Lo Stato sociale diventa assistenziale
Una spesa iniqua e clientelare
Questo accade con un governo democristiano e che ha in odio le regole del mercatodi Davide Giacalone - 26 giugno 2007
Nulla è più antisociale dell’alimentazione della spesa corrente, nulla è più iniquo del trasformare lo stato sociale in stato assistenziale e clientelare. Chi abbia a cuore gli interessi dei lavoratori dovrebbe oggi avvertire governo e sindacati che spendere anche un solo euro per abbassare, rispetto a quanto già previsto dalla legge, l’età pensionabile, è un gesto da irresponsabili. Oltre tutto ho l’impressione che non sia chiaro quanto segue: i giovani ci rimettono, i lavoratori non vicini alla pensione ci rimettono, i pensionati non ci guadagnano e tutta questa stupida discussione sullo scalone riguarda un numero piccolo di lavoratori, che i sindacati s’incaponiscono a far figurare come fossero l’universo per la sola ragione che, oramai, non sono più sindacati dei lavoratori, ma dei pensionati e pensionandi.
La discussione è stupida perché lo scalone non è ingiusto per l’improvviso innalzamento, calibrato in tre passaggi, dell’età pensionabile, semmai è criticabile perché porta ad una soglia ancora troppo bassa e si sarebbe dovuto far partire prima. Quindi chi oggi ha 57 anni e vuole andare in pensione non è portatore di un ingiustizia, ma di un ingiustificato privilegio.
Se si guardano le curve demografiche dei principali Paesi europei si vede che l’incidenza della popolazione pensionabile, rispetto a quella in età lavorativa, è massima in Italia. Lo si deve al fatto che la mortalità si abbassa (ed è un bene), ma la natalità è crollata e gran parte della manodopera immigrata è irregolare, pertanto non contribuente al sistema previdenziale. Siamo, insomma, quelli che hanno più interesse e bisogno a sollecitare la permanenza nel mercato del lavoro, ma mentre tutti gli altri vanno in tale direzione noi abbiamo governo e sindacati che minacciano di spingerci in quella opposta. Così facendo bruciano ricchezza di tutti a favore di pochissimi, e costringono i cittadini a continuare a subire una pressione fiscale mostruosa per finanziare un sistema inefficiente e sprecone. Il tutto lasciando intatto il debito, che è il vero nostro problema. Questo succede a mandare al governo il peggior risultato dato dalla somma di clientelismo democristiano e sinistra avversione alle regole del mercato. Un binomio che, complici i sindacati, porta male a chi lavora e produce.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato da Libero di martedì 26 giugno
La discussione è stupida perché lo scalone non è ingiusto per l’improvviso innalzamento, calibrato in tre passaggi, dell’età pensionabile, semmai è criticabile perché porta ad una soglia ancora troppo bassa e si sarebbe dovuto far partire prima. Quindi chi oggi ha 57 anni e vuole andare in pensione non è portatore di un ingiustizia, ma di un ingiustificato privilegio.
Se si guardano le curve demografiche dei principali Paesi europei si vede che l’incidenza della popolazione pensionabile, rispetto a quella in età lavorativa, è massima in Italia. Lo si deve al fatto che la mortalità si abbassa (ed è un bene), ma la natalità è crollata e gran parte della manodopera immigrata è irregolare, pertanto non contribuente al sistema previdenziale. Siamo, insomma, quelli che hanno più interesse e bisogno a sollecitare la permanenza nel mercato del lavoro, ma mentre tutti gli altri vanno in tale direzione noi abbiamo governo e sindacati che minacciano di spingerci in quella opposta. Così facendo bruciano ricchezza di tutti a favore di pochissimi, e costringono i cittadini a continuare a subire una pressione fiscale mostruosa per finanziare un sistema inefficiente e sprecone. Il tutto lasciando intatto il debito, che è il vero nostro problema. Questo succede a mandare al governo il peggior risultato dato dalla somma di clientelismo democristiano e sinistra avversione alle regole del mercato. Un binomio che, complici i sindacati, porta male a chi lavora e produce.
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Pubblicato da Libero di martedì 26 giugno
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.