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  • 20191017 - Difendiamo l'interesse nazionale

Cyber defence e non solo

Difendiamo l'interesse nazionale

Intelligence, innovazione tecnologica ed aziende strategiche recitano un ruolo chiave

di Alessandro Strozzi - 17 ottobre 2019

Durante la visita in Italia di Mike Pompeo - segretario di stato americano - è stato arrestato il dirigente di Avio Spa Maurizio Bianchi, con l’accusa di “cospirazione per furto di segreti commerciali commesso negli Stati Uniti e in Italia dal 2013 al 2019”. Questo arresto si collega al precedente del 30 agosto ai danni di Alexander Korshunov - ex componente del servizio segreto estero russo SVR - per aver “cospirato e tentato di rubare segreti commerciali riguardanti progetti, procedure e disegni aeronautici” di proprietà della compagnia americana General electric aviation e della sua controllata italiana Avio Spa. Il mandato di cattura internazionale a fini di estradizione è stato sollecitato dall’FBI e dal dipartimento di giustizia americano. Questione di massimo rilievo quindi. In attesa che si faccia più chiarezza sul caso, non può non suscitare qualche riflessione la sempre maggior interconnessione che intreccia servizi segreti e aziende strategiche. Una gara internazionale che vede entrambi a caccia della stessa cosa: le informazioni/dati (progetti, segreti industriali, know how…), che attraverso le più recenti innovazioni tecnologiche, stanno diventando il più importante vettore propulsivo delle imprese strategiche di una nazione come l’Italia. Da qui sorge la necessità di instituire un organismo di natura pubblica che realizzi un trait d’union tra le imprese ed il mondo intelligence, guardiano deputato alla custodia dei dati più rilevanti. Questa liason sarà necessaria al nostro paese affinché possa attuarsi una maggior alfabetizzazione nei settori civile e commerciale sull’importanza del tema della sicurezza informativa; come tema che comprende tutti, dalla nazione intera sino al singolo individuo.

Ma andiamo per gradi. Possiamo affermare che le informazioni sono la rete neurale di un paese e di qualsiasi comunità. Bill Gates già negli anni ’90 affermava: “ho una certezza semplice, ma incrollabile: il successo di una persona o di un’impresa dipende da come si raccolgono analizzano e utilizzano le informazioni”. La citazione non è casuale, poiché dimostra come il settore IT sia diventato sovrano nella gestione dei dati. Per di più, nuove tecnologie come l’internet of things, i deep fake e l’affettive computing (profilazione delle emozione degli utenti), portano la sensibilità delleinformazioni ad un livello altissimo: ogni singolo individuo ne è coinvolto, sempre più inconsapevolmente.

Come la storia dimostra, ogni tecnologia che viene applicata in ambito civile, spesso, se non sempre, è di origine militare. Von Clausewitz diceva che la guerra non è se non la continuazione del lavoro politico, al quale si frammischiano altri mezzi. Se fosse testimone dei rivolgimenti contemporanei in ambito tecnologico, anche il più grande stratega prussiano si renderebbe conto che la semplice espressione “altri mezzi” non basterebbe più a descrivere la complessità che ha raggiunto il rapporto tra mondo civile e militare, tra hard warfare e cyber warfare, tra intelligence ed economia. Non esiste nemmeno più una chiara distinzione tra stato di guerra e stato di pace, ma solo situazioni di più o meno forte tensione. I romani si preparavano la guerra per ottenere la pace, ma oggi le dichiarazioni di guerra sono scomparse e viviamo in un limbo di tensione continua. Anche se il mondo digitale si basa sul binomio zero uno - almeno fino a quando non subentreranno i computer quantistici - la realtà in cui operano i servizi di sicurezza è sempre più sfumata. Siamo giunti al tempo della guerra ibrida, di quinta generazione, come l’ha teorizzata Valery Gerasimov, (l’attuale capo dello stato maggiore delle forze armate russe e vice ministro della difesa), basata sulla Maskirovka (inganno) e dichiarata ufficialmente dalla NATO come nuova tipologia di conflitto. Il soft power è sempre stato preferibile all’hard power ed oggi siamo giunti ad una totale fusione tra le due, detta smart power. Le nuove guerre stanno diventando, quindi, sempre più guerre cibernetiche, votate all’acquisizione di dati e l’attenzione dedicata al militare sposta sempre più il suo baricentro verso il settore commerciale e finanziario. Per questo motivi, anche i singoli cittadini-consumatori, sono i bersagli finali di queste cyber guerriglie di cui sono totalmente all’oscuro.

