Il Pil frena anche al Nord
Un brutto segnale per l'economia arriva dal Rapporto della Banca d'Italia
di Enrico Cisnetto - 18 novembre 2018
Un vento gelido soffia nel Nord Italia, e rischia di travolgere tutto il Paese. L’economia italiana è in frenata non solo a livello complessivo, ma anche nelle regioni da sempre più dinamiche, dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto all’Emilia Romagna. Secondo il Rapporto su le “Economie Regionali” della Banca d’Italia, se nel 2017 la crescita economica ha interessato tutte le aree del Paese, nel 2018 si è prima arrestata nel Centro, poi nel Nordest, la locomotiva che prima di tutti, tra gennaio e marzo del 2013, aveva agganciato la ripresa, totalizzando alla fine una crescita cumulata del pil del 6,7%. Allora il Nordovest ripartì un trimestre dopo, sommando alla fine un +5,3%. Stessi tempi di reazione per il Centro, che però alla fine ha recuperato soltanto un misero +2,8%. Per ultimo, e solo a inizio 2015, era ripartito il Sud, con una crescita complessiva del 3,8%. Non a caso, rispetto al reddito pre crisi mondiale (2007), il Settentrione è indietro di “solo” quattro punti percentuali, mentre il Meridione ancora di nove. Ecco, di fronte alla stagnazione registrata dall’Istat nel terzo trimestre e alla previsione che gli ultimi tre mesi dell’anno possano registrare un arretramento, premessa di una recessione, è preoccupante vedere che, mentre Centro e Sud conservano il segno positivo, a fermarsi sia proprio la parte geografica da sempre più dinamica, che ha sempre anticipato, anche temporalmente, il trend del resto del Paese. Perché se la locomotiva deraglia, si porta dietro tutto il treno.
Per questo, con Veneto e Friuli a crescita zero, in particolare per la frenata dell’export, giovedì il ministro Tria ha dovuto registrare il lamento di Confindustria Padova, che accusa il governo di aver provocato una stagnazione che non trova riscontro altrove in Europa. E per il Piemonte è anche peggio: Bankitalia la considera la regione con la “dinamica più debole”, perché territorio anagraficamente vecchio e scarsamente qualificato. E poi c’è la Liguria che va a picco: dal 2007 il suo pil è calato del 12,5%, ancor di più di Sud e Isole (-10,7%) e quasi il doppio della media italiana (-6,8%). Quanto alla Lombardia, a preoccupare è la produzione industriale. In particolare a Brescia, terza provincia europea per specializzazione manifatturiera, dove il brusco rallentamento della metallurgia (-4,6%) e della meccanica (-4,4%) ha indotto il presidente degli industriali, Giuseppe Pasini, a lanciare un grido d’allarme.
Scendendo verso sud, non gira meglio in Emilia Romagna. Nel primo semestre gli indicatori economici sono aumentati a ritmi inferiori rispetto allo stesso periodo del 2017: la produzione industriale del 2,6% rispetto al 3%, le esportazioni del 5,6% rispetto al 6,7%. Il problema è che anche qui gli imprenditori sono pessimisti, visto che ad inizio anno il pil regionale per il 2018 era previsto all’1,7%, mentre adesso è sperabile che faccia l’1,2%. Così si mettono in conto minori investimenti, tanto che nel 2019 è previsto un ulteriore rallentamento.
In questi anni, attraversati da due recessioni micidiali, il Nord delle medie imprese innovative e delle multinazionali tascabili ha fatto crescere il nostro export, limitando i danni della crisi e tenendo in piedi l’intero Paese fino a quando è arrivato l’aggancio alla ripresa, che ha fatto sperare in una crescita più stabile e robusta. Ecco, se ora si ferma anche il Nord… (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
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