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Il sistema di tracciabilità dei rifiuti

Sistri

Avrà tanti difetti, ma è più pulito di molti sui detrattori

di Enrico Cisnetto - 13 maggio 2012

Non si può confondere uno strumento dall’utilizzo che se ne fa, ma noi italiani amiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca. Per esempio, il Sistema integrato per la sicurezza e la tracciabilità dei rifiuti (Sistri) è una innovazione che consente di sostituire con una tecnologia unica al mondo le procedure cartacee per le imprese che operano nel settore, mettendo in condizione chi lo gestisce di tracciare il percorso dei rifiuti, anche al di là dei confini, dalla nascita fino alla discarica o alla loro trasformazione. Insomma, un sistema che può fare da contraltare al disastro della gestione italiana dei rifiuti – scarti industriali nelle riserve naturali, rifiuti tossici nel Mediterraneo, roghi per le strade di Napoli – il cui corollario sono le spese per mandare treni stracarichi di immondizia all’estero. Senza contare che il Sistri rappresenta uno strumento efficace sia per combattere la presenza della criminalità organizzata nel business dei rifiuti – la tracciabilità è il nemico numero uno delle eco-mafie – sia per monitorare fiscalmente le imprese e far emergere il “nero”, visto che pesare rifiuti e scarti di lavorazione consente di “misurare” produzione e fatturato. Peccato, però, che i due grandi vantaggi “collaterali” che il Sistri assicura diano fastidio a coloro che hanno sempre sfruttato l’opacità derivante da controlli solo burocratici. E che per tutta risposta siano partiti vari fuochi di sbarramento. Alcuni agitano la denuncia di presunte malversazioni. Se ci sono, siano colpite, ci mancherebbe altro, ma si eviti di criminalizzare il sistema in sé. Anche perché il fatto che controllo ultimo del Sistri sia affidato al Nucleo Ambientale dei Carabinieri (Noe) dovrebbe essere più che una garanzia, mentre alzare dei sospetti su questo lascia pensare che ci sia strumentalità. Si è anche detto che il Sistri non funziona. Ma Legambiente, con un test effettuato recentemente a Caserta attraverso la rivista “Nuova Ecologia”, ne ha promosso il funzionamento. E comunque, quando è effettivamente andato in tilt (maggio 2011) è perché al suo esordio qualcuno s’inventò (in buona o cattiva fede, chissà) un demenziale “click day” nel quale tutti usarono il sistema nello stesso istante, con l’inevitabile conseguenza di farlo esplodere. Ma tant’è, da allora è luogo comune dire che il Sistri fa schifo. Come luoghi comuni sono la denuncia che costi troppo alle aziende – ma è da dieci anni che esse pagano l’inutile sistema cartaceo, mentre quello digitale costa meno – e che a suo tempo la commessa per la sua realizzazione, affidata al gruppo Finmeccanica, non sia stata frutto di gara perché oggetto di una misteriosa secretazione. Cosa non vera, perché la segretezza del Sistri, come nel caso di molti progetti militari e di sicurezza nazionale, protegge le specifiche tecniche, mentre la mancanza della gara d’appalto si spiega con il fatto che quell’attività è un servizio in regime di concessione che poteva essere svolto solo da chi possiede la privativa o il relativo brevetto industriale.

Insomma, il Sistri, oltre a garantire il trasportatore onesto, semplifica gli adempimenti per le aziende, riducendone i costi. Allora, si fa peccato o s’indovina a pensare che continuare a far slittare l’obbligatorietà del suo uso e la sanzione per chi lo evita (non è certo Finmeccanica a volerlo), favorisce chi sguazza nel traffico illecito dei rifiuti e nel sommerso? Il Sistri avrà pure dei difetti, ma è molto più “pulito” di alcuni dei suoi detrattori.

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