Meno male che l’Unione Europea è pioniera nella corsa ai ripari per la tutela della privacy dei singoli, grazie all’approvazione del GDPR (Genaral Data Protection Regulation). Sempre a livello comunitario occorre menzionare la Direttiva NIS (Network and information security), che ha previsto le azioni che gli stati membri devono porre in essere per sviluppare la sicurezza informatica. Al contrario, forme autoritarie di governo come quello russo e quello cinese rappresentano una minaccia diretta alle democrazie occidentali, minando alla base, attraverso l’utilizzo spregiudicato di tecnologie dell’informazione, le fondamenta dello stato di diritto. Cina, Corea del Nord e Iran, per esempio, si rifiutano di applicare un seppur minimo controllo delle attività digitali. Per queste ragioni la sicurezza è ormai un tema percepibile da tutti, da gestire attraverso la promozione di una cultura condivisa tra governo, cittadinanza e opinione pubblica, basata inevitabilmente sullo sviluppo di una fiducia crescente.

Davanti al complesso scenario dell’esplosione informativa, per tutelare la sicurezza, entrano in gioco inevitabilmente i servizi di sicurezza, ma con una visione innovativa rispetto al coinvolgimento di soggetti esterni a loro stessi. Ecco quindi che in Italia sarebbe auspicabile la formazione di un nuovo organismo di natura pubblica, istituito presso la Presidenza del Consiglio, che possa coinvolgere in maniera sistematica e periodica i seguenti soggetti: il DIS (Dipartimento dell’Informazione per la Sicurezza), nel suo ruolo di diaframma tra Primo Ministro e servizi di sicurezza; il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), organismo di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e le finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza; il CSIRT (Computer Security Incident Response Team) della Presidenza del Consiglio che previene gli incidenti informatici e agisce di conseguenza in caso si verifichino; le aziende di rilevazione strategica nazionale e gli OSE (Operatori di Servizi Essenziali), così come individuati in base a quanto previsto dal dpcm 108 2014 e dal dpr 85 2014, relativi all’individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale e nei settori dell’energia, trasporti e comunicazioni. Questo ipotetico organismo, che potrebbe chiamarsi Consiglio di sicurezza Nazionale Italiano, sarebbe presieduto da un dirigente di prima fascia o equiparato nominato dal presidente del Consiglio, sentiti i vertici di DIS, CISR e CSIRT. Questo Consiglio sarebbe la naturale evoluzione di quanto previsto dal Dpcm 6 agosto 2014 relativo alle modalità organizzative per lo sviluppo delle attività propedeutiche all’esercizio dei poteri speciali (Golden Power), e dal dl 105 2019, titolato “disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”. Il risultato finale sarebbe una maggior sinergia tra pubblico e privato, finalizzata ad una efficace tutela, in ambito economico strategico, delle informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale.

In conclusione sottolineiamo l’importanza di un concetto, quello della segretezza. Nel nostro paese esso diviene sempre più oggetto di accuse inaccettabili, quando dovrebbe essere considerato come un valore, uno dei fondamenti della tenuta di una democrazia. Se si vuole rendere l’Italia un paese consapevole del proprio ruolo nello scacchiere geopolitico globale, portatore di interessi nazionali sani e consapevoli, dobbiamo abbandonare la vulgata acriticamente politically correct che considera il mondo come un luogo in cui pace, diritti e sicurezza sono categorie acquisite: bisogna ricordarsi che si tratta di conquiste che devono essere protette quotidianamente, per evitare una miopia fatale nella proiezione futura di un paese. Il segreto non è una eccezione, ma una modalità stabile dell’esercizio del potere, diaframma necessario tra questioni troppo complesse per un’opinione pubblica desiderosa di una trasparenza esasperata e controproducente. Del resto già gli antichi romani avevano ben chiara, all’interno della loro amministrazione capillare, il concetto di Arcana Imperii (ripreso nell'opera di Tacito all’interno delle sue Historiae e negli Annales), quelle informazioni di massima rilevanza e riservatezza la cui gestione spetta sempre ad un “nucleo cesareo”, ovvero un élite di funzionari/burocrati/governanti che hanno le competenze e la responsabilità per farne buon uso; per l’interesse della comunità, che oggi si declina come interesse nazionale. Per quanto detto, nella gestione della complessità informativa e dematerializzata che permea il mondo contemporaneo, l’Italia deve assumere una rinnovata consapevolezza della necessità di un deep state informativo/economico, che possa prescindere da una politica sempre meno lungimirante e compentente, attraverso un utilizzo sistematico e fruttifero della massa convulsa delle informazioni digitali. L’utilizzo delle informazioni, per uno stato, non è finalizzato alla ricerca della verità, ma al raggiungimento dei propri obiettivi strategici. E questi ultimi, nei confronti alla verità, sono indifferenti. È giunta l’ora per il nostro paese, di confrontarsi con se stesso e determinare con chiarezza i suoi interessi nazionali.

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