Speriamo in un rapido salvataggio bancario
Un’Europa sorda non dà risultati
Occorrono soluzioni pragmatiche e tempestive per combattere la crisidi Angelo De Mattia - 25 febbraio 2009
Oggi la Commissione europea dovrebbe approvare il documento sulle linee guida in materia di misure anticrisi riguardanti le banche. Da giorni Mf pubblica sul suo sito una bozza preparata dalla Commissione per la discussione su questo argomento. Da essa si possono ricavare indicazioni per le soluzioni che saranno probabilmente prospettate, a partire dai titoli tossici sul cui ammontare sono state formulate ipotesi non rassicuranti. Sempre oggi, negli Usa iniziano gli stress test anticrisi su di una ventina di banche.
Nel frattempo, alle gravi difficoltà di Citigroup si sono aggiunte quelle, incombenti, del colosso assicurativo Aig, che starebbe per avviare trattative con la Fed. Nella stessa giornata odierna dovrebbe essere presentato il documento elaborato dal Comitato de Larosière per la riforma degli assetti della vigilanza creditizia in Europa. Azioni anticrisi al di là e al di qua dell’Atlantico: esigerebbero uno stretto coordinamento. E tuttavia l’Europa da questo lato continua nella sua sordità.
C’è, comunque, un grande movimento, in campo internazionale, sulla materia dei salvataggi bancari. Bisogna evitare il rischio che queste iniziative, poiché i risultati appaiono lontani, possano apparire come incapaci di produrre effetti o, addirittura, come il borbonico “facite ammuina”, magari inconsapevole. Il fatto è che, comunque si giudichino le iniziative degli Stati e degli Organismi internazionali, continua a mancare la precondizione della individuazione delle misure da adottare per la trasparente evidenziazione dell’ammontare e della composizione dei titoli tossici presenti nei bilanci delle singole banche, precondizione sottolineata dalla stessa Commissione.
Solo questo preliminare passaggio – a meno che non si tratti di interventi d’urgenza per i casi di dissesto che richiedono misure di amministrazione straordinaria o di liquidazione coatta – può consentire di orientarsi nella gamma dei modelli adottabili, ognuno con i propri costi e i propri benefici.
Si tratta di modelli che vanno dall’approntamento di garanzie pubbliche – per esempio, sui crediti da erogare, di cui ha parlato il Governatore Mario Draghi in occasione del convegno del Forex – alla costituzione delle bad bank, dove vengano allocati i titoli tossici - precisando se a queste si dà vita istituendone una sola per Paese o una pluralità, banca per banca - alle good bank, costituite con la parte buona dell’istituto infettato dai titoli tossici, alla formazione di organismi con partecipazione pubblica e privata per la gestione dei titoli in questione sul modello della bad bank, all’impegno all’acquisto, a distanza di due anni, per un prezzo doppio dell’attuale, di un certo ammontare di attività finanziarie legate al mercato immobiliare, ad apporti della mano pubblica per il rafforzamento patrimoniale (si pensi ai Tremonti bond) fino ad arrivare all’ingresso dello Stato nel capitale della banca per quote minoritarie o maggioritarie, ivi compresa l’ipotesi – che la Commissione non scarta, ma neppure giudica prioritaria – dell’acquisizione dell’intera proprietà, cioè della vera e propria nazionalizzazione.
Ognuna di queste soluzioni ha pregi e difetti. Non sarebbe da escludere, in via di principio, il ricorso ad esse in modo articolato, secondo la situazione delle banche, non tutte, ovviamente – all’estero e, soprattutto, in Italia dove le aziende di credito hanno finora resistito bene – nelle condizioni nelle quali si impongono decisioni drastiche e immediate. E’ bene ricordare che il Governatore Draghi ha ritenuto che le banche italiane siano parte di quei sistemi bancari solo marginalmente appesantiti dall’eredità del passato, per i quali occorre, quindi, ricreare le condizioni per lo sviluppo futuro. Di qui la sua proposta di gestire i nuovi crediti facendoli assistere dall’emissione di garanzie pubbliche, con modalità da definire, piuttosto che dare priorità alla gestione dei titoli tossici.
