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Verso il 2013

Senza riforme l'aiuto Bce è inutile

Per risolvere i problemi dell'Italia serve un Monti-bis "preventivo". La mossa di Draghi e della Bce serve solo per acquistare tempo. Ora quel tempo deve essere usato bene

di Enrico Cisnetto - 09 settembre 2012

Hanno ragione Monti e Grilli quando dicono che l’Italia, in questo momento, non ha bisogno di chiedere aiuto alla Bce. E ha ragione Roubini quando sostiene che, invece, sarà costretta a farlo (entro ottobre) la Spagna, che rispetto a noi è in deficit e ha il mercato immobiliare e il sistema bancario a pezzi.

Questo è dunque lo scenario europeo dopo la straordinaria decisione di Draghi di “comprare tempo” per mantenere ferma l’irreversibilità dell’euro e dar modo ai governi di avviare un piano di superamento strutturale sia delle asimmetrie tra paesi forti e deboli, sia della mancanza di una guida federale dell’eurozona, che è poi la ragione di fondo della crisi dell’eurosistema. .

Ma per quanto? È difficile credere che basti l’avanzo primario, tanto più se realizzato al prezzo di accentuare una recessione che già di suo è nettamente superiore a quella dei competitor, per reggere a lungo. Certo, nel breve, l’aspettativa positiva creata dall’apertura potenziale dell’ombrello salva-vita della Bce mitiga gli spread e potrebbe indurre una qualche ripresa degli investimenti, mettendo le banche nella condizione di allentare un poco la stretta creditizia. Ma è evidente che non basta. .

La vera scommessa – sia che si lanci l’help a Francoforte, perché ce lo porrebbero come condizione, sia in caso contrario, proprio per evitare di dover ricorrere all’aiuto della Bce – è quella di passare dagli interventi congiunturali anti-deficit (manovra contenitiva, spending review sugli eccessi e gli sprechi) ad un piano di riforme strategiche sia dal lato del risanamento finanziario (riduzione una tantum del debito, taglio strutturale delle maggiori voci di spesa come sanità e decentramento) sia da quello del rilancio dell’economia (investimenti pubblici, riduzione significativa della pressione fiscale su imprese e lavoro, pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso i privati).

Scommessa che passa per la soluzione della “questione politica” italiana, problema rimasto aperto nonostante la discontinuità rappresentata dal governo Monti. In queste ore si è fatta più forte la pressione per dare “continuità della discontinuità”. Bene. Ma sono tre le condizioni perché un Monti-bis possa davvero essere la ricetta giusta.

Primo: che si decida subito. L’incertezza sul futuro è quella che più ci condiziona, sia dal punto di vista della voglia di ripresa degli imprenditori (comprensibilmente sfiduciati e diffidenti, anche se portano la colpa delle deleghe politiche in bianco date nel recente passato) sia nel giudizio che i mercati hanno dell’Italia (oggi è ancora out). Dunque, se una risposta positiva e veloce disperde la nebbia che ci avvolge, tanto di guadagnato. Secondo: visto che sembra da escludere, anche se sarebbe auspicabile, che il premier promuova la nascita di un nuovo soggetto politico, di conseguenza il Monti-bis avrebbe bisogno di una larga convergenza di forze. Ma per essere forte e durare nel tempo, essa non può scaturire da un’eventuale empasse elettorale (non vince nessuno) ma deve rappresentare la scelta preventiva con cui i partiti che ci stanno si presentano agli italiani. Terzo: che il suo programma siano le riforme strutturali come mezzo per passare dall’emergenza (salviamo il Paese e con esso l’euro) alla rinascita dell’Italia e alla nascita degli Stati Uniti d’Europa. L’alternativa è il disastro, e non ci sarà Bce che tenga.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.