“Vogliamo conoscere le ricerche degli utenti”
Se il Governo stoppa Google
Per fermare la pornografia il Dipartimento di Giustizia chiede all’azienda di fare la spiadi Alessandro D'Amato - 20 gennaio 2006
Quando l’estremismo perbenista arriva a contestare la maggiore qualità dei prodotti. Il Dipartimento di Giustizia Usa ha chiesto a un giudice federale di imporre a Google, il motore di ricerca più usato al mondo, di fornire le informazioni sulla tipologia di ricerca fatta dai propri utenti. La richiesta si riferisce in particolare alle query registrate nel periodo che va dal primo giugno al 31 luglio dell’anno scorso.
In una memoria presentata presso la Corte distrettuale di San Josè, il dipartimento di Giustizia rivela che Google si è rifiutata di accettare lo scorso anno una simile richiesta, pensando che fisse in atto una violazione della privacy, nonché la rivelazione dei segreti industriali del motore, sia di natura tecnologica sia strategica. Il dipartimento di Giustizia sostiene inoltre che diversi tra i principali concorrenti di Google, hanno già risposto positivamente ad un"analoga richiesta.
L’obiettivo del governo è verificare e quantificare quante volte spuntano temi pornografici nelle pagine ricercate, e la richiesta fa parte di un più ampio tentativo del governo di rendere effettiva una legge del 1998, la Child Online Protection Act, o COPA, che punisce i siti che permettono ai bambini di vedere la pornografia. Ma in una decisione del 2004 la Corte Suprema ha accolto un ricorso con il quale si chiedeva di impedire al governo di obbligare i siti ad applicare forzatamente tale legge. Gli avvocati di Google sostengono che in questo modo potrebbe essere rivelata l’identità degli utenti del motore di ricerca, e hanno annunciato battaglia contro la nuova richiesta del governo.
E se ne capisce facilmente il perché: Google è un motore di ricerca per Internet che non si limita a catalogare il World Wide Web, ma si occupa anche di immagini, newsgroup e notizie, oltre a mantenere una copia cache di tutte la pagine che conosce. Con un indice che comprende più di otto miliardi di pagine Web, è riconosciuto come il più grande e affidabile tra i motori di ricerca, e si occupa dell’80% di tutte le ricerche effettuate. Questo perché il suo spider (programma che “traccia” di continuo la ragnatela del World Wide Web) è fondato su un algoritmo tanto potente quanto segreto, che gli permette di avere generalmente prestazioni superiori agli altri motori di ricerca. Ma è, appunto, soltanto un motore di ricerca, e quindi un mezzo automatizzato. Se la legge è nata per punire i siti che veicolano contenuto pornografico ai minori, non si capisce cosa c’entri un motore di ricerca con tutto questo. Se nella barra di ricerca di Google si digita la parola “sesso” (che è la più ricercata del web, guarda caso...), vengono fuori circa 7.460.000 risultati, e tra questi, ovviamente, i siti porno a pagamento sono la stragrande maggioranza. Quindi, la domanda del Dipatimento di Giustizia Usa è quantomeno ingenua: dal motore di ricerca usciranno tante tipologie di ricerca differenti quante sono le parole utilizzate dagli utenti. Questo è un raro caso in cui la tecnologia è perfettamente “neutra”, e tutto dipende dalla volontà dell’uomo.
Inutile aggiungere poi che sulla capacità di ricerca Google ha fondato sia il suo successo che il suo boom di Borsa (il valore delle azioni offerte un paio d’anni fa sul mercato si è quintuplicato), e quindi si capisce che l’azienda sia riluttante a fornire informazioni che potrebbero essere sfruttate dai concorrenti (Yahoo!, Msn, etc.). E infine: anche se il motore di ricerca (cioé, una macchina) facesse spuntare links a siti pornografici alle richieste degli utenti, cosa dovrebbe fare Google? Rendere meno potente il proprio algoritmo favorendo i concorrenti? E soprattutto: se un minore effettua una ricerca di materiale pornografico su Google, perché colpevolizzare una macchina? Queste cose si fa fatica ad accettarle anche quando si fanno in nome del terrorismo. Ora addirittura arrivare a prendersela con la pornografia (in nome dell’estremismo perbenista) sembra proprio eccessivo.
