Noi siamo ancora nel pieno della recessione
Strani ottimismi
Leggiamo bene i dati. Esiste una specifica “crisi italiana” che non lascia ben speraredi Enrico Cisnetto - 13 novembre 2009
Da un lato c’è la ripresa economica mondiale. Dall’altro c’è la costante caduta della produzione industriale italiana. Altro che super-indice Ocse e sorpasso (falso) sulla Gran Bretagna: noi siamo ancora nel pieno della recessione. Vediamo i dati.
L’avvio della ripresa è ormai generalizzato: nei paesi Ocse l’indicatore che anticipa la tendenza è in ascesa da ormai 6 mesi
negli Usa e da 7 nell’Eurozona, ed ha raggiunto i massimi da un anno.
Infatti, aumentano gli ordinativi, premessa di più alta produzione futura, ed è previsto un incremento significativo delle scorte, soprattutto nel manifatturiero, dopo che le recenti variazioni positive della domanda avevano svuotato i magazzini senza riflettersi subito sulla produzione. Nello stesso tempo si è consolidata la ripresa del commercio mondiale (a luglio +3,5% su giugno), sebbene i volumi restino del 16% al di sotto del picco toccato nell’aprile 2008. A guidare il recupero della domanda internazionale è l’Asia, Giappone compreso (il suo export ha registrato un +9% a luglio su giugno, nonostante lo yen si sia rivalutato di oltre il 20% in dodici mesi).
E non è un fenomeno estivo: anche in autunno l’andamento degli ordini dall’estero – in particolare, a settembre, sono molto aumentate le commesse per l’export in Usa, Cina, Giappone e India – fa prevedere ulteriori forti progressi negli scambi globali. Tanto che in Cina e India, dove la crescita è in atto da oltre sei mesi, la produzione industriale è tornata ai livelli e ai ritmi pre-crisi (da marzo ad agosto +23,2% in Cina e +15,2% in India).
Bene anche il Brasile, e persino in Russia si scorgono segnali di miglioramento. Quanto all’Europa, i fenomeni sono dello stesso segno ma attenuati. L’ultimo dato è quello della produzione industriale di settembre, che è rimasto col segno positivo dopo la buona performance di agosto, anche se su base annua (cioè rispetto al settembre 2008) il calo è del 12,9% nell’area euro e del 12,1% nella Ue-27.
E l’Italia? A fronte di questi segnali internazionali, la nostra produzione è caduta a settembre del 5,3%, il peggiore risultato tra i 27 paesi europei. Rispetto ad un anno prima, il calo è del 15,7%, che diventa 21,2% se si considera il picco dell’aprile 2008. E la Confindustria nelle sue rilevazioni ci dice che a ottobre la produzione grezza è scesa del 14% su 12 mesi e che la produzione media giornaliera, sempre rispetto all’ottobre 2008, è diminuita dell’11,9%.
Quanto agli ordini sono a zero complessivamente, m ci sono punte spaventose, come -51,6% fatto registrare dal settore delle macchine utensili nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, dopo che nel trimestre precedente la caduta degli ordinativi era già stata del 63,1%. E la produzione di beni strumentali, che nei primi nove mesi dell’anno si è dunque dimezzata dopo aver inanellato se trimestri consecutivi di calo, per il nostro capitalismo è sempre stata decisiva.
Non solo. La conferma del “fermo macchine” viene anche dai dati di Terna sui consumi di elettricità: a ottobre -5,1% rispetto a 12 mesi prima (-4,6% a parità di giorni di lavoro e di temperatura media). Complessivamente il fabbisogno di kilowattora nei primi dieci mesi del 2009 ha registrato un calo del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2008 (-6,8% a parità di giorni lavorativi).
E che il calo sia imputabile ai consumi industriali e non a quelli delle famiglie lo testimonia la variazione della domanda a livello territoriale: -7,1% al Nord, dove più alta è la concentrazione di impianti produttivi, a fronte di -3,8% al Centro e -1,5% al Sud. Di conseguenza, sono in ritardo rispetto al rilancio globale le esportazioni made in Italy, quelle su cui abbiamo sempre contato considerato che da anni i consumi interni sono plafonati: -7,7% in agosto su luglio, il che significa -25% su base annua.
Ancora peggiori (-26,1%) le importazioni Forse sono stato noioso e pedante con tutti questi numeri, ma è bene averli a mente visto che quotidianamente ci si ritrova al cospetto della retorica ottimistica sulla migliore condizione dell’Italia nel contesto internazionale. Non è così, l’andamento della congiuntura parla chiaro. E se a questo si aggiunge il fatto che l’Italia è l’unico paese, con il Giappone, ad essere stato già in recessione nel 2008 e che negli anni che vanno dal 1992 al 2007 ha accumulato un gap nella crescita del pil di 15 punti rispetto ad Eurolandia e di 35 nei confronti degli Stati Uniti, se ne deduce non solo che non è il caso di indulgere all’ottimismo di maniera ma anche e soprattutto che esiste una specifica “crisi italiana” che certo la crisi mondiale non ha sanato, ammesso che non l’abbia aggravata.
