Gli esuberi di Telecom Italia
Un esempio di malaprivatizzazione
E’ ora di agire. Il compito della politica è quello di difendere gli interessi degli italianidi Davide Giacalone - 05 dicembre 2008
Telecom Italia annuncia altri 4000 esuberi, per un totale di 9000 persone da mandare via entro il 2010. Sono tanti, ma non troppi. Anzi, sono troppo pochi, perché gli esuberi reali potrebbero ammontare al doppio. Esubera anche una catena dirigenziale che, da anni, si occupa solo di finanza, senza mai riuscire a dare una strategia alla società. Così com’è Telecom va allo sfascio, tutta intera. E se le banche allentano la stretta proprietaria, finisce dritto nel portafoglio di un compratore-colonizzatore, che adotterà un diverso modello di business, taglierà di brutto quel che non serve e rimetterà sul mercato un’azienda che ne uscì a causa della pessima privatizzazione. Da allora ad oggi un fiume di ricchezza ha abbandonato cittadini e risparmiatori, per allagare le casse di profittatori e speculatori.
Fatto è che dentro la Telecom, a causa dell’errore commesso con la malaprivatizzazione, c’è ancora la rete fissa con la quale telefoniamo e ci connettiamo. Era un gioiello, ora è un gruviera, ma è lì. Quando si conobbe il piano Rovati, che prevedeva l’uso dei soldi della Cassa Depositi e Prestiti per portare via la rete e ridare fiato all’indebitata proprietà, quando scoppiò il putiferio per l’invereconda gestione prodiana della faccenda, fui tra i pochissimi a scrivere: quella è roba seria. Non la condivido, ma è seria. Gli altri, quelli che oggi rivendicano addirittura di avere avuto per primi l’idea, se ne stavano rimpiattati in un cantuccio, silenti. Hanno tanto coraggio quanta indipendenza di giudizio. Ero contrario perché sarebbe folle tornare ad un’amministrazione statale e neanche ci serve una gestione conservativa della rete, che deve essere aperta alla concorrenza dei servizi ed all’investimento dei privati. Da allora ad oggi, però, si è solo sprecato tempo.
In Telecom non ci sono più le competenze per ragionare di rete, e già la sola separazione contabile destabilizzerà i bilanci. I mercati giustificano un intervento statale, ma è bene si accompagni alla gestione competente e privatistica, in modo da evitare tanto l’attuale immobilità che il varo di progetti faraonici. Il compito della politica non è quello di salvaguardare le proprietà italiane, anche se incapaci, ma di difendere gli interessi degli italiani. E’ ora di agire, per non perdere entrambe.
Pubblicato su Libero di venerdì 5 dicembre
Fatto è che dentro la Telecom, a causa dell’errore commesso con la malaprivatizzazione, c’è ancora la rete fissa con la quale telefoniamo e ci connettiamo. Era un gioiello, ora è un gruviera, ma è lì. Quando si conobbe il piano Rovati, che prevedeva l’uso dei soldi della Cassa Depositi e Prestiti per portare via la rete e ridare fiato all’indebitata proprietà, quando scoppiò il putiferio per l’invereconda gestione prodiana della faccenda, fui tra i pochissimi a scrivere: quella è roba seria. Non la condivido, ma è seria. Gli altri, quelli che oggi rivendicano addirittura di avere avuto per primi l’idea, se ne stavano rimpiattati in un cantuccio, silenti. Hanno tanto coraggio quanta indipendenza di giudizio. Ero contrario perché sarebbe folle tornare ad un’amministrazione statale e neanche ci serve una gestione conservativa della rete, che deve essere aperta alla concorrenza dei servizi ed all’investimento dei privati. Da allora ad oggi, però, si è solo sprecato tempo.
In Telecom non ci sono più le competenze per ragionare di rete, e già la sola separazione contabile destabilizzerà i bilanci. I mercati giustificano un intervento statale, ma è bene si accompagni alla gestione competente e privatistica, in modo da evitare tanto l’attuale immobilità che il varo di progetti faraonici. Il compito della politica non è quello di salvaguardare le proprietà italiane, anche se incapaci, ma di difendere gli interessi degli italiani. E’ ora di agire, per non perdere entrambe.
Pubblicato su Libero di venerdì 5 dicembre
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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.