“Scudo ter e rientro di capitali”: un successo spinoso
Un condono quater
Ora che l’operazione “scudo” è completata occorrerà decidere come impiegare l’extra- gettitodi Angelo De Mattia - 18 dicembre 2009
Si può dire, per l’esito del condono, “ nunc est bibendum”? Un successo, quello dello “scudo ter”, dal punto di vista economico, ma, come la rosa, circondato da non poche spine sul versante normativo. Se le verifiche, a consuntivo, confermeranno le previsioni, l’Italia introiterà, per le operazioni di rimpatrio e di regolarizzazione (che potrebbero arrivare a 110/115 miliardi ), un extra-gettito di oltre 2 miliardi, in aggiunta ai 3,7 miliardi scritturati nella “ finanziaria”. Il risultato non potrà che essere ritenuto positivo.
La lotta ai paradisi legali e fiscali promossa dalle decisioni del G.20 di Londra è stata colta, non solo in Italia, come l’occasione per incentivare il rientro dei capitali irregolarmente esportati in paesi inquadrabili nei centri off-shore, anche in quelli non definibili tali a pieno titolo. Nulla da eccepire. Anzi, si è trattato di un efficace tempismo. Non è mancato, tuttavia, un po’ di confusione e anche di azzardo nella gestione di alcuni rapporti interstatuali, in particolare con la Svizzera e con San Marino.
Poiché l’azione di contrasto deve portare al superamento dei “ paradisi“ , in particolare alla loro progressiva trasmigrazione dalla lista nera dell’Ocse, si offriva l’opportunità di un rientro agevolato, prima dell’adozione di misure severe per coloro che avessero continuato a detenere le loro attività nei centri anzidetti dopo le decisioni del G.20. Da noi il rientro è stato previsto in forma anonima – primo, rilevante elemento distintivo ed emblematico del modo in cui l’intento di conseguire un risultato economicamente assai apprezzabile è bilanciato da una soluzione non certo esaltante sul piano dello stretto diritto - e previo assolvimento di una imposta del 5 per cento, diffusamente giudicata esigua( seconda caratterizzazione ), sulla base di raffronti internazionali, per la verità non sempre pacifici.
E’ pur vero che una nuova misura, penalizzatrice per i capitali irregolarmente investiti all’estero, è stata adottata contestualmente al varo del condono e consiste, per quei capitali, nella presunzione di evasione fiscale con inversione, dunque, per il possessore, dell’onere della prova. Ma si sarebbe potuto fare di più, come pure era stato richiesto su queste colonne ricordando la scelta che fu operata quando,negli anni settanta, trasformando l’illecito valutario da amministrativo in penale, fu stabilito, con un condono, un periodo di tempo entro il quale sarebbe stato possibile fare rientrare i capitali illegittimamente esportati, dopodiché sarebbero scattate le rafforzate sanzioni penali. La scelta del Governo si è mossa lungo questa linea, ma le penalizzazioni che scatteranno dopo la fine del periodo interessato allo scudo si limitano alla ricordata inversione dell’onere della prova.
Era, invece, possibile introdurre un più aspro regime antievasione, nonché un forte rigore penale. Così come occorreva dettare una disciplina che non presentasse delle ampie aree di esenzione per la segnalazione di operazioni anomale ai fini dell’antiriciclaggio.
Certo, con le maggiori sanzioni prospettiche di natura penale si sarebbe avuto l’effetto probabilmente di stimolare di più i rientri, ma non altrettanto sarebbe avvenuto se si fosse stati assolutamente rigorosi sul piano dell’antiriciclaggio, vulnerato “ ab origine” con la previsione dell’anonimato delle operazioni e con la copertura dei reati fiscali, societari, contabili, presupposto, frequentemente, di reati di riciclaggio. Nuovamente, dunque, l’opposizione tra economia e diritto: se si vuole il successo dei rientri a tutti i costi, si viene anche ad accettare – così sembra ragioni il Governo – la lesione di un giusto ordine normativo.
In ogni caso,” factum infectum fieri nequit”, dicevano i latini; ora l’operazione scudo” è completata e occorrerà decidere come impiegare l’extra- gettito che, in parte, era stato verosimilmente già previsto dell’Esecutivo, essendo stato programmato allo scopo, nelle scorse settimane, un provvedimento da adottare entro la fine dell’anno o per gli inizi del 2010. Sarebbe, a tal proposito, opportuno evitare la consueta pioggia degli stanziamenti, secondo le antiche logiche clientelari, oggi pur rivedute e corrette, e fissare un ordine di priorità dei sostegni tra imprese e famiglie, con precise finalizzazioni di stimolo alla domanda aggregata. Una scelta adeguata dei settori da incentivare, insomma, valorizzerebbe il successo economico dello “ scudo”.
