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  • 20160228 - Renzinomics senza fiducia

Aumentano i risparmi nei conti correnti

Renzinomics senza fiducia

Frena la fiducia degli italiani. Per fare il salto di qualità servono gli investimenti

di Enrico Cisnetto - 28 febbraio 2016

Le percezioni condizionano pesantemente l’economia perché ogni attore agisce in base alle attese che ha sul futuro. Se queste sono positive, si investono soldi ed energie credendo che domani sarà meglio di oggi, e così si alimenta il ciclo economico. Se invece le attese volgono al pessimismo, prevale la cautela e l’effetto è un generale rallentamento. “It’s all matter how you see yourself”, dicono gli anglosassoni. Dipende tutto da come vedi te stesso e, purtroppo, l’Italia, nel passaggio tra l’ultimo trimestre del 2015 e il primo del 2016, sembra aver perso la fiducia di potersi riprendere. L’aumento dei consumi dello 0,7%, l’anno scorso, è solo un rimbalzo che non deve ingannare, perché arriva dopo 4 anni di cali consecutivi e, oltretutto, con prezzi stabili o in lieve diminuzione. Inoltre, il trend si è invertito a fine anno, con i consumi che a dicembre sono scesi dello 0,1% rispetto a novembre e dello 0,2% nell’ultimo trimestre su quello precedente. Questi dati, tra l’altro, rispecchiano anche il progressivo rallentamento dell’economia certificato per il 2015: complice una favorevole congiuntura internazionale di euro, petrolio e tassi bassi, siamo partiti con +0,4% nel primo trimestre, decrescendo poi progressivamente allo 0,3% nel secondo trimestre, 0,2% del terzo e al misero 0,1% dell’ultimo. E per quest’anno non andrà meglio, come dimostra il taglio delle stime, da 1,5 all’1%, da parte dell’Ocse.

Due anni fa, l’arrivo di Renzi aveva restituito in buona parte degli italiani una rinnovata speranza nel futuro. Oggi sembra svanita, nonostante i molteplici tentativi del premier di alimentare l’idea che il Paese stia ripartendo. Non lo dimostra solo l’indice Istat che misura la fiducia dei consumatori, sceso a febbraio di oltre 4 punti su gennaio (arrivato a 114,5) di soli 3,5 punti superiore rispetto a 12 mesi. Ma la sfiducia, se non proprio la paura del futuro, è testimoniata dai 70 miliardi di euro di risparmi accumulati in più dagli italiani nel 2015 su conti correnti, con i depositi passati da 1.510 miliardi del 2014 ai 1.581 miliardi del 2015, per un aumento dell’8% (Unimpresa). Insomma, si mette fieno in cascina per periodi che, appunto, si prevedono di magra. Così, in questo contesto di incertezza, a poco servono gli 80 euro in più al mese o il taglio delle tasse sulla casa, perché il sostegno drogato alla domanda attraverso la spesa pubblica in deficit è percepito come posticcio e viene usato solo per cautelarsi per il futuro.

D’altra parte, quando Bruxelles (anche per conto di Berlino e in qualche misura di Francoforte) rampogna sulla Renzinomics, può risultare sgradevole ma ha ragione nel dire che l’Italia è ancora un pessimo luogo dove fare impresa. Nonostante il Jobs Act – che, comunque, secondo Bankitalia, ha influito sulla crescita delle assunzioni solo per l’1%, mentre il resto è dovuto agli incentivi, che però sono temporanei – non si fanno investimenti, cosa che accentua la nostra strutturale debolezza. Bloccato da bassa produttività e competitività e da una produzione che non riparte, il Paese si ritrova così a dover di nuovo fare i conti con il giudizio che le cancellerie e i mercati danno sulla solvibilità del debito. Specie ora che a livello internazionale aumentano le incertezze. Le quali, a loro volta, nel migliore dei casi riducono la fiducia e nel peggiore alimentano la sfiducia. Un gatto che si morde la coda che dobbiamo al più presto fermare. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.