Il caso di Trieste e della Lucchini
Un Paese che s'accartoccia
Il decadimento politico s'accompagna a quello produttivo, intaccando la civiltàdi Davide Giacalone - 21 novembre 2007
Osserviamo, con un esempio concreto, come il decadimento politico s’accompagna a quello produttivo, intaccando la civiltà stessa di un Paese. Un tempo il Gruppo Lucchini aveva una posizione importante nella produzione dell’acciaio, ma proprio mentre il mercato di quel metallo cresceva i bresciani hanno venduto, attribuendo alle banche la loro difficoltà nel superare problemi finanziari. Comprarono i russi della Severstal, che in questo modo eliminarono un concorrente e consolidarono la loro posizione. Da noi protestò il sindacato dei metalmeccanici, lamentando di non essere stato consultato (gli ex compagni sovietici non praticano riti inutili).
A Trieste ha sede la ferriera di Servola, oggi dei russi, che è in condizioni pietose. Roba da archeologia industriale, con emissioni inquinanti fuori da ogni regola. Non produce più acciaio, ma ghisa e carbon coke. Servirebbero investimenti per ammodernare e pulire, ma la proprietà non ci pensa neanche, semmai spera di vendere. L’alternativa sarebbe chiudere, ma i sindacati sono preoccupati per l’occupazione (residua) ed i russi hanno capito di poterci lucrare. Lo stabilimento si trova nel centro abitato, circondato da sessantamila persone, con le maestre che sono incaricate di portare i bambini al coperto ogni volta che si sente “la puzza”. Si deve rifugiarli. Ho letto che i bigliardini nuovi si coprono di polvere velenosa e si decompongono. Ma se lo stabilimento chiude i proprietari devono pagare quaranta milioni per la bonifica del suolo, che per giunta è demaniale. Quindi dicono: noi stiamo qui e continuamo come prima, altrimenti ce ne andiamo ma pagate voi italiani la bonifica e ci date pure i soldi che perdiamo con la mancata produzione. Le autorità pubbliche, anziché reagire a tono, hanno pensato bene di secretare i dati sull’inquinamento, forse preoccupate che qualcuno possa morirne d’infarto.
Morale: gli imprenditori italiani hanno venduto una produzione importante, lasciando la sporcizia a carico del pubblico; i russi non si limitano a comprarci, ma ci trattano anche come colonia sottosviluppata, dove piazzare le produzioni inquinanti; la politica comizia, ma non agisce; magari interverrà la procura, e ci rivediamo fra dieci anni. Andate a Trieste, e respirate l’aria insalubre di un Paese che s’accartoccia.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato da Libero di mercoledì 21 novembre
A Trieste ha sede la ferriera di Servola, oggi dei russi, che è in condizioni pietose. Roba da archeologia industriale, con emissioni inquinanti fuori da ogni regola. Non produce più acciaio, ma ghisa e carbon coke. Servirebbero investimenti per ammodernare e pulire, ma la proprietà non ci pensa neanche, semmai spera di vendere. L’alternativa sarebbe chiudere, ma i sindacati sono preoccupati per l’occupazione (residua) ed i russi hanno capito di poterci lucrare. Lo stabilimento si trova nel centro abitato, circondato da sessantamila persone, con le maestre che sono incaricate di portare i bambini al coperto ogni volta che si sente “la puzza”. Si deve rifugiarli. Ho letto che i bigliardini nuovi si coprono di polvere velenosa e si decompongono. Ma se lo stabilimento chiude i proprietari devono pagare quaranta milioni per la bonifica del suolo, che per giunta è demaniale. Quindi dicono: noi stiamo qui e continuamo come prima, altrimenti ce ne andiamo ma pagate voi italiani la bonifica e ci date pure i soldi che perdiamo con la mancata produzione. Le autorità pubbliche, anziché reagire a tono, hanno pensato bene di secretare i dati sull’inquinamento, forse preoccupate che qualcuno possa morirne d’infarto.
Morale: gli imprenditori italiani hanno venduto una produzione importante, lasciando la sporcizia a carico del pubblico; i russi non si limitano a comprarci, ma ci trattano anche come colonia sottosviluppata, dove piazzare le produzioni inquinanti; la politica comizia, ma non agisce; magari interverrà la procura, e ci rivediamo fra dieci anni. Andate a Trieste, e respirate l’aria insalubre di un Paese che s’accartoccia.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.