Ma questa vicenda non è ancora conclusa. Intanto , sarà possibile completare entro il 31 dicembre 2010 le operazioni di sanatoria che siano state regolarmente iniziate e poi siano state impedite da una causa ostativa da dimostrare. Ma, quel che più interessa, si ipotizza un rinnovo del condono per un altro semestre con nuove condizioni, in particolare con il pagamento di una imposta maggiore.
Insomma, si tratterebbe – data la nuova, distinta configurazione - di una sorta di condono quater, che però manterrebbe i profili normativi del condono ter che hanno suscitato critiche e perplessità. Non sarebbe possibile, ora, approfittare della richiesta di una nuova sanatoria che verrebbe anche dal mondo bancario per rafforzare gli aspetti sanzionatori per il periodo successivo all’operatività dello scudo ter?
E, prima ancora, si è valutato che questa spinta al rinnovo della sanatoria è il frutto collaterale dei provvedimenti di condono, con uno che tira l’altro, secondo una interminabile catena che affievolisce la certezza del diritto e sospinge a comportamenti non regolari proprio nell’aspettativa della immancabilmente prossima sanatoria?
E’, questo, un ragionamento elitario – si potrebbe osservare - avendo lo Stato bisogno di risorse, che in tal modo vengono raccolte senza imporre nuove tasse ai cittadini. Ma non si é, così, in presenza,ancora una volta, di un’opposizione tra la ragion di Stato economica e quella che attiene alle regole della convivenza, ai famosi principi di Giustiniano?
Sarebbe, forse, questa l’occasione per fissare definitivamente dei punti fermi sui condoni, escludendone formalmente, con un preciso impegno in Parlamento, il varo in futuro ( dopo aver deciso sul quater) o, comunque, assoggettandone l’adozione a un rafforzato quorum parlamentare. Sarebbe un modo per evitare che, da subito, trovi spazio l’aspettativa di un ulteriore provvedimento di sanatoria.
Intanto, possiamo anche guardare alla “rosa”, come accennato, con maggiore intensità, per il risultato conseguito, ma senza dimenticare le spine e la necessità di operare con maggiore energia nei confronti dei paesi off-shore, in raccordo con l’azione di contrasto promossa a livello internazionale.
La lotta ai paradisi legali e fiscali promossa dalle decisioni del G.20 di Londra è stata colta, non solo in Italia, come l’occasione per incentivare il rientro dei capitali irregolarmente esportati in paesi inquadrabili nei centri off-shore, anche in quelli non definibili tali a pieno titolo. Nulla da eccepire. Anzi, si è trattato di un efficace tempismo. Non è mancato, tuttavia, un po’ di confusione e anche di azzardo nella gestione di alcuni rapporti interstatuali, in particolare con la Svizzera e con San Marino.
Poiché l’azione di contrasto deve portare al superamento dei “ paradisi“ , in particolare alla loro progressiva trasmigrazione dalla lista nera dell’Ocse, si offriva l’opportunità di un rientro agevolato, prima dell’adozione di misure severe per coloro che avessero continuato a detenere le loro attività nei centri anzidetti dopo le decisioni del G.20. Da noi il rientro è stato previsto in forma anonima – primo, rilevante elemento distintivo ed emblematico del modo in cui l’intento di conseguire un risultato economicamente assai apprezzabile è bilanciato da una soluzione non certo esaltante sul piano dello stretto diritto - e previo assolvimento di una imposta del 5 per cento, diffusamente giudicata esigua( seconda caratterizzazione ), sulla base di raffronti internazionali, per la verità non sempre pacifici.
E’ pur vero che una nuova misura, penalizzatrice per i capitali irregolarmente investiti all’estero, è stata adottata contestualmente al varo del condono e consiste, per quei capitali, nella presunzione di evasione fiscale con inversione, dunque, per il possessore, dell’onere della prova. Ma si sarebbe potuto fare di più, come pure era stato richiesto su queste colonne ricordando la scelta che fu operata quando,negli anni settanta, trasformando l’illecito valutario da amministrativo in penale, fu stabilito, con un condono, un periodo di tempo entro il quale sarebbe stato possibile fare rientrare i capitali illegittimamente esportati, dopodiché sarebbero scattate le rafforzate sanzioni penali. La scelta del Governo si è mossa lungo questa linea, ma le penalizzazioni che scatteranno dopo la fine del periodo interessato allo scudo si limitano alla ricordata inversione dell’onere della prova.
