Italia da rifondare
Terza Repubblica. Adesso!
I cittadini chiedano a gran voce che si convochi l’Assemblea costituente della Terza Repubblica, che si introduca finalmente in Italia una democrazia partecipata. Altre strade non ce ne sono.di Angelo Romano - 03 ottobre 2012
Con la seconda guerra mondiale l’Europa decise di suicidarsi. I vincitori, come di recente è stato replicato in Afghanistan, esportarono ed imposero la democrazia ai vinti.
La democrazia italiana è figlia di quella scelta, non della maturazione consapevole di un popolo.
Difatti in quegli anni, metà del popolo italiano anelava a farsi satellite dell’impero sovietico, l’altra metà ambiva a restare “suddita” di una monarchia senza gloria.
Nacque così, con un referendum pilotato, la Repubblica.
I Padri costituenti dovettero faticare non poco per trovare un punto di compromesso “democratico” tra i vari interessi in gioco: quelli dei vincitori che volevano preservare la giusta influenza conquistata con le armi ed evitare qualunque pericolo di ritorno alla dittatura e quelli dei vinti e di coloro che, per essersi schierati per tempo dalla parte dei vincitori, ambivano a diventare – e divennero - élite dominante.
Il risultato fu la Costituzione che, da allora, scandisce ritmi e rituali della “democrazia” italiana.
Visti il punto di partenza e la genesi, non ci si può stupire, oggi, se la democrazia si è avvitata su se stessa ed è a rischio di implosione.
Il Parlamento funziona, con lentezza esasperante, poco e male, oltre ad essere pieno di indiziati ed inquisiti. E’ stato incapace, insieme ai Governi, di dare al Paese le riforme di cui aveva bisogno e, spesso, è diventato strumento di autotutela castale o di tutela di interessi diversi da quello dei cittadini.
Le poche riforme varate si sono rivelate dannosissime, come quella del Titolo V che, nel nome di uno sconsiderato federalismo, ha trasformato le Regioni in autonomi staterelli spendaccioni.
Perdura, da oltre un ventennio, un conflitto tra politica e giustizia, esacerbato dall’incapacità di riformare della politica e da indebiti sconfinamenti della magistratura.
Intanto 35.000 fattispecie di reato, non meno di 150.000 leggi vigenti, unitamente a costi e lentezza insopportabili della giustizia, avviliscono le libertà civili. Le altre istituzioni centrali, tutte comunque elefantiache, si barcamenano come possono.
La politica, nel momento di maggiore difficoltà per il Paese, ha dato forfait, non ha trovato di meglio che passare la patata bollente ad un governo “tecnico”, per insipienza e per paura di maggiore impopolarità.
La sola cosa di cui è stata davvero capace è la copertura della corruzione e la moltiplicazione delle istituzioni e dei costi della “democrazia”: Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Comunità montane e isolane, Enti d’ambito, società partecipate dagli enti pubblici, Autorità, Agenzie, Enti, Associazioni di rappresentanza degli enti, Commissioni, Garanti e un’infinità di paraistituzioni minori che vanno dai Caf ai patronati, dagli Enti bilaterali alle centrali sindacali e cooperative.
La spesa pubblica ha rotto ogni ragionevole argine e rischia di soffocare persino la speranza di futuro. “Regionopoli” è solo la punta dell’iceberg costituito dalla orribile metastasi di una democrazia malata che ha già prodotto gli innumerevoli scandali che costellano la storia repubblicana.
In questo vespaio impazzito rischia di non salvarsi nessuno, nemmeno gli uomini onesti e capaci.
Il vento dell’antipolitica non discerne, spazza via. E al peggio non c’è mai fine.
