Autostrade: per malaprivatizzazione effettuata
Si poteva fare peggio? Difficile
L’obiettivo era fare cassa. Ma nessuno ha fatto i conti con il mercato e i consumatoridi Davide Giacalone - 18 ottobre 2006
Raccogliamo i frutti di un’altra malaprivatizzazione: i Benetton, giustamente, fanno i loro affari, le autostrade finiscono agli spagnoli, ed il governo italiano, dopo averle sparate grosse per bloccare l’operazione, manda il suo presidente ad annunciare il cedimento, portato quale gentile dono ad uno Zapatero che dispensa lezioni di mercato. Difficile immaginare di poterla gestire peggio.
La sorte di Autostrade segue quella di tutte le privatizzazioni realizzate con l’obiettivo di fare cassa e senza alcuna attenzione al mercato ed ai diritti di quelli che hanno pagato l’asfalto, gli autogrill, i cavi telefonici ed i satelliti, cioè i cittadini italiani. Si sono presi pezzi imponenti di patrimonio pubblico e li si sono trasferiti, ancora allo stato di monopoli, in tasche private. Si è incassato il corrispettivo (poco, rispetto a quello che valevano) e poi si è detto: adesso è roba privata, decida il mercato. Ed i Benetton hanno deciso di vendere quel che avevano comprato, per la semplice ragione che riescono ad incassare assai più di quello che hanno pagato. E’ questa la regola del mercato? Neanche per idea, questa è la malattia data da una politica insana ed incapace. Il che vale anche per il governo che ha consentito, ad Autostrade, di incassare maggiori tariffe per i pedaggi, senza assicurarsi e consentire che fossero fatti i promessi investimenti. Siamo noi automobilisti, con i nostri soldi, a rendere appetibile quella società che ci mette in fila per ore e neanche ci riserva una corsia per i pagamenti veloci.
Gli spagnoli comprano le nostre autostrade, questo è evidente fin dal primo momento, e lo avevo scritto. Il resto è fuffa. Il governo ha tentato un goffa opposizione, beccandosi pure qualche rimbrotto europeo. Adesso, di botto, cede. Non escludo che vi sia un nesso con un’altra malaprivatizzazione, quella di Telecom Italia, e non escludo che si chieda alla famiglia di Ponzano di investire là, dove sono soci, i soldi che prenderà qui (c’è un piano Rovati anche qui?). In attesa di saperlo prendiamo atto che per Prodi non ha senso parlare di italianità autostradale. Quindi: per le banche no, per Telecom sì, per Autostrade no. Una volta sì ed una no. E non si dica che non c’è del metodo, in quest’andazzo.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 18 ottobre 2006
La sorte di Autostrade segue quella di tutte le privatizzazioni realizzate con l’obiettivo di fare cassa e senza alcuna attenzione al mercato ed ai diritti di quelli che hanno pagato l’asfalto, gli autogrill, i cavi telefonici ed i satelliti, cioè i cittadini italiani. Si sono presi pezzi imponenti di patrimonio pubblico e li si sono trasferiti, ancora allo stato di monopoli, in tasche private. Si è incassato il corrispettivo (poco, rispetto a quello che valevano) e poi si è detto: adesso è roba privata, decida il mercato. Ed i Benetton hanno deciso di vendere quel che avevano comprato, per la semplice ragione che riescono ad incassare assai più di quello che hanno pagato. E’ questa la regola del mercato? Neanche per idea, questa è la malattia data da una politica insana ed incapace. Il che vale anche per il governo che ha consentito, ad Autostrade, di incassare maggiori tariffe per i pedaggi, senza assicurarsi e consentire che fossero fatti i promessi investimenti. Siamo noi automobilisti, con i nostri soldi, a rendere appetibile quella società che ci mette in fila per ore e neanche ci riserva una corsia per i pagamenti veloci.
Gli spagnoli comprano le nostre autostrade, questo è evidente fin dal primo momento, e lo avevo scritto. Il resto è fuffa. Il governo ha tentato un goffa opposizione, beccandosi pure qualche rimbrotto europeo. Adesso, di botto, cede. Non escludo che vi sia un nesso con un’altra malaprivatizzazione, quella di Telecom Italia, e non escludo che si chieda alla famiglia di Ponzano di investire là, dove sono soci, i soldi che prenderà qui (c’è un piano Rovati anche qui?). In attesa di saperlo prendiamo atto che per Prodi non ha senso parlare di italianità autostradale. Quindi: per le banche no, per Telecom sì, per Autostrade no. Una volta sì ed una no. E non si dica che non c’è del metodo, in quest’andazzo.
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Pubblicato su Libero del 18 ottobre 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.