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L'editoriale di TerzaRepubblica

Cara Emma ti scrivo

LETTERA APERTA A EMMA BONINO: RIEMPI IL VUOTO DEL “PARTITO CHE NON C’È”

05 gennaio 2018

Cara Emma,

siamo felici che i problemi tecnici che avrebbero potuto impedire la presentazione della lista a cui stai lavorando siano superati e che a consentirtelo sia stato un galantuomo come Bruno Tabacci, cui va la nostra stima. Ma, non ti nascondiamo, siamo ancor più contenti che l’aiuto non ti sia arrivato dal Pd, perché questo ci consente di mantenere viva la speranza non solo che “+Europa” sia una lista autonoma, ma soprattutto che possa diventare quel “partito che non c’è” nella politica italiana, di cui da tempo si sente maledettamente la mancanza. Non sappiamo se, alla fine, questa sarà la tua scelta. Ma lo speriamo, e con noi crediamo faccia altrettanto un numero non indifferente di italiani, bisognosi di disporre di un soggetto estraneo al “tripolarismo populista” imperante, a cui poter dare il voto il prossimo 4 marzo senza doversi tappare il naso né tantomeno gli occhi. Certo, siamo consapevoli che per tradurre questo impegno in una presenza parlamentare e non in una semplice testimonianza di esistenza occorre superare lo sbarramento del 3%, e che anche nel caso si riesca è improbabile che si possa conquistare seggi uninominali, limitandosi a pescare nel proporzionale. E che, dunque, sarebbe molto più sicuro e comodo trattare l’apparentamento con il Pd, facendosi assicurare un certo numero di posti, che con qualche magheggio potrebbero arrivare persino se la lista fosse sotto la soglia dell’1%. Ma siamo convinti, conoscendoti, che ciò che ti anima non sia la ricerca di un seggio per te e per qualche amico radicale. Non è accaduto in passato, neppure quando dopo il successo (8,5%) alle elezioni europee del 1999 della lista che portava il tuo nome, avresti potuto (e dovuto) spiccare il volo, mentre invece per lealtà a Marco Pannella sei rimasta (sbagliando) nei ranghi di un partito, quello radicale, che il pannellismo ha sempre costretto ad essere solo minoranza testimoniale. Tanto meno avrebbe senso succedesse oggi, all’alba dei 70 anni che compirai proprio qualche giorno dopo le elezioni e alla luce della dura esperienza cui ti ha costretto quell’indesiderato inquilino chiamato tumore, contro cui hai lottato e, per fortuna, vinto.

Ma, cara Emma, la riflessione cui vogliamo qui richiamarti è di natura politica, non certo personale. E attiene a quattro questioni, che crediamo fondamentali per la tenuta del Paese, che esce sì dalla più lunga e difficile crisi economica della sua storia recente – pur con una ripresa che non è ancora strutturale – ma continua a marcire nella peggiore stagione politica, che comporta un insopportabile logoramento delle istituzioni repubblicane e il permanere di uno stato di sfiducia collettiva ormai sfociata, ci suggerisce il Censis, in diffuso e radicato rancore sociale.

Alla prima questione, per la verità, hai già dato una risposta con la scelta – oseremmo dire macroniana – del nome della lista. Ci riferiamo all’opzione europeista come caposaldo di una più complessiva proposta programmatica che, nel vuoto pneumatico di contenuti dell’attuale offerta politica – sia in termini di diagnosi che di prognosi delle malattie italiane – risulta di per sé essere fortemente significativa. Tanto più di fronte alle sollecitazioni sovraniste e anti-euro cui gli elettori sono da più parti sottoposti. Non solo. Far nascere una lista esplicitamente favorevole agli Stati Uniti d’Europa costringe gli europeisti “formali” – perché aderenti al Ppe e al Pse – ma scarsamente praticanti, come Forza Italia (che non a caso si allea elettoralmente con due forze “anti” come quelle capitanate da Salvini e Meloni) e Pd (Renzi ha fatto il tappetino a Bruxelles, Parigi e Berlino ma il sovversivo a Roma), a fare i conti con una linea di federalismo continentale intransigente che non può che far bene al Paese, fragilissimo nella Ue e totalmente bypassato dal rinnovato asse franco-tedesco. Inoltre, una lista europea renderà più credibile la critica a chi, come Di Maio, ha frettolosamente dismesso la casacca anti-Ue solo per accattivarsi le simpatie dell’elettorato moderato.

