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L'editoriale di TerzaRepubblica

Elezioni alla tedesca

BERLUSCONI IL CENTRODESTRA SONO UN ALGORITMO IMPOSSIBILE. CI ASPETTA LO SCHEMA TEDESCO

12 febbraio 2018

La Germania si avvia, quasi cinque mesi dopo le elezioni e al termine di una trattativa tanto serrata quanto seria, ad avere un governo. Sarà un esecutivo forte, sia sul piano politico che parlamentare, destinato a durare per l’intera legislatura. Lo compongono forze che in campagna elettorale si sono contrapposte senza mai, però, delegittimarsi reciprocamente. Non a tutti in Germania piace la “grosse koalition”, ma a nessuno viene in mente di chiamarla Techtelmechtel o Intrige, versioni tedesche del pessimo vocabolo italico “inciucio”. E nessuno si straccia le vesti per i mesi che ci sono voluti o per la segretezza che ha circondato la trattativa. Tanto per i cristiano democratici, che nella trattativa hanno ceduto molto, quanto per i socialdemocratici, che rischiano l’impopolarità per l’ennesimo supporto a Angela Merkel, non è stato per nulla facile, ma è prevalso il senso di responsabilità, pur di evitare al paese di essere riportato alle urne.

In Italia si andrà a votare tra poco più di 20 giorni. Le probabilità che l’esito delle elezioni costringa ad imitare i tedeschi sono altissime. E pur tuttavia, ogni occasione è buona, persino fatti di cronaca nera come quelli di Macerata, per forzare la mano agli interlocutori e allargare il solco che divide gli uni dagli altri. A cominciare dalle forze contigue, quando non alleate. Prendete il centro-destra. Hai voglia di scrivere patti e farli vidimare dal notaio: non c’è tema fondamentale, a cominciare dal tema dei temi dell’Europa, su cui la distanza tra Berlusconi e Salvini non sia siderale. Con il risultato che l’elettorato moderato è esposto all’amletico dilemma: li voto comunque, pur sapendo che se dovessero vincere non riuscirebbero a governare perché le differenze inevitabilmente esploderebbero? O rafforzo solo le componenti – Forza Italia e il centro moderato, la cosiddetta “quarta gamba” – che dopo saranno più predisposte a formare una qualche maggioranza con il Pd e altri, anche se ora figurano in squadra con soggetti che non piacciono? Molto dell’esito del voto del 4 marzo starà nella risposta che la parte storicamente più consistente dell’elettorato, quello moderato appunto, darà a questa antinomia. E spiega perché all’inizio della campagna elettorale il redivivo Berlusconi fosse apparso il dominus, mentre ora la spinta sembra essersi un po’ esaurita. Da un lato, l’elettore meno sofisticato, pur essendo il meglio predisposto a perdonare i vecchi errori personali e di governo del Cavaliere, è anche quello che ne ha maggiormente colto i limiti di età e di prontezza vedendolo nelle sempre più reiterate apparizioni televisive. Possiamo mettere le sorti del paese nelle mani di un signore che in occasione del suo prossimo compleanno dovrà mettere ben 82 candeline sulla torta?, si domandano in molti. Mentre l’elettore più attrezzato, non dimentica che la Seconda Repubblica, che tanti guai ha portato all’Italia, porta l’impronta indelebile di Berlusconi e che riprovarci ancora ad affidargli le chiavi del sistema politico se non addirittura quelle di palazzo Chigi, sarebbe un azzardo, tanto più vista la forza crescente dei suoi compagni di squadra, imbarazzantemente populisti e sovranisti.

Berlusconi, naturalmente, conta sulla forza persuasiva del concetto di “voto utile”: se scegliete me sapete che, in un modo o nell’altro, il voto non viene buttato. Ma in quanti taglieranno la testa alle loro incertezze e, magari “turandosi il naso”, voteranno il partito del Cavaliere? L’impressione è che saranno un numero consistentemente maggiore rispetto ai minimi del 2013 e delle amministrative, anche perché torneranno all’ovile originario molti elettori che erano migrati verso il “primo” Renzi, ma lontano dalle vette toccate nei vari passaggi della Seconda Repubblica. Anche perché è difficile esimersi dal riflettere sul fatto che, per effetto della legge elettorale, in molti casi si crederà di votare Forza Italia ma in realtà si eleggerà un esponente della Lega o di Fratelli d’Italia – il che non è proprio la stessa cosa – e che politicamente il centro-destra che si è presentato al cospetto degli italiani appare un algoritmo impossibile.

Molti pensano: il pericolo più grande che abbiamo davanti è il dilettantismo becero dei 5stelle, un vincitore ci vuole, al centro-destra manca poco per conquistare la maggioranza, e se anche al nastro di partenza mancassero una manciata di seggi, Berlusconi saprebbe certamente organizzare alla Camera e al Senato una piccola armata Brancaleone di volenterosi, o responsabili che dir si voglia, pronti a correre in soccorso. Non ne dubitiamo. Ma a parte il fatto che se, come ha calcolato il professor Pasquino, per vincere occorre sommare il 70% (minimo) dei collegi uninominali con il 42-45% di voti proporzionali, abbiamo motivo di ritenere che si sia ancora significativamente distanti, resta il tema che un conto è vincere le elezioni (o vincerle postume grazie ad un po’ di transfughi) e un altro è governare. L’Europa, l’euro, la legge Fornero, la riforma del mercato del lavoro, la consistenza della flat tax, la politica estera, la globalizzazione, ma anche il condono fiscale e persino le politiche sull’immigrazione: sono tutti temi strategici sui quali le differenze tra Berlusconi e Salvini non sono sfumature. Per questo, cari amici, quantomeno pensateci su bene. Intanto, liberatevi il naso dalle vostre dita assolutorie e respirate profondamente. Poi guardate bene quali nomi la vostra scheda elettorale vi propone. L’avventura è dietro l’angolo.

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