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L'editoriale di Terza Repubblica

Il doppio regalo a Grillo

AMMICCARE AI 5STELLE O IMMAGINARE DI SCONFIGGERLI SENZA ALLEANZE ECCO IL DOPPIO REGALO A GRILLO

24 marzo 2017

Errare humanvm est, perseverare autem diabolicvm. Pier Luigi Bersani persevera nel suo finora infruttuoso tentativo di corteggiamento di Grillo e dei grillini, sprezzante del pericolo di cadere pesantemente nel ridicolo. E non ha neppure la scusante di aver letto Michel Houellebecq, il grande scrittore francese che al Corriere della Sera ha distillato il suo pensiero sulla grandezza della democrazia diretta e il fallimento di quella rappresentativa, che immaginiamo sarà subito ingaggiato dai pentastellati come loro maître à penser, anche se è assai improbabile che ce ne sia uno che lo conoscesse prima di questa intervista, non a caso titolata “Sono populista”. Già, perché il buon Bersani ha parlato prima che i populisti nostrani ottenessero questo popò di copertura intellettuale. Ci ha dunque messo solo del suo, l’uomo che ha portato la “ditta” fuori dal Pd, nonostante che nel 2013, alle sue avances perché aderisse ad un governo “di minoranza e di combattimento”, Grillo gli avesse risposto con un umiliante “vaffa”, facendolo definire dagli scagnozzi uno “zombie”, e altre amenità del genere. Non contento, ora ci ritenta, con l’aggravante che nella prossima legislatura le parti saranno invertite, e dunque sarebbe Bersani a fare da portatore di voti a Grillo. Perché, per come si stanno mettendo le cose, sia il centro-sinistra sia il centro-destra, salvo miracoli, sono destinati a perdere.

Ora è vero che nel sistema proporzionale, specie se la legge elettorale dovesse restare quella riveniente dagli interventi censori della Corte Costituzionale, e cioè con il premio di maggioranza assegnato alla lista e non alla coalizione (oltre la soglia del 40%, improbabile per chiunque), risultare il primo partito non porta automaticamente alla guida del governo. Tuttavia, la primazia dà diritto ad avere, per prassi consolidata, il primo incarico da parte del presidente della Repubblica, e aiuta l’incaricato a cercarsi i voti o nelle consultazioni, se l’incarico sarà – come crediamo e speriamo – prudentemente esplorativo, o in parlamento, nella malaugurata ipotesi che il capo dello Stato assegni un mandato pieno. E in questo caso, sappiamo che i fuoriusciti dal Pd – salvo che D’Alema non provveda a smentire Bersani, come auspichiamo – sono pronti ad appoggiare quello che è stato imprudentemente definito un “partito di centro”, partendo dal presupposto (è sempre il Bersani pensiero a parlare) che se alle prossime elezioni s’indebolisse aprirebbe le porte ad una “robaccia di destra”. Cosa che renderebbe Grillo e i suoi, potabili.

Bersani si è bevuto il cervello? Nel caso, è in buona in compagnia. Anzi, peggio di lui è, manco a dirlo, Michele Emiliano, che si azzarda a sostenere che “se non ci fosse il movimento 5 Stelle la crisi sarebbe senza speranza”. D’accordo che, dopo la sua battaglia contro la trivelle (ricordate l’inutile referendum dell’anno scorso?) e quella per evitare la posa di un tubo sottomarino che senza danno porterebbe in Italia gas pregiato dall’Est, appare evidente a tutti che si tratta di un populista che ha sbagliato partito, ma metterla in questi termini proprio mentre si candida alla segreteria del Pd è davvero troppo. Più cauto, ma non per questo meno sorprendente, è la sponda che Enrico Letta ha voluto offrire a Bersani (“capisco Pier Luigi”), ovviamente in chiave anti-Renzi.

Vi domanderete, cari lettori, perché in questo luogo che si fa vanto di essere non convenzionale, si stia dando così tanto spazio ad un fenomeno destinato ad essere marginale come il “nuovo” partito degli anti-renziani. La risposta è semplice. Noi di TerzaRepubblica non abbiamo mai risparmiato critiche – seppur sempre costruttive – a Renzi e al renzismo, ma abbiamo sempre detto che di fronte alla deriva populista e qualunquista rappresentata da Grillo e dai dilettanti allo sbaraglio che lo seguono come adepti di una setta (salvo altrimenti essere cacciati), nessun errore di Renzi come pure del Berlusconi presidente del Consiglio potrà essere stato e potrà mai essere in futuro così grave da farci esitare. Anzi, siamo andati oltre, chiedendo ai riformisti e ai moderati di smetterla di baloccarsi nell’illusione di poter conseguire una vittoria come quelle che entrambi i fronti hanno avuto nel corso della Seconda Repubblica, e di costruire fin d’ora le basi di un’alleanza in chiave anti-5stelle. E non contenti, abbiamo detto che essa va con coraggio dichiarata prima del voto, per trasparenza nei confronti degli elettori e perché se si vuole dare basi minimamente solide alla prossima legislatura, almeno su alcuni punti fondamentali andrà trovata una convergenza costruita nel tempo.

Dalla scelta pro Europa – pur con tutti i distinguo che si debbono fare su come è stata costruita fin qui – alla comune volontà di aggredire in modo strutturale il debito pubblico, da un piano di revisione radicale del decentramento amministrativo ad un programma economico di natura liberal-keynesiana, fino ad comune intendimento di mettere fine allo squilibrio tra magistratura e politica come caposaldo per una vera riforma della giustizia, queste sono le cose su occorre concordare partendo fin d’ora da un lavoro di progressiva condivisione. Con la premessa che a monte da parte di riformisti e moderati c’è l’adesione senza riserve alla democrazia parlamentare e l’abiura non tanto della concezione rousseauiana della democrazia diretta in cui davvero “uno vale uno”, che ha il solo difetto di essere inapplicabile della società di massa – e di cui sicuramente sarà sincero paladino Houellebecq ma con la quale Grillo non ha nulla a che fare – quanto di quella pratica e di quel linguaggio che è corretto catalogare come anti-politica o anti-casta, per cui il populista è colui che si accredita agli occhi dei cittadini come il fustigatore dei costumi corrotti. A questo proposito, e soprattutto in merito all’inutile ginnastica di chi accusa Grillo di non essere un capo democratico – come se un movimento come il suo potesse essere altro che uno strumento nelle mani del “depositario della verità” – segnaliamo un bellissimo articolo del professor Dino Cofrancesco sul Secolo XIX (che provvediamo a riprodurre su TerzaRepubblica).

Tornando alle “forze di governo”, è venuto il momento di decidersi a stabilire chi sono i possibili alleati e chi gli impraticabili. In mancanza, il Pd sarà solo preda delle sue guerre interne, Forza Italia finirà vittima della contraddizione di un’impossibile alleanza con Salvini (starà poi a chi nella Lega si distingue decidere da che parti mettersi) e la destra sovranista, e nessuna forza di centro avrà forza sufficiente o potrà nascere ex novo. A tutto vantaggio dei grillini, cui nessun fallimento negli enti locali, neppure quello ormai conclamato in Campidoglio, potrà fermarne l’ascesa. Partiti avvisati…

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