La crisi non è il salvagente di chi ha sbagliato
Rottamazioni debiti e sprechi
Bisogna investire per creare lavoro, far crescere il sapere, agevolare l’aumento di produttivitàdi Davide Giacalone - 21 ottobre 2008
E’ bastato che la crisi finanziaria abbia riportato in luce l’intervento dello Stato nel mercato che già arrivano le candidature a rottamazioni ed aiuti alle singole imprese. Non solo è una strada sbagliata, ma lo spacciarla come una novità è davvero troppo: si è sempre fatto così, senza per questo far crescere campioni europei, in compenso accumulando un debito pubblico senza pari in Europa. Fermiamo i furbi e ragioniamo d’interesse collettivo.
Può far piacere leggere un neo premio nobel (Krugman) sostenere che non è proprio il momento di occuparsi del debito pubblico, ma per noi che siamo i più indebitati veder crescere quelli altrui significa accumulare svantaggi competitivi per le nostre aziende. Lo facciamo crescere anche noi? Entro certi limiti, perché altrimenti faremo lavorare non solo i nostri figli, ma anche i nipoti per rimediare alle nostre incapacità (che sono prevalentemente politiche). Né abbiamo più l’arma della svalutazione solitaria, nostra seconda droga. Si dovranno mettere nel piatto soldi pubblici, è vero, ma indirizzandoli verso i salvataggi aziendali finiremo con il darne tanti a pochi, senza che l’effetto positivo si risenta pienamente su tutto l’indotto.
Salirebbero i consumi, non la produttività. Inoltre: la crisi non può essere il salvagente di chi ha sbagliato. Giusto allungare una ciambella al mercato, ma il management che ha dimostrato così straordinaria lungimiranza può anche togliere il disturbo. Ritengo, pertanto, che abbia ragione il ministro Sacconi nell’escludere il ritorno a vecchi e non sani costumi.
I soldi vanno spesi, ma investiti dove si crea lavoro, si fa crescere il sapere, si agevola l’aumento di produttività. Quindi opere infrastrutturali: nella comunicazione, nella mobilità, nell’energia. Accompagnandoli con dosi massicce di meritocrazia, selettività e competizione. Dobbiamo rimettere i migliori a correre, liberando le prime file da relitti zoppicanti. La ricchezza che investiremo, anche pesando sul deficit, anche aggravando l’esposizione debitoria, dovrà essere percepita come un vantaggio collettivo, come uno sforzo straordinario per liberare il Paese dal suo passato peggiore, riaprendogli la via dell’orgoglio e dello sviluppo. Le furbate sono pericolose, quando si allungano le mani verso le tasche dei neonati.
Pubblicato su Libero di martedì 21 ottobre
Può far piacere leggere un neo premio nobel (Krugman) sostenere che non è proprio il momento di occuparsi del debito pubblico, ma per noi che siamo i più indebitati veder crescere quelli altrui significa accumulare svantaggi competitivi per le nostre aziende. Lo facciamo crescere anche noi? Entro certi limiti, perché altrimenti faremo lavorare non solo i nostri figli, ma anche i nipoti per rimediare alle nostre incapacità (che sono prevalentemente politiche). Né abbiamo più l’arma della svalutazione solitaria, nostra seconda droga. Si dovranno mettere nel piatto soldi pubblici, è vero, ma indirizzandoli verso i salvataggi aziendali finiremo con il darne tanti a pochi, senza che l’effetto positivo si risenta pienamente su tutto l’indotto.
Salirebbero i consumi, non la produttività. Inoltre: la crisi non può essere il salvagente di chi ha sbagliato. Giusto allungare una ciambella al mercato, ma il management che ha dimostrato così straordinaria lungimiranza può anche togliere il disturbo. Ritengo, pertanto, che abbia ragione il ministro Sacconi nell’escludere il ritorno a vecchi e non sani costumi.
I soldi vanno spesi, ma investiti dove si crea lavoro, si fa crescere il sapere, si agevola l’aumento di produttività. Quindi opere infrastrutturali: nella comunicazione, nella mobilità, nell’energia. Accompagnandoli con dosi massicce di meritocrazia, selettività e competizione. Dobbiamo rimettere i migliori a correre, liberando le prime file da relitti zoppicanti. La ricchezza che investiremo, anche pesando sul deficit, anche aggravando l’esposizione debitoria, dovrà essere percepita come un vantaggio collettivo, come uno sforzo straordinario per liberare il Paese dal suo passato peggiore, riaprendogli la via dell’orgoglio e dello sviluppo. Le furbate sono pericolose, quando si allungano le mani verso le tasche dei neonati.
Pubblicato su Libero di martedì 21 ottobre
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.