Si dirà: ma tutto questo sarebbe possibile anche se la lista Bonino si dovesse apparentare con il Pd. Vero, anche se solo fino ad un certo punto. Ma è la seconda ragione, più squisitamente politica, che legandosi a quella programmatica, rende opportuna, anzi indispensabile, la tua scelta “autonoma”, cara Emma. È del tutto evidente che non siamo migliorati passando dal “bipolarismo armato” della Seconda Repubblica, in cui il sistema politico si divideva in due fazioni pro e contro una persona (Silvio Berlusconi) e non sulla base di differenze politico-programmatiche, al “tripolarismo populista” dell’attuale Seconda Repubblica bis, in cui il partito di maggioranza relativa (quando non assoluta) è quello degli astenuti e quel che resta si divide in tre tronconi minoritari distinguibili solo per la differente modalità con cui praticano il populismo. Ora, in tutti questi anni è sempre mancato un forte partito liberaldemocratico, riformatore, europeista (appunto), laico ma non laicista, centrale nella geografia politica, non perché centrista (cioè che fa del moderatismo conservatore la sua ragion d’essere), ma perché strategico. Un partito fuori dagli schemi ma non banalmente “anti-sistema”, capace, collocandosi al centro del sistema politico, di scompaginarlo, imponendo nuove regole e nuove istituzioni. Noi l’abbiamo chiamato “il partito che non c’è”, e lo abbiamo invocato a più riprese, anche a costo di predicare al deserto. Adesso ce n’è più che mai bisogno. Per due motivi, che rappresentano la terza e la quarta delle questioni che prima abbiamo evocato.

Intanto perché, se si vuole fermare l’emorragia astensionistica, occorre rafforzare e meglio articolare l’offerta politica. Siamo convinti che non saranno le liste satellite, per quanto probabilmente in qualche caso più decenti dei partiti a cui si agganciano, a indurre gli italiani sfiduciati e per questo motivo intenzionati a restare a casa il 4 marzo, ad andare alle urne. Mentre chi avrà il coraggio di misurarsi senza le protezioni garantite da questa pessima legge elettorale, e dunque senza i vincoli politici che queste garanzie impongono, potrà riscaldare gli animi (comprensibilmente) raffreddati di molti. A cominciare dai nostri. E poi – ecco la cosa più importante – potrà candidarsi ad essere l’anello di congiunzione di una coalizione di forze che, se le elezioni non consegneranno, come è altamente probabile, alcuna maggioranza stabile a Camera e Senato, sarà indispensabile creare per evitare al Paese una seconda (probabilmente altrettanto inutile) prova elettorale a breve termine. Sono mesi che andiamo dicendo che questo sistema politico, tanto più con la cervellotica legge elettorale che Renzi ha voluto immaginandosi di poter far fuori i 5stelle e che Berlusconi ha scioccamente approvato, non può che produrre ingovernabilità. E che occorre una forza nuova che della governabilità faccia il suo credo per accompagnare il sistema verso diversi e più responsabili equilibri. Abbiamo sollecitato Carlo Calenda a farsene promotore, senza riuscirci. E lui stesso, nel sottrarsi – per motivi personali che ben comprendiamo – ha indicato in “+Europa” lo strumento più idoneo a svolgere questa funzione “catalizzatrice”.

Cara Emma, è per tutti questi motivi che ci permettiamo di invitarti a compiere la scelta (apparentemente) più rischiosa. Anche perché siamo convinti che, nella misura in cui la tua non sarà una lista di radicali o poco più, ma sarà invece rappresentativa, con modalità inclusive, delle diverse anime del più autentico riformismo italiano, allora non solo la soglia del 3% sarà superabile – osiamo dire, facilmente superabile – ma nessun traguardo sarà precluso. Se a suo tempo Mario Monti prese il 10%, Emma Bonino non sarà da meno.

Con grande stima

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.