Un piano contro il declino
Il vero cambiamento sta nell'evitare le promesse irrealizzabili senza una visione strategica
di Enrico Cisnetto - 20 maggio 2018
Ci vorrebbe un'idea. Perché sia nel "contratto" di governo di 5stelle e lega, sia nei programmi delle opposizioni, ci sono molte cose, opinabili o meno, ma manca una strategia complessiva per provare un invertire la storia italiana, che è in un declino che dura da più di vent'anni e come si, l'ultimo Rapporto Istat sulla situazione socio-economica del Paese. Anche nel 2018, infatti, tutti gli indicatori sono negativi.
Prima di tutto, siamo il secondo Paese più vecchio al mondo (168,7 anziani ogni 100 giovani), in declino demografico per il terzo anno consecutivo e con le nascite che hanno toccato il nuovo minimo storico, a 464 mila, il 2% in meno dell’anno precedente. Tra l’altro, se non assistiamo ad una vera e propria desertificazione è grazie agli stranieri, che rappresentano il 21% dei nuovi nati. Questo perché secondo l’Istat stiamo attraversando un calo strutturale che dal 2008 ha visto una regressione del 19%, pari a 100.000 bambini in meno ogni anno. Insomma, oltre ad essere sempre più vecchi, diventiamo sempre di meno. E siamo anche sempre più soli. Una persona maggiorenne su cinque, infatti, non ha nessuno su cui contare e ben 3 milioni possono fare affidamento solo sulla cerchia stretta dei parenti. E, in ogni caso, le famiglie unipersonali (sempre che si possano chiamare famiglie), sono passate dal 21,5% del 1998 al 31,6% di oggi. Un trend ancor più preoccupante se si considera che l’Istat identifica nelle reti di parenti e amici il tessuto ultimo del welfare a cui fanno affidamento circa l’80% degli individui. Per avere un raffronto, il 27,7% degli italiani percepisce un forte sostegno sociale, mentre la media europea è del 34,1%.
Ecco, anche i dati positivi e congiunturali, vanno letti nel giusto contesto. Il pil a +1,5% nel 2017, dato migliore dal 2010, è sotto la media europea e i livelli pre-crisi ancora non sono stati pienamente recuperati per quanto riguarda il monte-ore lavorate (a quota 10,8 miliardi, ancora sotto gli 11,5 miliardi del 2007), la manifattura (che nel 2019 potrebbe tornare ai livelli di dieci anni fa grazie a export e investimenti) e l’occupazione (7 decimali ancora in meno). In più, nel frattempo sono cresciute le diseguaglianze, la povertà assoluta e gli indici di sofferenza sociale. Tanto che gli individui in povertà sono arrivati a 5,2 milioni di individui, l’8,3% della popolazione, in aumento rispetto al 7,9% del 2016 e al 4% del 2008. Una situazione ancor più grave se si guarda al Meridione, dove l’incidenza della povertà è del 6,9% (+6,3% sul 2016), dove il mercato del lavoro non recupera (a differenza di quanto avviene al Centro e al Nord) e dove più si avverte la fuga degli italiani all’estero.
Insomma, i dati Istat non sono nuovi, ma confermano che l’ascensore sociale è particolarmente lento se non bloccato, che esportiamo intelligenze (+31% di laureati emigrati nell’ultimo anno) e importiamo manodopera, che siamo più vecchi e soli, dove ci sono più poveri e più diseguaglianze, dove i salari sono aumentati in media di 72 euro in dieci anni, dove lavora solo una donna su due. Ecco, di fronte a questo certificato declino, per un vero cambiamento non solo occorre lasciar perdere le promesse irrealizzabili e bislacche, ma anche evitare misure che, per quanto giuste, manchino di una cornice strategica, di un progetto di Paese e di società. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.