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Ancora in fondo alla graduatoria

Scuola, più spesa meno qualità

Quanto tempo impiegheranno i giovani ad accorgersene? Che deve succedere?

di Davide Giacalone - 09 ottobre 2007

Spenderemo di più, per la scuola, ed avremo il consueto posto in fondo alla graduatoria del Paesi sviluppati. Le cose sono andate come (tristemente) previsto: il governo sbraca davanti alla protesta dei sindacati ed aumenta gli stipendi degli insegnanti, il tutto senza nulla che posa chiamarsi riforma, con la carriera fatta ancora d’anzianità, senza alcuna valutazione del merito, tranne il fatto che s’introduce un codicillo secondo il quale un giorno dovrà pur esserci. Nulla, quindi.

Ancora una volta si è finiti nel vicolo cieco della spesa pubblica improduttiva. Certo, gli insegnati sono pagati poco. E’ un’ingiustizia. Ma è ingiusto anche che siano pagati egualmente quelli che insegnano e quelli che neanche si presentano, quelli che lo sanno fare e quelli che sono negati, quelli preparati e quelli ignoranti. A tutti costoro arriveranno 140 euro in più, spalmando questo poco grasso ad impastare ulteriormente un sistema che non funziona. I sindacati portano a casa la bandiera del successo, il governo straparla di “soluzione”, le buste paga sono leggermente più pesanti, ma la scuola resta lì, esclusa da ogni beneficio. Ancora una volta la politica scolastica è stata fatta pensando (male) a chi nella scuola lavora, e non a quelli che dovrebbero riceverne un servizio. Anzi, s’è scavata la fossa alla meritocrazia, perché ben difficilmente potrà farla valere una categoria che sulla propria pelle non la conosce.

La povertà di conoscenza sarà presto, per quei giovani, povertà economica, ed a loro che sono stati derubati di un bene prezioso toccherà pagare il conto della spesa pubblica e del debito che ha prodotto. Saranno più deboli, ma dovranno pagare di più. Per loro, e per le loro famiglie, resterà sempre meno. Questa è la spesa pubblica che genera ingiustizia, spreco, sperequazione.

Quanto tempo impiegheranno, i giovani, ad accorgersene? Cosa deve succedere perché si sveglino dal torpore e s’accorgano dello scempio cui vanno incontro? La piazza che si esprime con il turpiloquio è ancora il prodotto di una società ricca, che pretende privilegi e rendite di posizione, immaginando che la crisi sia colpa della politica (anche). Ma la piazza che si prepara, quella degli esclusi e dei non garantiti, di chi deve pagare per altri, sarà televisivamente meno apprezzabile.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato da Libero di martedì 9 ottobre

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