Se, però, si può “suonare” sulla tastiera dei possibili interventi discriminando secondo le condizioni degli istituti interessati al salvataggio, andrebbe senz’altro evitato il ricorso ai modelli in questione con scelte progressive che portino ad abbandonare quelle fatte in precedenza perché, alla prova dei fatti, rivelatesi troppo deboli o, comunque, inefficaci. Sarebbe il caos.
Si darebbe un’immagine – a livello internazionale e nei Paesi in cui si operasse una tale scelta - di “nave senza nocchiero in gran tempesta”. E’ evidente che si tratta di una materia niente affatto facile. Cruciale è il problema della valutazione degli asset. Ma anche in questo caso non si può lungamente temporeggiare. Il rischio è di assumere le vesti di Achille nel celebre paradosso della gara di corsa con la tartaruga, dovuto a Zenone da Elea.
Se non si perviene, dagli esperti che approfondiscono il problema e dalle istituzioni della politica, a una soluzione convincente, allora non resterà che passare a promuovere, adesso, una valutazione convenzionale e a prevedere impegni di riclassificazione dei valori a distanza di un certo periodo di tempo. Insomma, occorrono soluzioni pragmatiche e tempestive. A esse è poi legata l’altra questione, relativa al modo in cui si ripartiscono costi e benefici e alla determinazione dei soggetti ai quali essi fanno carico.
E’ un’esigenza, fondamentale, da soddisfare innanzitutto per il cittadino-contribuente. Le nazionalizzazioni – si è detto e ripetuto – sono la extrema ratio. Continuare a parlarne inconcludentemente non fa che danneggiare mercato e investitori. Ieri il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento alle nazionalizzazioni, ma ha escluso che interessino l’Italia.
Se, definite le condizioni nelle quali l’intervento pubblico non è più eludibile, si ricorre alla decisione di nazionalizzare, occorre predisporre adeguatamente il modo in cui lo Stato gestisce e, poi, esce dalla proprietà. Si tratta di regolamentare prioritariamente nomine di vertice, governance, conflitti di interesse, etc., facendo tesoro della negativa esperienza italiana della lottizzazione partitica della banca pubblica e delle torsioni che vennero impresse alle sue funzioni e alla sua operatività.
Draghi ha ricordato i progressi ottenuti con lo smantellamento del sistema delle banche pubbliche e con il consolidamento dell’industria bancaria conseguito attraverso la pressoché totale privatizzazione. Non resta che sperare che si riduca l’enorme divaricazione tra i tempi delle decisioni, almeno quelle europee, e quelli, rapidissimi, dell’evoluzione della crisi.
Nel frattempo, alle gravi difficoltà di Citigroup si sono aggiunte quelle, incombenti, del colosso assicurativo Aig, che starebbe per avviare trattative con la Fed. Nella stessa giornata odierna dovrebbe essere presentato il documento elaborato dal Comitato de Larosière per la riforma degli assetti della vigilanza creditizia in Europa. Azioni anticrisi al di là e al di qua dell’Atlantico: esigerebbero uno stretto coordinamento. E tuttavia l’Europa da questo lato continua nella sua sordità.
C’è, comunque, un grande movimento, in campo internazionale, sulla materia dei salvataggi bancari. Bisogna evitare il rischio che queste iniziative, poiché i risultati appaiono lontani, possano apparire come incapaci di produrre effetti o, addirittura, come il borbonico “facite ammuina”, magari inconsapevole. Il fatto è che, comunque si giudichino le iniziative degli Stati e degli Organismi internazionali, continua a mancare la precondizione della individuazione delle misure da adottare per la trasparente evidenziazione dell’ammontare e della composizione dei titoli tossici presenti nei bilanci delle singole banche, precondizione sottolineata dalla stessa Commissione.
Solo questo preliminare passaggio – a meno che non si tratti di interventi d’urgenza per i casi di dissesto che richiedono misure di amministrazione straordinaria o di liquidazione coatta – può consentire di orientarsi nella gamma dei modelli adottabili, ognuno con i propri costi e i propri benefici.
