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Un buon motivo per sottoscrivere

Nuova legge elettorale: mettiamoci la firma

di La redazione - 20 giugno 2011

Prima le amministrative e i referendum, adesso Pontida e (more solito) le inchieste giudiziarie. Senza dimenticare le vicende internazionali, con in testa la Grecia e i possibili contagi di crisi finanziaria. Sono tante le gocce che possono far traboccare il vaso, già stracolmo, di Berlusconi e del suo governo. Ma quale che sia il motivo che porrà fine alla legislatura, prima o meno della sua scadenza naturale, una cosa è sicura: bisogna evitare di andare a votare con la legge elettorale attuale. Di questo hanno cominciato a rendersi conto anche maggioranza e opposizioni, inducendo alcuni a tirare fuori dai cassetti vecchie idee e proposte.

Ma è logico ipotizzare che in questo caos il Parlamento sappia imboccare la strada di una riforma, e per di più condivisa come è giusto che sia? Meglio non farsi illusioni. Per questo l’unico modo per cancellare l’orrido “porcellum” è mobilitare la società civile attraverso il solo strumento che ha a disposizione: il referendum abrogativo. Il quale può produrre o un effetto diretto – si raccolgono le firme, si vota e si vince – o un risultato indiretto, e cioè che il Parlamento legiferi sotto la spinta della mobilitazione. E siccome la consultazione può solo essere abrogativa, si tratta di cancellare della legge che porta la firma di Calderoli tutti gli aspetti peggiori, facendo in modo che ciò che residua sia una legge magari imperfetta ma di sicuro molto meno peggio dell’attuale versione.

Per questo Società Aperta, nella persona del suo Presidente Enrico Cisnetto, ha deciso di partecipare attivamente all’iniziativa referendaria “Io Firmo – riprendiamoci il voto”, che fa capo ad un movimento presieduto da Stefano Passigli (docente di Scienza della Politica all’Università di Firenze, editore, già parlamentare) cui hanno aderito una quarantina di grandi personalità del mondo della cultura, dell’economia e delle professioni. Tra queste, oltre a Passigli, c’erano Giovanni Sartori, Enzo Cheli, Tullio De Mauro, Andrea Carandini e Gustavo Visentini alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, che muoverà i suoi primi passi fra qualche giorno, non appena la macchina organizzativa sarà messa a punto.

Ma in cosa consiste la proposta? Raggruppata sotto tre diversi quesiti referendari, cancella le quattro aberrazioni della legge elettorale approvata in fretta e furia poco prima delle elezioni del 2006. Semplificando: le liste bloccate; un premio di maggioranza spropositato; una soglia di sbarramento troppo bassa; l’obbligo di indicazione del candidato premier. Vediamole nel dettaglio.

Prima di tutto il porcellum riduce fortemente il potere decisionale degli elettori attraverso il clientelare sistema delle liste. Non solo chi vota non può decidere chi vuole mandare in parlamento, ma, anzi, contribuendo suo malgrado ad affollare Camera e Senato di “nominati”, altera l’equilibrio dei poteri perché rende le camere impotenti al cospetto di governo e presidente del Consiglio. Una situazione che stiamo già vivendo – vedi la vicenda dei cosiddetti Responsabili – e che va cancellata ad ogni costo. In secondo luogo, il premio di maggioranza.

Per cancellarlo basterebbe il fatto che non esiste in nessun altro Paese, almeno in questi termini. Attribuendo il 55% dei seggi alla lista che ottiene anche un solo voto in più degli altri, si costringono i partiti maggiori a una deprimente questua alla ricerca di un pugno di consensi. Cosa che ha come diretta conseguenza la nascita di coalizioni monstre, e dunque inevitabilmente farraginose, con l’estrema conseguenza di bloccare ogni attività di governo. È accaduto nel 2006 con il governo Prodi, è successo a più riprese nei governi Berlusconi.

Terzo punto. L’attuale soglia di sbarramento al 2% per le liste collegate in coalizione non fa altro che rendere ancora più confusa e instabile la situazione, contribuendo alla frammentazione. Sarebbe invece auspicabile – ed è quanto proponiamo – una Camera eletta con sistema proporzionale, senza alcun premio di maggioranza e con una soglia di sbarramento al 4%.

Il Senato, invece, verrebbe eletto su base regionale con metodo proporzionale, senza premio di maggioranza in collegi uninominali, con una soglia di sbarramento determinata dall’ampiezza delle Circoscrizioni. Senza contare che gli eletti non verrebbero più scelti tra i nominati dei segretari di partito ma tra i candidati attraverso la preferenza unica. Infine, l’indicazione del candidato premier è una forzatura che propone almeno due gravi problematiche: una diminutio del ruolo del Presidente della Repubblica, tra le cui prerogative c’è la scelta del premier senza condizionamenti di sorta; e una velata e implicita trasformazione del nostro sistema da parlamentare a semipresidenziale, senza però i contrappesi che esistono in un sistema presidenziale.

L’indicazione del candidato premier è quindi un ulteriore sassata agli equilibri dei poteri sanciti dalla Costituzione. Il referendum abrogativo è per sua natura imperfetto, ma in questo caso è l’unica arma che gli italiani hanno in mano per evitare che anche la prossima legislatura appartenga alla funesta Seconda Repubblica. Un buon motivo per metterci la firma.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.