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L'editoriale di TerzaRepubblica

Il pericolo populista

UN’ALLEANZA POPULISTA GRILLO-SALVINI-MELONI È UN PERICOLO PIÙ CHE REALE. GUAI A CHI LO FAVORISCE

03 febbraio 2017

Mentre, per fortuna, s’infittisce e cresce di autorevolezza la schiera di coloro che si rifiutano di pensare che la soluzione dei problemi nazionali stia nell’anticipare di un anno le elezioni politiche, qualcuno ha ragionato su quale potrebbe essere l’effetto della (infausta) decisione della Corte Costituzionale di non cassare il premio per chi raggiunge il 40% dei voti? Fermo restando che siamo contrari alla formula del premio in seggi, tanti o pochi che siano, perché le esigenze di semplificare il quadro politico e di agevolare la governabilità si possono soddisfare attraverso lo sbarramento, poniamo la domanda non perché ci preoccupi l’idea che il Pd o il centro-destra riescano a raggiungere la soglia che consente ad una minoranza di diventare maggioranza, per il semplice motivo che trattasi di ipotesi esclusivamente teoriche nonostante i proclami di Renzi (se ci crede veramente sarebbe da ricovero) e di Berlusconi (l’imbonitore perde il pelo ma non il vizio, ma sa benissimo che il centro-destra non esiste più e che se anche fosse non arriverebbe al 40%). No, ciò che ci allarma è che sia il fronte populista, aggregandosi, ad acchiappare il premio e installarsi alla guida (si fa per dire) del Paese. Fate un semplice calcolo: tutti i sondaggi attribuiscono ai 5stelle la possibilità di raggiungere il 30% dei voti, alla Lega il 13% e alla destra di Meloni-La Russa il 5%. In totale fa 48%, otto punti in più della fatidica soglia. Anche ammesso che mettersi insieme faccia perdere un po’ di consensi, il margine per stare sopra il 40% è abbastanza largo (16% fatto cento il 48%).

Si dirà: si tratta di vedere se la legge con cui si voterà manterrà il premio e la soglia del 40%, ma soprattutto se quel premio sarà assegnabile ad una lista o ad una coalizione di liste. Giusto. Ma quante probabilità ci sono che un Pd spaccato intorno alle forzature di Renzi riesca a trovare un accordo, prima di tutto al proprio interno e poi con altri, per andare oltre i due “mozziconi” di leggi elettorali rivenienti dagli interventi censori della Corte Costituzionale? Molto vicine allo zero. Seconda obiezione possibile: Grillo ha sempre predicato, e coerentemente praticato, l’indisponibilità più assoluta a qualsiasi alleanza. Vero. Ma quelli che hanno più cervello di lui (i business man della Casaleggio Associati) hanno capito che si tratta di un dogma da superare, se si vuole, come si vuole, conquistare Palazzo Chigi. E che le strade sono due. La prima, meno difficile ma dagli esiti più incerti, è andare al voto da soli, sperare di risultare il primo partito, avere di conseguenza l’incarico dal capo dello Stato (che non potrebbe negarglielo) e poi allearsi con chi gli porta i seggi mancanti a fare maggioranza. È evidente che la stessa cosa potrebbero fare tutti gli altri partiti – il fronte anti-populista, chiamiamolo così – e dunque l’esito della partita non sarebbe affatto scontato. La seconda strada, più impervia ma anche più conveniente, è quella che gli accordi si facciano prima del voto per puntare direttamente a prendere il premio di maggioranza. A quel punto, una volta rotto il tabù delle aggregazioni, coalizione di liste o lista unica poco importa.

Preveniamo un’ulteriore obiezione: perché i 5stelle dovrebbero allearsi proprio con Lega e Fratelli d’Italia, tanto varrebbe riprendere il filo della storia laddove si era spezzato, l’offerta di Bersani, e tentare un accordo con il Pd, tanto più se nel frattempo Renzi fosse in qualche modo disarcionato. Per carità, in politica tutto può essere, e dunque anche un incesto non va scartato dal novero delle possibilità. Ma francamente non ci crediamo. Mentre il trio Grillo-Salvini-Meloni non facciamo fatica a vederlo sulla scena unito. D’altra parte non è più un segreto – noi l’abbiamo scritto su Terza molti mesi fa – che alla Casaleggio lavorino intorno a questo scenario. Aveva iniziato il fondatore della società incontrando Salvini a più riprese, e sta continuando il figlio Davide, che lima un’agenda di governo il più compatibile possibile con i lepenismi del Carroccio. E Salvini ricambia dicendo “io scelgo sempre l’alternativa al Pd”. E che in questa fase politica, e dunque nella prossima tornata elettorale (anticipata o meno, poco importa), l’alternativa ai Dem non sia Berlusconi è lampante, e che non lo possa essere neppure un centro-destra unito, tanto più se a trazione leghista come lo vorrebbe Salvini, è altrettanto chiaro. Quindi, i “sovranisti” anti-Europa e anti-euro o fanno testimonianza o si alleano con Grillo. E che questa sia la tendenza lo ha detto anche un personaggio poco noto ma potente dei pentastellati, tale Max Bugani, uno dei tre gestori (con Casaleggio e David Borrelli) della piattaforma Rousseau, il sistema operativo online del movimento riservato esclusivamente agli iscritti, e da cui passa tutto, dalla scelta dei candidati alla raccolta fondi.

In fondo, se ci pensate, le parole d’ordine del trio Grillo-Salvini-Meloni non sono dissimili. Uguale l’avversione verso l’Unione Europea e la moneta unica (si pensi al referendum sull’euro, del tutto incostituzionale, di cui blaterano Grillo e accoliti), il tifo per la Brexit, la simpatia per Trump e Putin, il favore alla politica neo-protezionistica, il nazionalismo. Persino le pulsioni xenofobe contro gli immigrati proprie del duo Lega-FdI sono state sposate dal comico-politico. Per non parlare del linguaggio triviale carico di accenti contro la politica e le caste, vere o presunte che siano.

Insomma, il pericolo populista è davanti a noi, ed è delittuoso non vederne l’incombenza. O credere che il crescente sputtanamento, oltre che fallimento, della Raggi rappresenti la garanzia che alla fine i voti non li prenderanno, perché – purtroppo – non è così. Temiamo, infatti, che pur essendo immondo, lo spettacolo che offrono i grillini a Roma sia irrilevante ai fini dell’orientamento elettorale prossimo degli italiani, se gli altri partiti non sapranno – come finora è stato – riconquistare la loro fiducia. Fare una legge elettorale decente che cancelli il premio di maggioranza, accantonare il progetto del voto anticipato e mettersi a governare le tante emergenze con impegno e intelligenza, preparare un’alleanza tra riformisti e moderati come unica alternativa possibile al dilagare della protesta populista: ecco quello che occorre fare se si vuole evitare il peggio. Chi non si muoverà lungo questa strada sappia fin d’ora che non gli sarà risparmiata la responsabilità di omesso soccorso al Paese.

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