Miglioriamo la riforma Fornero
Pensioni, la riforma Fornero è valida, serve solo maggiore flessibilità in uscita
di Enrico Cisnetto - 03 aprile 2016
Come tutte le cose, anche la riforma Fornero è perfettibile, ma è stato ciò che ha salvato l’Italia dal fallimento. Piuttosto che essere demonizzata, la radicalità di scelte tanto dolorose quanto necessarie, dovrebbe essere il modello per intervenire anche su pubblica amministrazione, giustizia, fisco e tanto altro. Invece, Fornero diventa oggetto di critiche che, perdenti nel merito, degradano in metodi squadristi di attacco alla persona. La manifestazione di Salvini sotto casa dell’ex ministra del governo Monti ha i contorni della crociata populistica compiuta da una politica che, sobillando odio ad personam invece che proporre ricette alternative, ripete pericolosi schemi del passato. Ha ragione da vendere Giuliano Cazzola quando ricorda che personalizzare le battaglie politiche, elevando il singolo a “colpevole”, era la cornice in cui hanno agito i brigatisti. Per esempio quelli che ci hanno portato via Marco Biagi.
Purtroppo, la professoressa non è bersaglio da oggi. Come dimenticare la maglietta “Fornero al cimitero” o le lettere minatorie alla famiglia. Eppure, nel 2011 quella legge è stata avallata a larghissima maggioranza dalla politica (solo la Lega fu contro, che in questo ha una sua coerenza), con i sindacati che scioperarono solo due ore perché non esisteva alternativa. Allora, è inutile fare demagogia oggi, come quella che, seppur con toni fortunatamente meno esasperati, faceva da sfondo alle ultime manifestazioni sindacali. Certo, è stata dura passare dal retributivo al contributivo, ma nel lungo periodo è anche più equo: ricevo in base a quanto ho versato e non in base ad assiomi.
Inoltre, sarebbe ora di finirla con la banalizzazione mediatica. Se anche la riforma ha alzato l’età pensionabile, i dati pubblicati dall’Inps dicono che nel 2015 l’età media di accesso alle pensioni di anzianità è stata di 60,6 anni, mentre era 59,1 nel 2010. Una differenza non certo paragonabile alla progressione delle attese di vita. Come non è corretto affermare che il 64% degli assegni sia inferiore a 750 euro al mese, perché ci sono più pensioni (23 milioni di prestazioni) che pensionati (16,3 milioni). Quindi qualcuno riceve più di un trattamento, e sommando si arriva alla media di 1400 euro. Allo stesso modo, non si può definire “esodato” ogni over 55 senza lavoro. Con le 26.300 persone inserite nell’ultima legge di Stabilità, si arriva ad un totale di 196.530 persone tutelate in 5 anni, al costo di 11,4 miliardi, cioè il 13% degli 88 miliardi di risparmi attesi fino al 2021. Già adesso, come scrive l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, gli obiettivi di queste misure sono cambiati, mettendo “al riparo platee più ampie e non danneggiate dalla riforma”. Per avere un contraltare, poi, basterebbe vedere dove non è intervenuta la riforma: in 10 anni le pensioni di invalidità sono raddoppiate, con il 44% dei 3 milioni totali concentrata al Sud, dove c’è un assegno ogni 15,6 abitanti, contro uno ogni 23,5 nel resto del Paese. Se il Mezzogiorno fosse in linea con il centro-nord, ci sarebbero 445 mila pensioni in meno, circa un terzo del totale.
Ecco, piuttosto che la damnatio memoriae, alla riforma Fornero servirebbero miglioramenti, come la flessibilità in uscita o forme speciali per i lavori usuranti. Ma, resta una buona riforma, l’unica coraggiosa dei governi degli ultimi anni. Con buona pace di Salvini e dei sindacati. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
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