Imperialismo tedesco
Vince ancora l'austerity della Merkel
C'è poco da esultare, resta il dominio della Germania, che continua a fare shopping di aziende nei paesi in agoniadi Davide Giacalone - 04 luglio 2013
C’è un problema tedesco. Ignorarlo è pericoloso. Non esiste Unione europea senza la Francia, senza l’Italia o senza la Germania. Ma neanche esiste se uno di questi paesi pensa di dominarla. Il che, oggi, è possibile solo per la Germania. Chi si vuol dare arie di conoscitore delle vicende continentali ripete che il vento potrà cambiare solo dopo le elezioni tedesche, dando per assodato che in quelle non si entra, essendo faccenda interna, e che saranno decise mentendo ai tedeschi, circa il futuro d’Europa. E’ convinzione diffusa, ma errata. Si deve parlarne prima, anche intervenendo nel loro dibattito politico. I progetti espansionistici che la signora Merkel ha in mente, anche mediante l’uso della KfW, non sono tema germano-tedesco, ma europeo.
Per capire non ci sono ostacoli tecnici: la KfW (Kreditanstalt für Wiederaufbau) è una banca pubblica, nata per amministrare i fondi del piano Marshall, dopo la seconda guerra mondiale (quindi anche per “combattere” la guerra fredda) ed era una via di mezzo fra la nostra Cassa depositi e prestiti e il nostro Iri (Istituto ricostruzione industriale, come quello era credito per la ricostruzione). Oggi ha aggiunto Bankengruppe, a indicare la sua non contingente vocazione. Una banca interamente pubblica (80% Stato federale e 20% Länder, gli stati regionali), che, però, non rientra nel perimetro del bilancio pubblico. E questo è un artificio contabile, che dovrebbe valere per tutti o per nessuno. Dice la signora Merkel: visto che ci sono paesi in difficoltà, come Spagna, Portogallo e Grecia, stiamo lavorando per intervenire con la KfW. Sembra bontà, in realtà è imperialismo continentale.
Succede, infatti, che restando fuori dal bilancio pubblico la KfW nasconde le proprie perdite e mimetizza gli aiuti di Stato alle imprese tedesche (si veda, ad esempio, il settore dell’ambiente). Cooperando con le Landesbank, possedute da quei Länder che controllano il 20% di KfW, organizzano finanziamenti fuori mercato, destinati a consentire ai soggetti economici tedeschi di battere la concorrenza altrui (come è avvenuto anche ai danni del tessile italiano). La forza di queste istituzioni bancarie consisteva nell’avere alle spalle lo Stato, oggi consiste anche nel procurarsi denaro, sui mercati internazionali, a tasso negativo. Gratis. Il loro progetto è prendere quel denaro e investirlo acquistando ricchezza esistente o prodotta da altri paesi europei, i quali sono costretti a vendere o accettare aiuti, proprio perché il mercato della liquidità pratica loro tassi troppo alti. Ma quei tassi sono alti a causa del modo in cui funziona l’euro. Detto in parole povere: i tedeschi indeboliscono gli altri europei tenendo ferma la politica monetaria e poi li aiutano entrando nella loro economia, quindi spostando ricchezza verso il loro sistema. Messa così non salta solo l’euro, salta tutta l’Unione.
E’ necessario ripeterlo ancora, perché in materia gli equivoci si sprecano: i tedeschi hanno il merito di avere fatto riforme strutturali, anche nel mercato del lavoro, che gli altri non hanno fatto. Ma ora usano la loro forza per creare un impero della slealtà. E visto che ieri discutevano di disoccupazione è bene ricordare quanto annunciato dalla Merkel: faremo politiche per attirare manodopera specializzata in Germania, naturalmente privilegiando i nostri cittadini. Sembra l’ovvio delle leggi di mercato, e degli interessi nazionali, ma è la via che porta ad un’Europa germanocentrica. Con il centro che si arricchisce ai danni della periferia. Il tutto mentre si contesta l’operato della Banca centrale europea, non escludendo che giudici tedeschi la condannino a recedere. Tradotto: meno Europa per più Germania.
Non solo: Enrico Letta esulta perché la Commissione europea consentirà maggiori margini alla spesa di chi ha praticato la lesina. Ma (posto che i particolari sono decisivi e sono rinviati) se lo sfondo non cambia questo porta a squilibri di bilancio che a loro volta costeranno in termini di remunerazione del debito, vale a dire che la posizione della Germania si rafforza sempre di più. Posto che noi siamo dei pazzi a non abbattere il debito con dismissioni e a non tagliare e riqualificare la spesa pubblica, è da doppiamente matti non accorgersi di dove portano quelle premesse. Qui esultano tutti. Il Pdl canta vittoria. Il Pd socialità. Il trionfo della superficialità.