Infatti, aumentano gli ordinativi, premessa di più alta produzione futura, ed è previsto un incremento significativo delle scorte, soprattutto nel manifatturiero, dopo che le recenti variazioni positive della domanda avevano svuotato i magazzini senza riflettersi subito sulla produzione. Nello stesso tempo si è consolidata la ripresa del commercio mondiale (a luglio +3,5% su giugno), sebbene i volumi restino del 16% al di sotto del picco toccato nell’aprile 2008. A guidare il recupero della domanda internazionale è l’Asia, Giappone compreso (il suo export ha registrato un +9% a luglio su giugno, nonostante lo yen si sia rivalutato di oltre il 20% in dodici mesi).
E non è un fenomeno estivo: anche in autunno l’andamento degli ordini dall’estero – in particolare, a settembre, sono molto aumentate le commesse per l’export in Usa, Cina, Giappone e India – fa prevedere ulteriori forti progressi negli scambi globali. Tanto che in Cina e India, dove la crescita è in atto da oltre sei mesi, la produzione industriale è tornata ai livelli e ai ritmi pre-crisi (da marzo ad agosto +23,2% in Cina e +15,2% in India).
Bene anche il Brasile, e persino in Russia si scorgono segnali di miglioramento. Quanto all’Europa, i fenomeni sono dello stesso segno ma attenuati. L’ultimo dato è quello della produzione industriale di settembre, che è rimasto col segno positivo dopo la buona performance di agosto, anche se su base annua (cioè rispetto al settembre 2008) il calo è del 12,9% nell’area euro e del 12,1% nella Ue-27.
E l’Italia? A fronte di questi segnali internazionali, la nostra produzione è caduta a settembre del 5,3%, il peggiore risultato tra i 27 paesi europei. Rispetto ad un anno prima, il calo è del 15,7%, che diventa 21,2% se si considera il picco dell’aprile 2008. E la Confindustria nelle sue rilevazioni ci dice che a ottobre la produzione grezza è scesa del 14% su 12 mesi e che la produzione media giornaliera, sempre rispetto all’ottobre 2008, è diminuita dell’11,9%.
Quanto agli ordini sono a zero complessivamente, m ci sono punte spaventose, come -51,6% fatto registrare dal settore delle macchine utensili nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, dopo che nel trimestre precedente la caduta degli ordinativi era già stata del 63,1%. E la produzione di beni strumentali, che nei primi nove mesi dell’anno si è dunque dimezzata dopo aver inanellato se trimestri consecutivi di calo, per il nostro capitalismo è sempre stata decisiva.
Non solo. La conferma del “fermo macchine” viene anche dai dati di Terna sui consumi di elettricità: a ottobre -5,1% rispetto a 12 mesi prima (-4,6% a parità di giorni di lavoro e di temperatura media). Complessivamente il fabbisogno di kilowattora nei primi dieci mesi del 2009 ha registrato un calo del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2008 (-6,8% a parità di giorni lavorativi).
E che il calo sia imputabile ai consumi industriali e non a quelli delle famiglie lo testimonia la variazione della domanda a livello territoriale: -7,1% al Nord, dove più alta è la concentrazione di impianti produttivi, a fronte di -3,8% al Centro e -1,5% al Sud. Di conseguenza, sono in ritardo rispetto al rilancio globale le esportazioni made in Italy, quelle su cui abbiamo sempre contato considerato che da anni i consumi interni sono plafonati: -7,7% in agosto su luglio, il che significa -25% su base annua.
Ancora peggiori (-26,1%) le importazioni Forse sono stato noioso e pedante con tutti questi numeri, ma è bene averli a mente visto che quotidianamente ci si ritrova al cospetto della retorica ottimistica sulla migliore condizione dell’Italia nel contesto internazionale. Non è così, l’andamento della congiuntura parla chiaro. E se a questo si aggiunge il fatto che l’Italia è l’unico paese, con il Giappone, ad essere stato già in recessione nel 2008 e che negli anni che vanno dal 1992 al 2007 ha accumulato un gap nella crescita del pil di 15 punti rispetto ad Eurolandia e di 35 nei confronti degli Stati Uniti, se ne deduce non solo che non è il caso di indulgere all’ottimismo di maniera ma anche e soprattutto che esiste una specifica “crisi italiana” che certo la crisi mondiale non ha sanato, ammesso che non l’abbia aggravata.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.