La priorità dell'industria
La priorità del prossimo governo non potrà che essere l’industria.
di Enrico Cisnetto - 22 aprile 2018
Né reddito di cittadinanza, né flat tax. La priorità del prossimo governo, qualunque esso sia, non potrà che essere l’industria, quella 4.0, quella che cavalca la quarta rivoluzione industriale, che punta su innovazione, competenze dei lavoratori e competitività delle imprese. E che sta dando risultati incoraggianti.
In dettaglio, il “piano Calenda” è partito nel 2016, un anno dopo “Industrie du futur” in Francia e tre anni dopo “Industrie 4.0” in Germania, ma da allora gli investimenti sono aumentati dell’11%, pari a 80 miliardi. E sono raddoppiate anche le aziende che per crescere hanno deciso di puntare su ricerca e innovazione. Lo dice uno studio di Ambrosetti in cui si evidenzia che tra gli strumenti di Industria 4.0, due aziende su tre apprezzano super e iper-ammortamento, mentre il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo piace ad una su due. Ma non solo. Secondo l’European Patent Office, lo scorso anno in Italia le richieste di nuovi brevetti sono aumentate del 4,3%, a fronte di una media Ue del 2,6%. Cosa che ci piazza al decimo posto nel mondo. Forse, per effetto del boom di investimenti in innovazione del 2016, cresciuti del 27% rispetto all’anno prima, quando Industria 4.0 non c’era. Si tratta, secondo il Politecnico di Milano, di 1,7 miliardi di investimenti diretti, a cui aggiungere circa 300 milioni di indotto. Non poco. E se gli effetti sono questi nella fase iniziale, si calcola che cinque anni di questa politica industriale modificheranno il 17% dei prodotti e il 35% delle mansioni e delle competenze. Mentre i profitti aumenteranno del 40%.
Tuttavia, il problema (sempre lo stesso) è che solo il 3% delle imprese è digitalizzato e il 6% delle imprese ha già avviato progetti 4.0. E se anche il 53% si appresta a farlo, c’è un restante 40% che non ha fatto nulla. Lo ha ben spiegato Marco Bentivogli, il “sindacalista 4.0” a capo dei metalmeccanici della Cisl, a Roma InConTra: c’è una locomotiva di imprese innovative che esporta e viaggia veloce, ma gli altri vagoni non riescono a tenere il passo, e qualcuno deraglia pure. Tanto che abbiamo la quota di investimenti fissi lordi sul pil più bassa (17,5%) della media europea. E Bentivogli, purtroppo lasciato solo dai suoi colleghi, non ha dubbi: la digitalizzazione, e quindi Industria 4.0, è l’unica chiave che può aiutare la gran parte del tessuto produttivo ad agganciare il motore di testa. Con buona pace dei luddisti del nuovo millennio, che credono che la tecnologia distrugga i posti di lavoro, mentre invece li crea. Secondo l’Istat, per esempio, negli ultimi tre anni le imprese innovative hanno aumentato le posizioni lavorative del 3,5%, sopra la media nazionale e cinque volte di più delle “non tecnologiche”. E qui emerge il secondo nodo di Industria 4.0, che oltre tra le imprese deve diffondersi anche tra i lavoratori, viste le nostre (in)competenze digitali. Non solo abbiamo meno iscritti agli istituti tecnici che altrove, ma anche contratti collettivi che prevedono pochissime ore di formazione.
Ecco perché dobbiamo destinare molte risorse a Industria 4.0, sapendo che questo significa sostegno non solo alle imprese, ma anche alle competenze 4.0 e alla formazione 4.0. Magari arrivando alla conclusione che si devono azzerare gli incentivi agli investimenti ordinari per concentrare tutto su quelli innovativi. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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