Il guaio, serio, è che la signora Merkel è una statista con in mente il sogno della grande Germania, mentre gli altri sono governanti con in mente la voglia di sopravvivere alle loro idee morte e alla loro incapacità riformatrice. Avessero spina dorsale interverrebbero nella campagna elettorale, per avvertire i fratelli tedeschi di cosa sta preparando il loro governo.
Per capire non ci sono ostacoli tecnici: la KfW (Kreditanstalt für Wiederaufbau) è una banca pubblica, nata per amministrare i fondi del piano Marshall, dopo la seconda guerra mondiale (quindi anche per “combattere” la guerra fredda) ed era una via di mezzo fra la nostra Cassa depositi e prestiti e il nostro Iri (Istituto ricostruzione industriale, come quello era credito per la ricostruzione). Oggi ha aggiunto Bankengruppe, a indicare la sua non contingente vocazione. Una banca interamente pubblica (80% Stato federale e 20% Länder, gli stati regionali), che, però, non rientra nel perimetro del bilancio pubblico. E questo è un artificio contabile, che dovrebbe valere per tutti o per nessuno. Dice la signora Merkel: visto che ci sono paesi in difficoltà, come Spagna, Portogallo e Grecia, stiamo lavorando per intervenire con la KfW. Sembra bontà, in realtà è imperialismo continentale.
Succede, infatti, che restando fuori dal bilancio pubblico la KfW nasconde le proprie perdite e mimetizza gli aiuti di Stato alle imprese tedesche (si veda, ad esempio, il settore dell’ambiente). Cooperando con le Landesbank, possedute da quei Länder che controllano il 20% di KfW, organizzano finanziamenti fuori mercato, destinati a consentire ai soggetti economici tedeschi di battere la concorrenza altrui (come è avvenuto anche ai danni del tessile italiano). La forza di queste istituzioni bancarie consisteva nell’avere alle spalle lo Stato, oggi consiste anche nel procurarsi denaro, sui mercati internazionali, a tasso negativo. Gratis. Il loro progetto è prendere quel denaro e investirlo acquistando ricchezza esistente o prodotta da altri paesi europei, i quali sono costretti a vendere o accettare aiuti, proprio perché il mercato della liquidità pratica loro tassi troppo alti. Ma quei tassi sono alti a causa del modo in cui funziona l’euro. Detto in parole povere: i tedeschi indeboliscono gli altri europei tenendo ferma la politica monetaria e poi li aiutano entrando nella loro economia, quindi spostando ricchezza verso il loro sistema. Messa così non salta solo l’euro, salta tutta l’Unione.
E’ necessario ripeterlo ancora, perché in materia gli equivoci si sprecano: i tedeschi hanno il merito di avere fatto riforme strutturali, anche nel mercato del lavoro, che gli altri non hanno fatto. Ma ora usano la loro forza per creare un impero della slealtà. E visto che ieri discutevano di disoccupazione è bene ricordare quanto annunciato dalla Merkel: faremo politiche per attirare manodopera specializzata in Germania, naturalmente privilegiando i nostri cittadini. Sembra l’ovvio delle leggi di mercato, e degli interessi nazionali, ma è la via che porta ad un’Europa germanocentrica. Con il centro che si arricchisce ai danni della periferia. Il tutto mentre si contesta l’operato della Banca centrale europea, non escludendo che giudici tedeschi la condannino a recedere. Tradotto: meno Europa per più Germania.
Non solo: Enrico Letta esulta perché la Commissione europea consentirà maggiori margini alla spesa di chi ha praticato la lesina. Ma (posto che i particolari sono decisivi e sono rinviati) se lo sfondo non cambia questo porta a squilibri di bilancio che a loro volta costeranno in termini di remunerazione del debito, vale a dire che la posizione della Germania si rafforza sempre di più. Posto che noi siamo dei pazzi a non abbattere il debito con dismissioni e a non tagliare e riqualificare la spesa pubblica, è da doppiamente matti non accorgersi di dove portano quelle premesse. Qui esultano tutti. Il Pdl canta vittoria. Il Pd socialità. Il trionfo della superficialità.
Il guaio, serio, è che la signora Merkel è una statista con in mente il sogno della grande Germania, mentre gli altri sono governanti con in mente la voglia di sopravvivere alle loro idee morte e alla loro incapacità riformatrice. Avessero spina dorsale interverrebbero nella campagna elettorale, per avvertire i fratelli tedeschi di cosa sta preparando il loro governo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.