Banche, troppe regole in Europa
Banche, il sistema non è in crisi ma la Ue freni norme e regolette
di Enrico Cisnetto - 05 giugno 2016
Non credo che esista una crisi del sistema bancario italiano, come taluni affermano e come altri credono di aver letto (o intravisto) nelle parole del Governatore Visco all’assemblea di Bankitalia. Se anche fosse, comunque, essa sarebbe non causa ma conseguenza della lunga stagione recessiva che ci ha tagliato le gambe e della “deludente” ripresa di oggi. Certo, le banche nostrane hanno davanti a loro margini di miglioramento importanti, sia sul piano dell’efficienza (più tecnologie, meno sportelli) che della capacità di “leggere” i bisogni del sistema industriale, approcciandoli in modo meno burocratico. Ma se oggi sono nel mirino è per il combinato disposto dei problemi del passato (i crediti in sofferenza) con le pretese, tanto cervellotiche quanto produttrici di danni, delle diverse autorità europee, che vorrebbero fosse sistemato il pregresso con un colpo di bacchetta magica e nello stesso tempo continuano ad alzare l’asticella dei livelli di risanamento. Ed è su questo meccanismo perverso del “più risani e più devi risanare” che occorre concentrare l’attenzione, senza farsi coinvolgere nel facile gioco (al massacro) del “dagli al banchiere” cui indulge la cattiva politica e la cattiva stampa per racimolare qualche briciola di consenso e di attenzione in più.
E qui va detta una cosa fuori dai denti pur sapendo di correre il rischio di essere arruolati (impropriamente) tra i “no euro”: è successo che per un (tragico) riflesso compensativo, alla poca Europa federativa si è contrapposto un eccesso di unità europea bancaria, creando così una distonia intollerabile. Infatti, se si fa la somma tra le militaresche ingerenze della Vigilanza Bce, le rigide pretese di regolazione assoluta del Financial Stability Board, gli indirizzi dell’Autorità europea di risoluzione, il rigorismo un po’ ottuso dell’Eba (quella che ordina continui stress test imponendo regole assurde di contabilizzazione di diverse poste) e l’applicazione delle direttive Ue da parte della Commissione europea, come quella che introduce il regime del bail-in, non si può che arrivare alla conclusione di aver consentito la nascita di un mostruoso Frankestein che, in nome della deresponsabilizzazione dei regolatori, fa strame del diritto e del buonsenso pretendendo che le banche si dotino di quote sempre più massicce di capitale nella pretesa che esse raggiungano coefficienti patrimoniali tali da azzerarne i rischi operativi.
Prima che sia troppo tardi, è ora che gli avveduti reagiscano e mettano un freno a questo coacervo di norme, prescrizioni, regole e regolette. Nei giorni scorsi, Italia e Francia (governi e banche centrali) di fronte all’incombere minaccioso di azioni unilaterali della Vigilanza sui crediti deteriorati (quelle iniziative che basta evocare per far crollare le Borse, come è successo a più riprese) e alla reiterata pretesa delle sentinelle della stabilità finanziaria che le banche cosiddette sistemiche accrescano ulteriormente il patrimonio eccedente (quello che dovrebbe servire ad evitare che eventuali crac provochino effetti globali), hanno fatto asse e preso posizione. Bene. Ma non basta. Occorre che una volta per tutte l’Europa che vorrebbe essere federale e non lo è, discuta di come deve essere integrato il suo sistema bancario. Stabilendo il principio che per evitare crisi future non si possono creare crisi presenti. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
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