Il ritorno della bancassurance
Crasi tra banche e assicurazioni? Un'ipotesi da considerare
di Enrico Cisnetto - 29 gennaio 2017
“Bancassurance” è quel termine francofono nato negli anni Ottanta per indicare la crasi tra compagnie assicurative e istituti di credito, caduto poi nel dimenticatoio a cavallo del secolo dopo alcuni tentativi falliti. Questi insuccessi hanno sedimentato nei mercati la convinzione che sia difficile creare valore da una fusione integrale tra i due settori. Ora se ne riparla a proposito del destino di Generali, e se è bene che l’esperienza insegni, non meno opportuno è considerare le profonde metamorfosi di scenario che sono intervenute negli ultimi tempi. Cambiamenti epocali su cui vale la pena fare alcune riflessioni senza farsi influenzare dalla cronaca.
In ambito finanziario, le politiche monetarie ultraespansive messe in atto dopo la grande crisi del 2008 hanno reso più difficile far fruttare il capitale, con i tassi prossimi allo zero che hanno influito negativamente soprattutto sulla redditività del credito concesso dalle banche, che infatti hanno cercato di diversificare l’offerta, aumentando i ricavi principalmente al di fuori della classica attività di intermediazione creditizia (come dimostrano, per esempio, i buoni risultati ottenuti da Banca Intesa nella vendita di polizze vita). Inoltre, il faticoso processo verso l’unione bancaria, sia per errori nostri sia per rigidità europee, ha creato nuovi stringenti vincoli nel rapporto tra capitale e impieghi per gli istituti, che ora incontrano più limiti nella gestione dei patrimoni e negli investimenti. La “banca via internet”, infine, ha reso eccessivo l’attuale numero di sportelli e filiali, così come quello dei dipendenti, rispetto alle reali necessità. E oggi le banche, pur in ritardo e con qualche passo falso sulla coscienza, stanno cercando di adeguarsi ai tempi. Ma, oltre a risolvere i problemi delle sofferenze e degli aumenti di capitale (alcuni necessari, altri forzati da regole stupide), devono (o dovrebbero) obbligatoriamente elaborare nuove prospettive imprenditoriali.
In passato si è parlato dei numerosi vantaggi della “bancassurance”: maggiore trasparenza, un unico interlocutore per il cliente, canali di vendita più economici e la possibilità di creare offerte profilate per aziende e professionisti. Ma il praticato non è stato all’altezza del progettato. Sicuramente, l’integrazione tra banche e assicurazioni non è buona o cattiva in assoluto, ma dipende da come viene costruita, come dimostrano il successo dell’esperienza francese e l’insuccesso di quelle di Belgio e Olanda.
Una cosa è certa: le assicurazioni, anche se penalizzate come le banche sul profilo della redditività del capitale, hanno mantenuto discreti risultati nel core business. Allora, se il numero di polizze del ramo danni vendute agli sportelli bancari italiani (il 5%) è tra i più bassi in assoluto, è evidente che ci sono delle potenzialità inespresse. Per integrarsi con le compagnie, le banche dovrebbero sicuramente rivedere alcuni modelli organizzativi, ma non per questo va pregiudizialmente esclusa ogni prospettiva. Perché, come si parla di industria e lavoro 4.0, bisogna al più presto parlare anche di banca 4.0. In Italia qualche esempio di integrazione e di partnership tra banche e assicurazioni, con la vendita di polizze allo sportello, già c’è, soprattutto nel mondo delle popolari. E sembra funzionare. Considerare l’ipotesi, please. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.