I ritardi della società italiana
Un Paese dove l’infanzia è negata
Difendiamo il diritto dell’embrione, ma siamo incapaci di dare una vita serena ai nostri figlidi Alessandro Vaccari - 27 maggio 2005
Il ritardo del nostro Paese non è solo nelle parole – per quanto secche e dure – del Presidente di Confindustria o nella relazione dell’Ocse, e nemmeno la situazione è debitamente fotografata dal pur esaustivo rapporto Istat.
Per misurare la nostra arretratezza bisogna leggere la realtà come fossimo una bambina o un bambino.
Con gli occhi di Mirko, ucciso nella sua vaschetta da bagno non tanto e non solo dalla madre, quanto dal mito imperante di una televisione che individua la felicità in un corpo perfetto ed elegge i suoi apostoli tra i partecipanti ai reality show.
Con i tanti occhi di quei bambini vittime di azioni di pedofilia, dei quali possiamo intendere lo sguardo ma ai quali non possiamo dare un nome; leggiamo sui giornali che tra i 186 arrestati dell’altro giorno – tra i quali un suicida ieri – albergano preti, sindaci ed assessori, rappresentanti di ogni classe sociale, ai quali basta un patteggiamento di pena per tornare a casa con la fedina penale illibata.
E ancora con gli occhi di quei tanti bambini ai quali non riusciamo a garantire un asilo per crescere tranquilli mentre mamma e papà lavorano, i figli di quei genitori che non possono permettersi una struttura privata che da sola mangia oltre metà stipendio.
Con quale faccia ci dibattiamo intorno ad un referendum invocando il diritto dell’embrione (?) quando al contempo siamo assolutamente incapaci di dare ai nostri figli – i cittadini di domani – il diritto alla vita, all’integrità e al rispetto, allo studio, alla serenità, alla dignità?
“Competitività” da sola è una parola vuota, partiamo dai più piccoli, dalla scuola, dalla formazione, ma soprattutto colmiamo quell’enorme deficit sociale e civile che abbiamo al confronto con altri paesi. Il grado di civiltà di un Paese si misura da come sono considerate e trattate le nuove generazioni. Iniziamo a togliere le macchine dai marciapiedi per far transitare i passeggini.
Per misurare la nostra arretratezza bisogna leggere la realtà come fossimo una bambina o un bambino.
Con gli occhi di Mirko, ucciso nella sua vaschetta da bagno non tanto e non solo dalla madre, quanto dal mito imperante di una televisione che individua la felicità in un corpo perfetto ed elegge i suoi apostoli tra i partecipanti ai reality show.
Con i tanti occhi di quei bambini vittime di azioni di pedofilia, dei quali possiamo intendere lo sguardo ma ai quali non possiamo dare un nome; leggiamo sui giornali che tra i 186 arrestati dell’altro giorno – tra i quali un suicida ieri – albergano preti, sindaci ed assessori, rappresentanti di ogni classe sociale, ai quali basta un patteggiamento di pena per tornare a casa con la fedina penale illibata.
E ancora con gli occhi di quei tanti bambini ai quali non riusciamo a garantire un asilo per crescere tranquilli mentre mamma e papà lavorano, i figli di quei genitori che non possono permettersi una struttura privata che da sola mangia oltre metà stipendio.
Con quale faccia ci dibattiamo intorno ad un referendum invocando il diritto dell’embrione (?) quando al contempo siamo assolutamente incapaci di dare ai nostri figli – i cittadini di domani – il diritto alla vita, all’integrità e al rispetto, allo studio, alla serenità, alla dignità?
“Competitività” da sola è una parola vuota, partiamo dai più piccoli, dalla scuola, dalla formazione, ma soprattutto colmiamo quell’enorme deficit sociale e civile che abbiamo al confronto con altri paesi. Il grado di civiltà di un Paese si misura da come sono considerate e trattate le nuove generazioni. Iniziamo a togliere le macchine dai marciapiedi per far transitare i passeggini.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.