La via della pelle cinese
Fan Quinling, presidente dello Hebei Barney Garment, racconta l'approccio con l'Italia
06 marzo 2019
Una linea ideale di pelo e cuoio che arriva fino in Cina. O meglio, fino al più grande distretto di produttori e commercianti di pelle e pellicce di tutto il Paese di Mezzo, nella città di Xinji. Per orientarsi, a poco più di un’ora da Pechino.
Alla fiera MiFur di Milano abbiamo incontrato Fan Quinling, presidente dello Hebei Barney Garment, un’eccellenza tra i 489 produttori del Distretto Industriale di Xinji che vanta una tradizione risalente alla dinastia Ming e che oggi è grande 187 ettari, impiega 60.000 lavoratori e vende all’estero per più di 280 milioni di dollari. Uno dei tanti, “piccoli” grandi casi di successo cinese, con cui è stato utile scambiare quattro parole. Perché lì, tra pellicce di ogni genere, commerciali, esclusive, nere, marroni, beige, colorate, alla moda, vintage, appariscenti ed eleganti Fan Quinling si muoveva come tra le mura di casa sua. Domestico. Di chi tra quei prodotti ci vive da anni. E che tra una perifrasi e una generalizzazione, alla fine ci ha raccontato la “sua” traiettoria commerciale. O meglio, quella del “suo” distretto, delle “sue” aziende e anche della “sua Cina”.
“Siamo in molti Paesi dell’Asia, come Giappone e Corea, ma anche Stati Uniti, Russia e ovviamente in Europa – ha spiegato il presidente – e abbiamo molti produttori, molti rappresentanti e guardiamo ad Est e a Ovest, senza tralasciare nulla”. E poi c’è l’Italia. “Quest’appuntamento è per noi uno dei più importanti a mondo e d’altronde si tiene a Milano, la città della moda per eccellenza, conosciuta in tutto il pianeta per i suoi standard e la sua tradizione, anche in tutta la Cina”. E insomma, tra recessione “tecnica”, guerra doganale, difficoltà organizzative, Pechino
non rinuncia al Belpaese. Una terra che è da sempre sia fonte di ispirazione, sia contemporaneamente mercato di approdo. Un luogo dove misurarsi sia a livello quantitativo sia, soprattutto, a livello qualitativo. A cui non si può rinunciare: “il governo ci supporta nel presentarci e nel presenziare a Milano e siamo presenti qui come lo siamo stati lo scorso anno” rivela Fan Quinling.
Insomma, l’Italia resta una meta irrinunciabile, anche per chi è produttore di pelli e pellicce da 400 anni, che indubbiamente ha una tradizione storica. Segno che ancora non siamo fuori dai giochi internazionali. E che la Cina ancora guarda noi. Non c’è solo il Milan, l’Inter, gli accordi con i porti italiani tra cui Venezia e Trieste in primis, nella strategia di lungo periodo “One Belt One Road” o gli accordi su tecnologia, ricerca, università turismo. C’è anche il mercato della pelle e delle pellicce. A cui la Cina del distretto di Xinji non rinuncia.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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