Si tratta di modelli che vanno dall’approntamento di garanzie pubbliche – per esempio, sui crediti da erogare, di cui ha parlato il Governatore Mario Draghi in occasione del convegno del Forex – alla costituzione delle bad bank, dove vengano allocati i titoli tossici - precisando se a queste si dà vita istituendone una sola per Paese o una pluralità, banca per banca - alle good bank, costituite con la parte buona dell’istituto infettato dai titoli tossici, alla formazione di organismi con partecipazione pubblica e privata per la gestione dei titoli in questione sul modello della bad bank, all’impegno all’acquisto, a distanza di due anni, per un prezzo doppio dell’attuale, di un certo ammontare di attività finanziarie legate al mercato immobiliare, ad apporti della mano pubblica per il rafforzamento patrimoniale (si pensi ai Tremonti bond) fino ad arrivare all’ingresso dello Stato nel capitale della banca per quote minoritarie o maggioritarie, ivi compresa l’ipotesi – che la Commissione non scarta, ma neppure giudica prioritaria – dell’acquisizione dell’intera proprietà, cioè della vera e propria nazionalizzazione.
Ognuna di queste soluzioni ha pregi e difetti. Non sarebbe da escludere, in via di principio, il ricorso ad esse in modo articolato, secondo la situazione delle banche, non tutte, ovviamente – all’estero e, soprattutto, in Italia dove le aziende di credito hanno finora resistito bene – nelle condizioni nelle quali si impongono decisioni drastiche e immediate. E’ bene ricordare che il Governatore Draghi ha ritenuto che le banche italiane siano parte di quei sistemi bancari solo marginalmente appesantiti dall’eredità del passato, per i quali occorre, quindi, ricreare le condizioni per lo sviluppo futuro. Di qui la sua proposta di gestire i nuovi crediti facendoli assistere dall’emissione di garanzie pubbliche, con modalità da definire, piuttosto che dare priorità alla gestione dei titoli tossici.
Se, però, si può “suonare” sulla tastiera dei possibili interventi discriminando secondo le condizioni degli istituti interessati al salvataggio, andrebbe senz’altro evitato il ricorso ai modelli in questione con scelte progressive che portino ad abbandonare quelle fatte in precedenza perché, alla prova dei fatti, rivelatesi troppo deboli o, comunque, inefficaci. Sarebbe il caos.
Si darebbe un’immagine – a livello internazionale e nei Paesi in cui si operasse una tale scelta - di “nave senza nocchiero in gran tempesta”. E’ evidente che si tratta di una materia niente affatto facile. Cruciale è il problema della valutazione degli asset. Ma anche in questo caso non si può lungamente temporeggiare. Il rischio è di assumere le vesti di Achille nel celebre paradosso della gara di corsa con la tartaruga, dovuto a Zenone da Elea.
Se non si perviene, dagli esperti che approfondiscono il problema e dalle istituzioni della politica, a una soluzione convincente, allora non resterà che passare a promuovere, adesso, una valutazione convenzionale e a prevedere impegni di riclassificazione dei valori a distanza di un certo periodo di tempo. Insomma, occorrono soluzioni pragmatiche e tempestive. A esse è poi legata l’altra questione, relativa al modo in cui si ripartiscono costi e benefici e alla determinazione dei soggetti ai quali essi fanno carico.
E’ un’esigenza, fondamentale, da soddisfare innanzitutto per il cittadino-contribuente. Le nazionalizzazioni – si è detto e ripetuto – sono la extrema ratio. Continuare a parlarne inconcludentemente non fa che danneggiare mercato e investitori. Ieri il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento alle nazionalizzazioni, ma ha escluso che interessino l’Italia.
Se, definite le condizioni nelle quali l’intervento pubblico non è più eludibile, si ricorre alla decisione di nazionalizzare, occorre predisporre adeguatamente il modo in cui lo Stato gestisce e, poi, esce dalla proprietà. Si tratta di regolamentare prioritariamente nomine di vertice, governance, conflitti di interesse, etc., facendo tesoro della negativa esperienza italiana della lottizzazione partitica della banca pubblica e delle torsioni che vennero impresse alle sue funzioni e alla sua operatività.
Draghi ha ricordato i progressi ottenuti con lo smantellamento del sistema delle banche pubbliche e con il consolidamento dell’industria bancaria conseguito attraverso la pressoché totale privatizzazione. Non resta che sperare che si riduca l’enorme divaricazione tra i tempi delle decisioni, almeno quelle europee, e quelli, rapidissimi, dell’evoluzione della crisi.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.