO GLOBALE PER POTER APPARECCHIARE UN NUOVO ORDINE MONDIALE

di Enrico Cisnetto - 26 ottobre 2024

Dalla nostrana guerra per bande(ruole) alla guerra planetaria. Dovendo decidere se porre più attenzione sull’ennesimo episodio di malcostume nazionale in capo al ministero della Cultura – che ci sia un maledetto virus che gira in quel palazzo? – oppure sui segnali se non di un allargamento dei due conflitti in corso, Ucraina e Medioriente, di certo di una forzatura verso un nuovo ordine mondiale anti-occidentale, scelgo senza indugio questa seconda opzione. Sospinto in ciò, anche dal fatto che quasi tutti i media hanno optato per la prima, e, lo confesso, camminare controcorrente è una delle poche cose che mi conforta in questa fase buia della nostra vita pubblica.

Mettiamo in fila un po’ di fatti, tutti racchiusi nell’arco di tempo delle due ultime settimane. Primo: Putin convoca in Russia, a Kazan, un summit dei Brics, ben più largo dei 5 paesi di cui alla sigla (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). In tutto 40 paesi tra aderenti e ospiti (tra cui Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Etiopia ma soprattutto Iran e Turchia) che sommati mettono insieme una fetta consistente del pil mondiale e una parte ancor più grande della popolazione planetaria. E con l’inopportuna ma significativa presenza del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che non si è fatto scrupolo di salutare con un inchino reverente un capo di Stato su cui pende un mandato di cattura emesso un anno e mezzo fa dalla Corte Penale internazionale. Il Cremlino non ha ottenuto niente di concreto dal vertice, tantomeno ciò a cui ambiva di più: lanciare un sistema di pagamenti alternativo al dollaro, che nessuno dei membri del club si è mostrato disposto a sottoscrivere. Ma ha conseguito un triplice successo politico-mediatico: ha declassato il suo isolamento internazionale a propaganda occidentale; ha mostrato di essere in grado di tirare le fila di quella parte (consistente) di mondo che è alternativo all’Occidente o quantomeno ambisce ad essere autonomo; ha rafforzato l’asse con Pechino, anche a costo di sembrarne suddito, condividendo con Xi Jinping l’idea di “formare un sistema inclusivo e non discriminatorio di sicurezza equa e indivisibile in Eurasia”.

Secondo: in nome dei rapporti tra Putin e Kim Jong-un, la Corea del Nord ha inviato in Russia un contingente di 12mila soldati, truppe che ora, secondo Financial Times e Washington Post, potrebbero essere dislocate nella regione di Kursk, occupata dall’Ucraina ad agosto. Dunque, dopo armi e proiettili in cambio di capre (non è una battuta alla Sgarbi, è proprio questo lo scambio fatto), la mossa di Pyongyang rappresenta un upgrade nel fiancheggiamento di Mosca. E, a suggello, la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, ha ratificato il Trattato di partenariato strategico globale tra Russia e Corea del Nord. D’altra parte, va considerato che nel folle regime nordcoreano ben un terzo dei 25 milioni di abitanti sono militari, paramilitari e riservisti e che a fronte di una vita di miseria (dopo il Covid si è sfiorata la carestia) riservata alla gran parte della popolazione, il Paese si è dotato di una cinquantina di testate nucleari, numero che potrebbe raddoppiare se si considera il materiale fissile di cui dispone.

Terzo: la risposta di Seul non si è fatta attendere, e si profila un significativo incremento delle modalità di sostegno che la Corea del Sud già offre a Kiev. Ma siccome questi aiuti non saranno tali da sovvertire le sorti della guerra in corso dal 24 febbraio 2022, il risultato di questa reazione è l’incremento delle possibilità di uno scontro diretto tra le due Coree. Quarto: se venti di guerra rimbalzano nell’Asia che sta tra il Mar del Giappone e il Mar Cinese Orientale, non distante, a sud, ne spirano altri su Taiwan. Nei giorni scorsi la pressione della Cina si è moltiplicata, con esercitazioni militari che hanno lo scopo di mandare messaggi intimidatori al governo di Taipei, dimostrando che Pechino è in grado di rendere lo Stretto di Taiwan e le acque attorno all’isola una sorta di mare interno presidiato dai cinesi. L’idea di Xi Jinping è di sottomettere Taipei senza avventurarsi in una vera e propria invasione, di cui conosce i rischi, ma attraverso un accerchiamento e poi eventualmente un blocco, che avrebbe il triplice obiettivo di fermare la rotta delle importazioni, sbarrare la via di fuga delle forze indipendentiste, e impedire l’arrivo degli aiuti americani. Quinto e ultimo fatto: prima un incontro in Turkmenistan tra Putin e il neo presidente iraniano Masoud Pezeshkian, e poi il vertice Brics è servito a consolidare ulteriormente il già forte rapporto politico-militare tra Mosca a Teheran – è noto e ne ho già scritto qui che gli arsenali russi sono pieni dei famigerati droni Shahed di fabbricazione iraniana, con cui Mosca martella il territorio ucraino – e ora che il regime degli ayatollah è sotto assedio per l’operazione avviata da Israele in Libano, i due paesi sono pronti a fare un ulteriore passo in avanti firmando un trattato di partnership strategica. Certo, oggi è più la Repubblica islamica ad aver bisogno della Russia, ma questa alleanza, insieme con l’asservimento a Mosca della Siria di Bashar al Assad e la fornitura di armi di fabbricazione russa sia a Hezbollah che agli Houthi (anche grazie ai servigi del famigerato trafficante di armi Viktor Bout, detto il “mercante di morte”), consente a Putin di alimentare il caos in Medio Oriente, sfiancando gli Stati Uniti (specie se dovesse vincere la Harris le presidenziali).

