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L’errore dei Ds è di essersi berlusconizzati

Terza Repubblica: a ciascuno il suo

Per uscire dal bipolarismo bastardo è necessario che ognuno faccia ciò che sa fare

di Antonio Gesualdi - 09 gennaio 2006

Ognuno torni a fare la propria parte, purché sappia farla.
Non siamo di fronte ad una nuova tangentopoli perché non sono sotto attacco i partiti di governo, ma, caso mai, un partito dell"opposizione. A me pare una differenza fondamentale.

Il sistema politico italiano è ad una svolta decisiva: è in via di distruzione il bipolarismo bastardo che non garantisce, come nelle promesse, la governabilità ed è in via di affermazione un nuovo assetto che dovrebbe prevedere - come in tutte le democrazie occidentali normali - almeno tre partiti o tre grandi aree di riferimento. Un"area di mentalità socialista, una di mentalità conservatrice e una che afferisce alla cultura religiosa. I sistemi anglosassoni e quelli comunisti non hanno mai espresso grande rilevanza politica per quest"ultima area culturale, ma noi non siamo né anglosassoni né comunitari.

Dunque in Italia il bipolarismo è una forzatura che oggi, sbriciolandosi, crea gli effetti di disgregazione ai quali stiamo assistendo. Il partito fascista è stato un partito unico in risposta alla frammentazione precedente. La Dc e il Pci sono stati partiti di massa derivati da quel partito unico. Grandi masse, grandi partiti. Oggi non possiamo tornare indietro - non ci torneremo - ma non possiamo neppure pensare di riproporre la frammentazione senza porci il problema della governabilità.

Oggi la costruzione di un"area politico-culturale di sinistra distinta da una di centro e una di destra pone problemi, quasi esclusivamente, al partito di Massimo D"Alema e Piero Fassino. E noi al posto di parlare di questo veniamo indotti ad occuparci della barchetta di D"Alema!

In Italia non c"è popolazione al voto sufficiente per sostenere tre grandi partiti e soprattutto non c"è distribuzione di aree culturali nazionali sufficienti per arrivare in modo indolore alla realizzazione di questo processo. L"unico partito nazionale che può permettere, in prospettiva, questo riposizionamento del sistema politico è quello dei Ds che, però, si trova di fronte al problema di una nuova elaborazione: i massimalisti verso sinistra e i riformisti verso il centro. Soltanto in questo modo si potrà aspirare ad avere nel nostro Paese una sufficiente popolazione al voto in grado di decidere, volta per volta, sia la maggioranza sia il cambio di queste maggioranze e quindi l"alternanza di governo e assicurare la governabilità.

In soldoni questo significa che i concittadini delle regioni rosse, dell"Italia centrale, devono "liberalizzare" il proprio voto come già fanno gli italiani del Sud, delle isole e del Nordovest. E come dovranno imparare a fare anche gli italiani del Nordest. Ma mentre il Nordest ha soltanto 6,5 milioni di abitanti e quindi se non si adegua rischia solo la marginalità politica, ma non intacca l"andamento generale (come accade oggi nella Spagna pacificata con l"autonomismo), il Centro Italia omogeneo a sinistra rischia di bloccare ancora il Paese e soprattutto di bloccare le dinamiche politiche alle vecchie concezioni ideologiche destra/sinistra, comunismo/fascismo, capitalismo/comunitarismo eccetera, eccetera.

Dunque perché si realizzi un nuovo sistema politico adeguato al millennio che vorremmo vivere il partito di riferimento degli italiani che abitano nel Centro Italia deve andare incontro ad una nuova elaborazione. Se gli italiani del Sud, Isole e Nordovest possono votare, alternativamente, sia a destra che a sinistra - e questa liberalità è storicamente e abbondantemente dimostrata - anche quelli dell"Italia centrale dovrebbero assicurarci di essere disponibili ad alternare il proprio voto. Solo così possiamo diventare un Paese normale altrimenti dovremo continuare ancora sulle strade della precarietà politica. L"alternanza di governo non è nelle leggi elettorali, ma nel voto dei singoli elettori.

Il tentativo di questi mesi che stiamo vivendo di promuovere un "capitalismo comunitario" (Giuliano Poletti, presidente Lega Coop, intervista al Corriere del 13 agosto) originato dal sistema delle cooperative corrisponde ad una elaborazione ideologica secondo la quale siccome a destra il partito-azienda ha portato al berlusconismo a sinistra, per colpo su colpo, andrebbe accentuato il partito-cooperativa.

Insomma bisognava rendere più solida, organica, finanziabile in modo certo e strutturata la rappresentanza di sinistra per opporsi a quella di un partito-aziendale fortemente organico al modello anglo-americano. Un passo avanti per farne 100 indietro... e tornare all"Ottocento!

Il progetto sarebbe stato anche logico se ogni settore sociale, dagli imprenditori ai commercianti, dai coltivatori ai banchieri, agli editori avessero - organicamente - deciso di non fare più ognuno il proprio mestiere, ma vivere di commistioni, di welfare a pioggia, di denaro pubblico, di debito pubblico!

Se, invece, ognuno per scelta e soprattutto per necessità si sarà convinto che - soprattutto in un"era globalizzata - dovrà tornare a fare il proprio mestiere, ad occuparsi di ciò che sa fare (non si capisce, infatti, come sia possibile che a dirigere banche, assicurazioni eccetera ci siano semplici ragionieri come nell"Ottocento oppure ingegneri o imprenditori) allora il sistema possibile sul quale stavano lavorando alcuni diessini, le coop e Unipol è abortito. Come non è mai esistito il partito-azienda ma un partito che ha raccolto i voti in libera uscita di democristiani e socialisti che stavano dissanguando i produttori di risorse di questo Paese.

Alla nostra, sperata, Terza Repubblica manca il terzo polo!
Solo da qui possiamo ripartire. Ma per fare il terzo polo ognuno deve avere la forza e il coraggio di tornare a fare solo quello che sa fare... se lo sa fare!

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