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Le strategie vincenti del risiko bancario

Unicredit verso Société-Generale

È tempo di matrimoni e alliances. Perché escludere nuovi mergers?

di Alessandro D'Amato - 23 maggio 2007

Da una parte, si fa sapere che “un’eventuale fusione con un gigante da 100 miliardi è un’ipotesi seducente”. Dall’altra, che “la crescita estera non sarà limitata né rallentata dalle operazioni che oggi celebriamo”. Insomma, l’operazione Unicredit-Capitalia non sembra abbia messo in pericolo un eventuale accordo con Société Generale.
Del matrimonio con i francesi si è parlato per moltissimo tempo, anche dietro esplicita conferma di Parigi, che aveva fatto sapere che Piazza Cordusio era una delle 8 ipotesi di aggregazioni allo studio. E le dichiarazioni attribuite alla banca transalpina pubblicate ieri da Les Echos, oltre ad aver provocato un significativo balzo in Borsa al titolo (ieri +2,7%), sembrano lo specchio di una volontà che ancora cova – soprattutto nella testa del direttore generale Philippe Citerne – nonostante il matrimonio romano sia ancora da definire nei particolari.

Il progetto, che sarebbe stato messo a punto già un anno e mezzo fa, dovrebbe comunque attendere ora almeno un anno prima che possa essere rilanciato. “A occhio e croce ci vorranno tra i sei e i dodici mesi al nuovo insieme per proiettarsi in un’altra operazione di ravvicinamento” indicano fonti interne della banca francese convinte anche che la banca “abbia i mezzi per pazientare, se necessario, tre, cinque anni”. L’ad Daniel Bouton aveva dichiarato la settimane scorsa che un matrimonio non era “né urgente né indispensabile”, mentre il Bbva, attraverso l’amministratore delegato Francisco Gonzales, si era chiamato fuori da qualsiasi gara su Parigi.

E negli ambienti che contano si pensa più o meno la stessa cosa: prima di impegnare Unicredit in una fusione con una realtà da 66 miliardi di euro, meglio fare il matrimonio con Capitalia. Ma adesso, perché escludere un nuovo merger? Certo, le prime uscite di Sarkozy avevano fatto immaginare un inquilino dell’Eliseo impegnato a difendere i confini nazionali dalle invasioni estere. Però la prima uscita pubblica del neo presidente è stata proprio l’”union sacrée” con Angela Merkel: facile che in quell’occasione, vista la presenza di Hvb in Unicredit, si sia parlato anche di banche. E poi, si aggiunge, lo “zoccolo duro” francese in Mediobanca (Bolloré e Bernheim), sempre alleato negli ultimi tempi con Capitalia e Unicredit, difficilmente si metterebbe in contrasto con Geronzi, se davvero si decidesse a muoversi verso Soc.Gen. I problemi da risolvere, semmai, sarebbero altri. La sede, sulla quale si era arenata la prima trattativa: una decisione tutt’altro che simbolica, visto che se venisse portata fuori dalla Francia darebbe l’impressione di un’acquisizione.

E la governance da scegliere: con tutti i posti da garantire, ci si dovrebbe obbligatoriamente rassegnare a quel duale che Profumo vede come il fumo negli occhi. Ma sono problemi di non impossibile soluzione. Più difficile immaginare cosa succederà in Mediobanca-Generali: questo mandato sarà l’ultimo per Antoine Bernheim, e il successore lo sceglierà lui, secondo la stessa ammissione di Geronzi. Ma i francesi vogliono anche essere sicuri che le quote che Unicapitalia dismetterà finiscano in mani sicure. Con buona pace di Bazoli.

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