Il nuovo film di Oliver Stone
Wall Street? Scontato
Abbiamo visto per voi l'ultimo capitolo della saga di Gordon Gekkodi Marco Scotti - 25 ottobre 2010
“Voi siete la generazione dei tre niente: niente lavoro, niente reddito, niente risorse”. Così Michael Douglas, alias il cattivissimo Gordon Gekko, sancisce il suo ritorno sugli schermi, parlando ad una platea di giovanissimi newyorkesi. E vogliamo partire proprio da qui per la nostra recensione su un film che, lo diciamo subito, ci ha lasciati decisamente perplessi.
La crisi dunque, il tracollo delle banche, ma anche l’etica, il “rischio morale”, i titoli tossici, i derivati e chi più ne ha più ne metta. Sembra che Oliver Stone si diverta a lanciare nel calderone tutto quello che ha creato gli sconquassi recenti della finanza mondiale. Ma eccede, colpevolmente, sostenendo regie da grande fratello nella recessione globale: era tutto deciso, tutto preordinato, e tutto realizzato da una regia neanche troppo occulta. È ancora Gekko che ci sorregge, con una frase dolorosamente vera: “l’ingordigia ci ha ridotti come siamo”: è quella che spinge il macellaio sotto casa “ad avere due case e a rinegoziare un mutuo sulla terza. O è quella che fa in modo che i vostri genitori chiedano in prestito, per una casa che ne vale 200.000, 250.000 $, spendendo quei 50.000 in più al centro commerciale”. Ecco, è proprio qui che però finisce la nostra approvazione per il sequel del primo e indimenticato (ahimè) Wall Street.
Perché se Stone si era prefisso di fare un film sulla crisi ha, a nostro giudizio, sintetizzato troppo, reso quasi ridicole certe situazioni, come ad esempio il fallimento di Lehmann Borthers. Se invece Stone voleva prendere a pretesto la bolla per raccontare una storia d’amore e di soldi, la storia di un ritorno alla vita dopo otto anni di galera o qualsiasi altra cosa, ha orchestrato una trama deboluccia e scontatissima. Se, infine, Stone ha deciso che il tema del suo film doveva essere l’avidità, la cupidigia e l’offuscamento determinato dai soldi, ecco, anche in questo caso ha fallito. Perché è vero che la colpa della crisi è dei mutui subprime, dei titoli tossici, delle scommesse sui CDS e sui derivati. Ma quello che forse non viene analizzato a fondo, se non tramite il discorso di Gekko sopra citato, è che la colpa della crisi è delle banche nella misura in cui hanno concesso mutui a tutti, agli ottantenni come ai disoccupati, utilizzando come unica garanzia la casa stessa “perché tanto il prezzo delle case cresce sempre”.
Un ultimo lamento, infine, mi si permetta di levarlo proprio alla figura di Gordon Gekko. Nel primo episodio era un uomo d’affari senza scrupoli, tradito dalla sua stessa cupidigia tanto da finire dietro le sbarre alla fine del film. Nel secondo è invece un uomo di mezza età che aspetta l’occasione che puntualmente gli verrà data per ricominciare i suoi affari. Ma con due differenze: investe su chi ha perso, facendo incetta di titoli di aziende sull’orlo del baratro e ha ritrovato un briciolo di cuore che gli deriva dal nipote in arrivo. In sostanza, una figura a metà, un uomo che potremmo definire travagliato, ma che in realtà sembra essere incompiuto. E questo è un peccato esiziale, rendere personaggi efficaci delle maschere, quasi delle macchiette. Se fossimo nei panni di Paolo Mereghetti e dovessimo redigere il suo famoso dizionario, non ci spingeremmo oltre la stella e mezzo. Con un giudizio: scontato.
La crisi dunque, il tracollo delle banche, ma anche l’etica, il “rischio morale”, i titoli tossici, i derivati e chi più ne ha più ne metta. Sembra che Oliver Stone si diverta a lanciare nel calderone tutto quello che ha creato gli sconquassi recenti della finanza mondiale. Ma eccede, colpevolmente, sostenendo regie da grande fratello nella recessione globale: era tutto deciso, tutto preordinato, e tutto realizzato da una regia neanche troppo occulta. È ancora Gekko che ci sorregge, con una frase dolorosamente vera: “l’ingordigia ci ha ridotti come siamo”: è quella che spinge il macellaio sotto casa “ad avere due case e a rinegoziare un mutuo sulla terza. O è quella che fa in modo che i vostri genitori chiedano in prestito, per una casa che ne vale 200.000, 250.000 $, spendendo quei 50.000 in più al centro commerciale”. Ecco, è proprio qui che però finisce la nostra approvazione per il sequel del primo e indimenticato (ahimè) Wall Street.
Perché se Stone si era prefisso di fare un film sulla crisi ha, a nostro giudizio, sintetizzato troppo, reso quasi ridicole certe situazioni, come ad esempio il fallimento di Lehmann Borthers. Se invece Stone voleva prendere a pretesto la bolla per raccontare una storia d’amore e di soldi, la storia di un ritorno alla vita dopo otto anni di galera o qualsiasi altra cosa, ha orchestrato una trama deboluccia e scontatissima. Se, infine, Stone ha deciso che il tema del suo film doveva essere l’avidità, la cupidigia e l’offuscamento determinato dai soldi, ecco, anche in questo caso ha fallito. Perché è vero che la colpa della crisi è dei mutui subprime, dei titoli tossici, delle scommesse sui CDS e sui derivati. Ma quello che forse non viene analizzato a fondo, se non tramite il discorso di Gekko sopra citato, è che la colpa della crisi è delle banche nella misura in cui hanno concesso mutui a tutti, agli ottantenni come ai disoccupati, utilizzando come unica garanzia la casa stessa “perché tanto il prezzo delle case cresce sempre”.
Un ultimo lamento, infine, mi si permetta di levarlo proprio alla figura di Gordon Gekko. Nel primo episodio era un uomo d’affari senza scrupoli, tradito dalla sua stessa cupidigia tanto da finire dietro le sbarre alla fine del film. Nel secondo è invece un uomo di mezza età che aspetta l’occasione che puntualmente gli verrà data per ricominciare i suoi affari. Ma con due differenze: investe su chi ha perso, facendo incetta di titoli di aziende sull’orlo del baratro e ha ritrovato un briciolo di cuore che gli deriva dal nipote in arrivo. In sostanza, una figura a metà, un uomo che potremmo definire travagliato, ma che in realtà sembra essere incompiuto. E questo è un peccato esiziale, rendere personaggi efficaci delle maschere, quasi delle macchiette. Se fossimo nei panni di Paolo Mereghetti e dovessimo redigere il suo famoso dizionario, non ci spingeremmo oltre la stella e mezzo. Con un giudizio: scontato.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.