E’ tempo di reagire, di volere con forza la Terza Repubblica. Adesso! I cittadini sono ormai maturi per pretendere dalla politica un atto estremo di resipiscenza, chiedano a gran voce che si convochi l’Assemblea costituente della Terza repubblica, che si riscriva la Costituzione, che è il sistema di regole da cui scaturiscono tutte le altre, che si introduca finalmente in Italia una democrazia partecipata, rispondente ai tempi e reale. Altre strade non ce ne sono.
La democrazia italiana è figlia di quella scelta, non della maturazione consapevole di un popolo.
Difatti in quegli anni, metà del popolo italiano anelava a farsi satellite dell’impero sovietico, l’altra metà ambiva a restare “suddita” di una monarchia senza gloria.
Nacque così, con un referendum pilotato, la Repubblica.
I Padri costituenti dovettero faticare non poco per trovare un punto di compromesso “democratico” tra i vari interessi in gioco: quelli dei vincitori che volevano preservare la giusta influenza conquistata con le armi ed evitare qualunque pericolo di ritorno alla dittatura e quelli dei vinti e di coloro che, per essersi schierati per tempo dalla parte dei vincitori, ambivano a diventare – e divennero - élite dominante.
Il risultato fu la Costituzione che, da allora, scandisce ritmi e rituali della “democrazia” italiana.
Visti il punto di partenza e la genesi, non ci si può stupire, oggi, se la democrazia si è avvitata su se stessa ed è a rischio di implosione.
Il Parlamento funziona, con lentezza esasperante, poco e male, oltre ad essere pieno di indiziati ed inquisiti. E’ stato incapace, insieme ai Governi, di dare al Paese le riforme di cui aveva bisogno e, spesso, è diventato strumento di autotutela castale o di tutela di interessi diversi da quello dei cittadini.
Le poche riforme varate si sono rivelate dannosissime, come quella del Titolo V che, nel nome di uno sconsiderato federalismo, ha trasformato le Regioni in autonomi staterelli spendaccioni.
Perdura, da oltre un ventennio, un conflitto tra politica e giustizia, esacerbato dall’incapacità di riformare della politica e da indebiti sconfinamenti della magistratura.
Intanto 35.000 fattispecie di reato, non meno di 150.000 leggi vigenti, unitamente a costi e lentezza insopportabili della giustizia, avviliscono le libertà civili. Le altre istituzioni centrali, tutte comunque elefantiache, si barcamenano come possono.
La politica, nel momento di maggiore difficoltà per il Paese, ha dato forfait, non ha trovato di meglio che passare la patata bollente ad un governo “tecnico”, per insipienza e per paura di maggiore impopolarità.
La sola cosa di cui è stata davvero capace è la copertura della corruzione e la moltiplicazione delle istituzioni e dei costi della “democrazia”: Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Comunità montane e isolane, Enti d’ambito, società partecipate dagli enti pubblici, Autorità, Agenzie, Enti, Associazioni di rappresentanza degli enti, Commissioni, Garanti e un’infinità di paraistituzioni minori che vanno dai Caf ai patronati, dagli Enti bilaterali alle centrali sindacali e cooperative.
La spesa pubblica ha rotto ogni ragionevole argine e rischia di soffocare persino la speranza di futuro. “Regionopoli” è solo la punta dell’iceberg costituito dalla orribile metastasi di una democrazia malata che ha già prodotto gli innumerevoli scandali che costellano la storia repubblicana.
In questo vespaio impazzito rischia di non salvarsi nessuno, nemmeno gli uomini onesti e capaci.
Il vento dell’antipolitica non discerne, spazza via. E al peggio non c’è mai fine.
E’ tempo di reagire, di volere con forza la Terza Repubblica. Adesso! I cittadini sono ormai maturi per pretendere dalla politica un atto estremo di resipiscenza, chiedano a gran voce che si convochi l’Assemblea costituente della Terza repubblica, che si riscriva la Costituzione, che è il sistema di regole da cui scaturiscono tutte le altre, che si introduca finalmente in Italia una democrazia partecipata, rispondente ai tempi e reale. Altre strade non ce ne sono.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.