Il pesce puzza dalla testa!
La politica può scaricare sulla burocrazia il malfunzionamento dell’apparato statale?
di Riccardo Cappello - 17 novembre 2015
Con quale autorevolezza una politica che ha occupato lo Stato collocando nei punti nevralgici dell’amministrazione portatori di decisioni assunte dalle segreterie dei partiti può scaricare sulla burocrazia le responsabilità del mancato funzionamento dell’apparato statale? Parlamentari che brillano per assenteismo e che votano al posto dei colleghi assenti (i cd.“pianisti”) si permettono di censurare il dipendente che chiede al collega di timbrare il cartellino al posto suo.
È evidente che il vertice, per controllare il sistema debba circondarsi di complici creando una catena di connivenze. La quale, per funzionare, ha bisogno che tutti gli anelli siano in linea con le sue direttive. Così, i fedeli servitori delle istituzioni ed i più capaci vengono “dimessi” o spostati ad altro incarico perché, non adeguandosi, intralciano la catena. Infatti, se il Ministro vuol trarre vantaggi dal suo ruolo ha bisogno dei dipendenti i quali si sentono autorizzati a fare altrettanto e così anche l’usciere pretende la “mancia” per aprire la porta. In questa giungla non esiste alcun controllo per cui ognuno esercita in modo spregiudicato il loro potere di interdizione.
Questo è avvenuto perché nel pubblico impiego, le assunzioni ed i conferimenti degli incarichi dirigenziali sono espressione di scelte di carattere fiduciario” per cui gli elementi dell’amministrazione, non sono autonomi ed indipendenti dalla politica ma ricoprono funzioni pubbliche nell’interesse privato e sono responsabili non verso lo Stato ma nei confronti di chi ne ha favorito l’assunzione e può determinarne la carriera. I partiti, scegliendo discrezionalmente perfino i gradini più bassi degli apparati burocratici ne hanno distrutto l’imparzialità prevista dall’art. 97 della Costituzione. Il quale, per garantirla, aveva previsto che vi si potesse accedere solo per concorso. Invece, l’appartenenza prevale sulla competenza ed è stato cancellato ogni criterio oggettivo di selezione. C’è, quindi, una simbiosi tra classe politica e classe dirigente tanto perfetta da rendere difficile la distinzione tra vittima e carnefice.
In un simile contesto la spesa pubblica e le complicazioni sono inattaccabili perché costituiscono la base del consenso. Ma ora che la tecnologia ha fatto saltare tutti i vecchi schemi i politici cercano di “smarcarsi” mentre spesso è sufficiente scorrere i nomi dei dirigenti e dei pubblici amministratori per comprenderne l’assunzione e la rapida carriera. Poiché non siamo un popolo di eroi, come qualcuno andava sostenendo, ognuno tiene famiglia, si adegua all’andazzo e finge di non capire anche perché, spesso la sua carriera e la sua retribuzione dipendono dal non capire. E se il favorire la fuga dei cervelli facesse parte di un’astuta strategia per spianare ai peggiori la strada verso il successo ?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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