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La crisi non aspetta. Ci vogliono nuove regole

Verso una nuova governance globale

Non giova operare a ranghi sciolti. Urge un coordinamento anti-crisi

di Angelo De Mattia - 12 febbraio 2009

Ogni giorno che passa appare sempre più evidente la mancanza di un efficace coordinamento anticrisi da parte degli organismi europei. Si profila, ora, un vertice straordinario dei Capi di Stato e di Governo entro la fine di questo mese. Dal canto suo, Sarkozy – che insieme con la Merkel ha rappresentato l’urgenza di una tale riunione per operare un raccordo delle misure contro la recessione – ha deciso una forma di sostegno alle industrie automobilistiche francesi, ricorrendo a una serie di condizioni di “protezione”, attraverso prestiti agevolati che prevedono un concorso pubblico per oltre 6 miliardi: un sostegno che avrebbe potuto essere progettato, per esempio, anche per la Fiat, sia pure con modalità e quantità diverse, ricorrendo a un emissione obbligazionaria garantita dallo Stato; ma, non appena cautamente profilato, ha riscosso troppo frettolose e scarsamente documentate obiezioni.

In generale, da un lato, si reclama un ruolo per l’integrazione e l’armonizzazione delle diverse misure da parte dell’Unione Europea; dall’altro, non si perde occasione per operare a ranghi sciolti. E tuttavia, se l’Europa non appare in grado di svolgere un ruolo unitario, se neppure per specifiche, limitate materie è capace di parlare con una sola voce, e conseguentemente operare, c’è da chiedersi come l’Italia possa svolgere una funzione di punta – secondo una diffusa aspirazione negli ambienti governativi – in occasione del G7 finanziario che si tiene a Roma in questa fine di settimana.

In effetti, più che al peso politico occorrerà, allora, affidarsi alla capacità di individuare misure efficaci, convincenti, aggreganti. Per ora se ne profila una nutrita gamma che la presidenza del vertice – che sarà tenuta dal Ministro Tremonti – si propone di sottoporre alla discussione: dall’introduzione di legal standar per la disciplina dei fenomeni della globalizzazione, al rafforzamento delle normative antiriciclaggio e dei centri off-shore, alla regolazione degli hedge fund e della finanza derivata, etc., alla discussione sulla costituzione di bad bank per separare i titoli tossici dai bilanci delle aziende di credito.

Si potrebbe osservare che c’è molta, e dura, “carne a cuocere”; stando così le cose, si può correre il rischio che il vertice romano si concluda con il documento finale di rito, denso di frasi generalgeneriche, costruito con la tecnica della famosa virgola nel responso della Sibilla cumana.

E’, questo, il pericolo più grave da scongiurare. Sarebbe già un fatto rilevante se il vertice terminasse con pochi, ma precisi impegni, pronti ad essere tradotti in coerenti decisioni o in strumenti normativi nei Paesi che compongono il G7 ovvero, ancora, nella predisposizione di deliberati per le prossime importanti riunioni internazionali (G20 e G8). Al vertice di Roma prenderà parte il Segretario al Tesoro Usa che giunge nella Capitale, dopo che è stato approvato il piano Obama, quindi con una posizione chiara sulle scelte che gli americani ritengono fondamentali nella politica economica e in quella finanziaria, per rispondere alla crisi: con esse occorrerà confrontarsi.

Un’esigenza maggiore, dunque, di concretezza e tempestività. Sotto questo profilo, poiché finora l’unica elaborazione concreta è quella del Financial Stability Forum, si potrebbe fare il punto sull’attuazione delle raccomandazioni di tale organismo e sostenerne, per quelle non applicate, l’adozione generalizzata attraverso misure normative cogenti nei singoli Stati. Si ritiene che queste raccomandazioni non incidano molto? Che sono provvedimenti predisposti da persone che operano nel settore, mentre le regole devono essere prodotte dalle istituzioni della politica? Ammesso e non concesso che si tratti di osservazioni fondate, poiché la crisi non aspetta di certo le decisioni degli organi politici, con i loro tempi, sarebbe almeno opportuno promuovere le nuove regole, intanto, con gli strumenti di cui ora si dispone. Si tratterebbe di sunset rules, norme a termine, mirate a fronteggiare le difficoltà di questa fase. Parallelamente, potrebbe essere decisa e programmata – secondo un piano ovviamente non a lungo termine – l’attuazione dei nuovi standard legali. Ma ciò che urge è predisporre il percorso perché si operi, nelle riunioni che si terranno a partire da quella, ricordata, del G20, una scelta definitiva sulla riforma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale. E’ da quasi 10 anni che se ne parla. Nel frattempo, il Cancelliere tedesco ha avanzato la proposta dell’istituzione, in seno all’Onu, di un Consiglio di sicurezza economica.

Prima che sopravvengano altre proposte – che, alla fin fine, non farebbero che accrescere la confusione – è quantomai opportuno decidere. Il Fondo monetario dovrebbe diventare l’Organo di vigilanza internazionale, preposto innanzitutto alla prevenzione delle crisi e, per quanto possibile, dovrebbe configurarsi come la Banca centrale mondiale. Non è, poi, immaginabile che nel vertice non vengano affrontati i problemi del rapporto tra le tre aree monetarie, dell’euro, del dollaro e dello yen. Anche in questo caso, occorrerebbe dire qualcosa in più del consueto ricorso al cerchiobottismo.

Non bisogna dimenticare che il sistema monetario è privo di un’àncora dal 1971 e che occorrerebbero un’analisi continua e una regolazione della liquidità internazionale. Sta anche nella carena di queste funzioni un concorso allo scoppio della crisi. Uscire dal vertice con due o tre decisioni incisive, applicabili in tempi rapidi, adottate all’unanimità, rialimenterebbe la fiducia, rilegittimerebbe il ruolo di questi incontri. Quando si sostiene il carattere cruciale del ripristino della fiducia, non si può trascurare che essa promana innanzitutto dagli indirizzi che scaturiscono da riunioni come quella romana.

Il Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, invitato dal Ministro Tremonti all’apertura dei lavori del G7, ha fatto presente, ieri, di non poter partecipare, ricordati i limiti imposti dall’anagrafe, ma con una lettera inviata al Ministro ha tra l’altro sottolineato la rilevanza degli orientamenti e delle determinazioni che riunioni del genere presentano nell’operare per un ordine economico internazionale capace di dare risposte adeguate ai mutamenti in corso. Una rilevanza sperimentata da Ciampi nell’esercizio delle diverse cariche ricoperte.

Il concetto del nuovo ordine monetario globale è uscito dalle secche dell’utopia internazionalista nelle quali era stato, assai ingiustamente, confinato. Ora è diventato esigenza diffusa, robustamente dimostrata. “Merito” della crisi. Ma, adesso, occorre che venga sostanziato con specifiche scelte concrete e con provvedimenti coerenti, se non si vuole che ritorni nuovamente nelle nebbie dei concetti astratti. E’ anche responsabilità del prossimo G7 che si diffonda la capacità di costruire, passo dopo passo, questa nuova governance globale.

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