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Banche e ripresa

Fate la bad bank

Dalle banche all'economia, ecco come rimettere in moto il sistema

di Enrico Cisnetto - 10 maggio 2015

Anche dopo l’ultimo dato sulla produzione industriale – positivo, ma insufficiente – è sempre più evidente che alla balbettante ripresa italiana occorra una spinta di natura straordinaria. Non avendo la bacchetta magica, dovendo scegliere per mancanza di risorse, e partendo dal presupposto che l’85% dei finanziamenti all’economia è di origine bancaria, credo che la creazione di una bad bank dove far confluire il più possibile dei 190 miliardi di crediti inesigibili che il sistema bancario vanta nei confronti di quello industriale sarebbe il carburante giusto.

Il ministro Padoan ci sta lavorando con Bankitalia e Ue perché, dice, “finirà la crisi quando sarà risolto il problema delle sofferenze”. Ma se ne discute senza esito da oltre un anno, ed invece è proprio questo il momento, con il QE della Bce in corso, di trasformare la liquidità ormai abbondante in nuovo credito per lo sviluppo. La creazione di un veicolo a cui le banche potrebbero vendere le posizioni dei debitori in difficoltà avrebbe infatti il benefico effetto di indurre le banche cedenti a (ri)prestare denaro alle imprese con maggiore facilità, fluidificando il trasferimento dei finanziamenti della Bce all’economia reale. Inoltre, i prestiti incagliati sarebbero rimossi dai bilanci degli istituti, riducendo il costo del rischio e il capitale assorbito, mentre, grazie a maggiore coordinamento e specializzazione, la bad bank avrebbe più facilità a riscuotere i crediti. Senza contare che bilanci più solidi e maggiori profitti attesi attirerebbero nuovi investitori.

Insomma, s’innescherebbe un ciclo virtuoso. Certo bisognerebbe non avere la stupida paura, che invece temo sia diffusa, di apparire al cospetto dell’opinione pubblica come quelli che fanno “un regalo alle banche”. Tra l’altro, Basilea 3 e vigilanza europea unica hanno penalizzato gli istituti italiani molto più degli altri, e il divieto comunitario agli aiuti di Stato (l’ostacolo maggiore alla bad bank, per Padoan) deve essere superato in sede politica proprio come riparazione dei torti fin qui fatti all’Italia (anche e soprattutto per colpa nostra, sia chiaro). Dal 2009 l’Irlanda ha rilevato 70 miliardi di crediti incagliati e oggi il sistema è quasi in pareggio e non sarà un caso che il suo pil nel 2015 farà +4% dopo aver sfiorato il +5% l’anno scorso. La Spagna nel 2012 ha creato una società di asset management (Sareb), al 52% privata e al 48% pubblica, cui è stato affidato il compito di gestire le insolvenze per 15 anni, cedute dalle banche a circa il 40% del valore nominale del credito, in cambio di titoli garantiti dallo Stato e accettati come collaterale dalla Bce. L’operazione, pari a quasi 60 miliardi, è perfettamente riuscita e sta riducendo l’entità delle sofferenze, contribuendo ad una crescita del pil che dovrebbe essere del 2,9%. La stessa Germania ha salvato la Ikb, nazionalizzato Commerzbank e creato un fondo di sostegno al sistema da 400 miliardi di garanzie e 80 per le ricapitalizzazioni. Secondo l’Fmi, in Europa ci sono garanzie pubbliche sul debito bancario pari a 1300 miliardi di euro, mentre per aiutare le banche Berlino ha speso il 12,5% del pil, l’Aia il 17,7%, Vienna l’11,7%, Madrid il 7,7%. Sapete quanto, Roma? Un miserrimo 0,2%.

Dunque, non dobbiamo inventarci nulla, basta semplicemente adeguarci agli standard europei. Senza ipocrisie, né paure davanti alle inevitabili semplificazioni populistiche. (twitter @ecisnetto)

 

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.