Era, invece, possibile introdurre un più aspro regime antievasione, nonché un forte rigore penale. Così come occorreva dettare una disciplina che non presentasse delle ampie aree di esenzione per la segnalazione di operazioni anomale ai fini dell’antiriciclaggio.
Certo, con le maggiori sanzioni prospettiche di natura penale si sarebbe avuto l’effetto probabilmente di stimolare di più i rientri, ma non altrettanto sarebbe avvenuto se si fosse stati assolutamente rigorosi sul piano dell’antiriciclaggio, vulnerato “ ab origine” con la previsione dell’anonimato delle operazioni e con la copertura dei reati fiscali, societari, contabili, presupposto, frequentemente, di reati di riciclaggio. Nuovamente, dunque, l’opposizione tra economia e diritto: se si vuole il successo dei rientri a tutti i costi, si viene anche ad accettare – così sembra ragioni il Governo – la lesione di un giusto ordine normativo.
In ogni caso,” factum infectum fieri nequit”, dicevano i latini; ora l’operazione scudo” è completata e occorrerà decidere come impiegare l’extra- gettito che, in parte, era stato verosimilmente già previsto dell’Esecutivo, essendo stato programmato allo scopo, nelle scorse settimane, un provvedimento da adottare entro la fine dell’anno o per gli inizi del 2010. Sarebbe, a tal proposito, opportuno evitare la consueta pioggia degli stanziamenti, secondo le antiche logiche clientelari, oggi pur rivedute e corrette, e fissare un ordine di priorità dei sostegni tra imprese e famiglie, con precise finalizzazioni di stimolo alla domanda aggregata. Una scelta adeguata dei settori da incentivare, insomma, valorizzerebbe il successo economico dello “ scudo”.
Ma questa vicenda non è ancora conclusa. Intanto , sarà possibile completare entro il 31 dicembre 2010 le operazioni di sanatoria che siano state regolarmente iniziate e poi siano state impedite da una causa ostativa da dimostrare. Ma, quel che più interessa, si ipotizza un rinnovo del condono per un altro semestre con nuove condizioni, in particolare con il pagamento di una imposta maggiore.
Insomma, si tratterebbe – data la nuova, distinta configurazione - di una sorta di condono quater, che però manterrebbe i profili normativi del condono ter che hanno suscitato critiche e perplessità. Non sarebbe possibile, ora, approfittare della richiesta di una nuova sanatoria che verrebbe anche dal mondo bancario per rafforzare gli aspetti sanzionatori per il periodo successivo all’operatività dello scudo ter?
E, prima ancora, si è valutato che questa spinta al rinnovo della sanatoria è il frutto collaterale dei provvedimenti di condono, con uno che tira l’altro, secondo una interminabile catena che affievolisce la certezza del diritto e sospinge a comportamenti non regolari proprio nell’aspettativa della immancabilmente prossima sanatoria?
E’, questo, un ragionamento elitario – si potrebbe osservare - avendo lo Stato bisogno di risorse, che in tal modo vengono raccolte senza imporre nuove tasse ai cittadini. Ma non si é, così, in presenza,ancora una volta, di un’opposizione tra la ragion di Stato economica e quella che attiene alle regole della convivenza, ai famosi principi di Giustiniano?
Sarebbe, forse, questa l’occasione per fissare definitivamente dei punti fermi sui condoni, escludendone formalmente, con un preciso impegno in Parlamento, il varo in futuro ( dopo aver deciso sul quater) o, comunque, assoggettandone l’adozione a un rafforzato quorum parlamentare. Sarebbe un modo per evitare che, da subito, trovi spazio l’aspettativa di un ulteriore provvedimento di sanatoria.
Intanto, possiamo anche guardare alla “rosa”, come accennato, con maggiore intensità, per il risultato conseguito, ma senza dimenticare le spine e la necessità di operare con maggiore energia nei confronti dei paesi off-shore, in raccordo con l’azione di contrasto promossa a livello internazionale.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.