Ora, se s’inquadra tutto questo in un contesto in cui l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il conflitto mediorientale innescato dall’attacco terroristico di Hamas a Israele di un anno fa, essendo questioni tra loro correlate per un preciso disegno di sovversione del vecchio ordine mondiale – dico vecchio perché mi pare evidente che sia superato dai fatti – costituiscono già le premesse di un caos globale, se ne può dedurre che il mondo è oggi più vicino ad un conflitto di dimensione e natura planetaria. Non credo che accadrà, non presto comunque, non fosse altro perché Cina e India hanno tutto l’interesse per le loro economie ad evitare che divampi una guerra su scala mondiale. Ma di certo tutto congiura a favore di un indebolimento dell’Occidente, attraverso un logoramento delle solidarietà euro-atlantiche (che il ritorno di Trump alla Casa Bianca accentuerebbe), premessa per immaginare e realizzare un nuovo ordine mondiale. Che lo stesso Putin ha recentemente annunciato con queste parole: “Le relazioni internazionali sono entrate in un’era di cambiamenti fondamentali: un nuovo ordine si sta formando nel mondo, riflettendo la diversità del pianeta, e questi processi non possono essere fermati”. Chi legge TerzaRepubblica sa che fin dal primo momento dell’aggressione russa all’ Ucraina ho sempre sostenuto che il vero obiettivo strategico del leader del Cremlino non fosse la conquista di Kiev, ma la creazione delle condizioni per sovvertire l’ordine multipolare internazionale che si era affermato dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del comunismo organizzato come sistema intorno all’Unione Sovietica, ordine che era succeduto a quello bipolare Est-Ovest creato a Yalta dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ora Putin stesso lo conferma.

Averne coscienza significa ragionare sulla vicenda Ucraina e sui rapporti da tenere con la Russia prima di tutto alla luce di questo presupposto. E capire che in ballo c’è la potenziale spaccatura dell’Europa, la fine della pace che il Vecchio Continente ha conosciuto negli ultimi 80 anni, la messa in discussione delle libertà e dello stato di diritto, oltre che del benessere economico e del sistema di welfare più avanzato al mondo. Così come, sul piano globale, rischia di frantumarsi l’architrave su cui si è retto l’impianto politico-istituzionale, relazionale e valoriale che ha tenuto insieme, accomunate da un impegno di coesistenza, le parti diverse del mondo, a cominciare da quelle antagoniste. Un sistema che ha funzionato con alti e bassi, che ha richiesto continui aggiustamenti, ma che nessuno ha davvero mai messo in discussione, neppure quando si è ostentato il proprio armamento nucleare. Ha scritto efficacemente Ezio Mauro: “Putin ci avverte che ce l’ha fatta, che quel meccanismo che ha trasformato a lungo il mondo in sistema è saltato, che siamo entrati in un’epoca incognita dove manca ogni criterio comune di giudizio”, e per questo “viviamo senza più una nozione comune del bene e del male, con la politica cieca”.

Ma guai a pensare che sia solo colpa del distruttore. Lo dico non per attenuare le responsabilità del democrate russo, ma per ricordare a noi occidentali che, nell’ordine: a. non abbiamo ascoltato Putin, che fin da quando aveva molti leader europei e non alla sua corte per accaparrarsi il gas a buon prezzo, non ha mancato di far capire dove sarebbe andato a parare; b. dopo l’attacco all’Ucraina ci siamo divisi sull’intensità del sostegno a Kiev, producendo visibili spaccature del fronte atlantico che erano, e restano, la più grossa cortesia che si poteva e si può fare al Cremlino; c. non abbiamo capito che quel vecchio ordine mondiale era logoro già per i fatti suoi, ed è il motivo per cui Putin si è sentito in grado di attaccarlo frontalmente, a cominciare dal fatto che non poteva reggere con un’Europa frammentata, incapace di diventare un vero soggetto unitario per via federale. Solo facendo un’analisi profonda e autocritica, cui far seguire i fatti nei tempi che la storia impone, sarà possibile evitare che quel che resta dell’equilibrio internazionale così come i nostri padri l’hanno realizzato venga spazzato via. Certo, molto dipenderà dall’esito del voto americano. Ma non facciamone un alibi. Perché se vincerà la Harris, noi europei dovremo comunque assumerci responsabilità nuove ed essere finalmente artefici del nostro destino proponendo agli Stati Uniti un rinnovato patto atlantico. E se tornerà Trump, dovremo resistere alla tentazione, che molti avranno, di correre in braccio al vincitore, e a maggior ragione dovremo saper fare velocemente quel processo di integrazione e di conseguente autonomia senza il quale il Vecchio Continente sarà tagliato fuori dai nuovi equilibri che gente fatta per intendersi come Trump, Putin e Xi stabilirà sulle nostre teste.

Quanto a Roma, lascio a voi, cari lettori, valutare che ruolo ha e potrà avere, impegnata com’è a coltivare divisioni basate sulle ombre proiettate da passati che la storia ha già dichiarato perdenti e ad occuparsi di squallide vicende da avanspettacolo. Che Dio ce la mandi buona.

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