In una memoria presentata presso la Corte distrettuale di San Josè, il dipartimento di Giustizia rivela che Google si è rifiutata di accettare lo scorso anno una simile richiesta, pensando che fisse in atto una violazione della privacy, nonché la rivelazione dei segreti industriali del motore, sia di natura tecnologica sia strategica. Il dipartimento di Giustizia sostiene inoltre che diversi tra i principali concorrenti di Google, hanno già risposto positivamente ad un"analoga richiesta.
L’obiettivo del governo è verificare e quantificare quante volte spuntano temi pornografici nelle pagine ricercate, e la richiesta fa parte di un più ampio tentativo del governo di rendere effettiva una legge del 1998, la Child Online Protection Act, o COPA, che punisce i siti che permettono ai bambini di vedere la pornografia. Ma in una decisione del 2004 la Corte Suprema ha accolto un ricorso con il quale si chiedeva di impedire al governo di obbligare i siti ad applicare forzatamente tale legge. Gli avvocati di Google sostengono che in questo modo potrebbe essere rivelata l’identità degli utenti del motore di ricerca, e hanno annunciato battaglia contro la nuova richiesta del governo.
E se ne capisce facilmente il perché: Google è un motore di ricerca per Internet che non si limita a catalogare il World Wide Web, ma si occupa anche di immagini, newsgroup e notizie, oltre a mantenere una copia cache di tutte la pagine che conosce. Con un indice che comprende più di otto miliardi di pagine Web, è riconosciuto come il più grande e affidabile tra i motori di ricerca, e si occupa dell’80% di tutte le ricerche effettuate. Questo perché il suo spider (programma che “traccia” di continuo la ragnatela del World Wide Web) è fondato su un algoritmo tanto potente quanto segreto, che gli permette di avere generalmente prestazioni superiori agli altri motori di ricerca. Ma è, appunto, soltanto un motore di ricerca, e quindi un mezzo automatizzato. Se la legge è nata per punire i siti che veicolano contenuto pornografico ai minori, non si capisce cosa c’entri un motore di ricerca con tutto questo. Se nella barra di ricerca di Google si digita la parola “sesso” (che è la più ricercata del web, guarda caso...), vengono fuori circa 7.460.000 risultati, e tra questi, ovviamente, i siti porno a pagamento sono la stragrande maggioranza. Quindi, la domanda del Dipatimento di Giustizia Usa è quantomeno ingenua: dal motore di ricerca usciranno tante tipologie di ricerca differenti quante sono le parole utilizzate dagli utenti. Questo è un raro caso in cui la tecnologia è perfettamente “neutra”, e tutto dipende dalla volontà dell’uomo.
Inutile aggiungere poi che sulla capacità di ricerca Google ha fondato sia il suo successo che il suo boom di Borsa (il valore delle azioni offerte un paio d’anni fa sul mercato si è quintuplicato), e quindi si capisce che l’azienda sia riluttante a fornire informazioni che potrebbero essere sfruttate dai concorrenti (Yahoo!, Msn, etc.). E infine: anche se il motore di ricerca (cioé, una macchina) facesse spuntare links a siti pornografici alle richieste degli utenti, cosa dovrebbe fare Google? Rendere meno potente il proprio algoritmo favorendo i concorrenti? E soprattutto: se un minore effettua una ricerca di materiale pornografico su Google, perché colpevolizzare una macchina? Queste cose si fa fatica ad accettarle anche quando si fanno in nome del terrorismo. Ora addirittura arrivare a prendersela con la pornografia (in nome dell’estremismo perbenista) sembra proprio eccessivo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.