Il fenomeno ‘ndrangheta
Rockpolitik
Intervista a Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare Antimafiadi Silvio Nocera e Sara Di Francesca - 26 febbraio 2008
L’On. Forgione, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, intervistato da 7Magazine, fa il punto sul fenomeno ‘ndrangheta
All’indomani della presentazione della relazione annuale della Commissione parlamentare antimafia, e’ un Francesco Forgione impegnatissimo quello che ci accoglie negli uffici di presidenza della Commissione. Sono le 8.45: tutti i suoi assistenti sono alle loro postazioni ed un’altra giornata sta per cominciare in via del Seminario. Forgione arriva in anticipo, nemmeno un minuto di anticamera e siamo dentro. Giusto il tempo di uno sguardo ai titoli dei giornali è salta subito all’occhio una lunga lettera di Agazio Loiero pubblicata dall’Unità. Le risposte alla relazione della commissione antimafia sui presunti illeciti legati alla gestione dei finanziamenti europei da per la Regione Calabria sono molteplici ma certamente quella di Loiero è una delle più forti che provoca una repentina reazione dell’onorevole di Rifondazione.
Nella relazione annuale presentata un paio di giorni fa, Lei ha affermato che “la "ndrangheta cresce e si espande "alla maniera di Al Qaeda, con un"analoga struttura tentacolare priva di una direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, di una vitalità che è quella delle neoplasie”. Si tratta davvero di un tumore impossibile da estirpare?
Difficile, non impossibile. Bisogna prosciugare il brodo di cottura sociale che rigenera la ndrangheta nel territorio. E’ un’organizzazione potente per uomini, mezzi e soprattutto per i capitali che ha a disposizione, questa è la sua forza principale. Ma c’è di più: le succursali estere, presenti in Europa e ancora oltre, conservano sempre e comunque un legame con il territorio di origine che è fortissimo. Sconfiggere la ‘ndrangheta significa estirpare una volta per tutte il rapporto ossessivo di controllo del territorio. Dunque è necessario agire contemporaneamente su due fronti diversi: bloccare i capitali e fermare le persone. In altre parole bisogna togliere soggettività economica e politica all’organizzazione criminale, trasformando così i suoi punti di forza in altrettanti punti di debolezza. E’ emblematico che ad oggi in Italia ci siano soltanto 5 processi per riciclaggio di denaro sporco e diverse migliaia per il sequestro di beni mafiosi.
In una recente inchiesta dei giornalisti Fierro e Oliva si parla della ‘ndrangheta come di un’organizzazione criminale su scala internazionale con interessi diffusi in tutti i settori leciti ed illeciti dell’economia. La ‘ndrangheta ha cambiato pelle, ha studiato: i suoi affiliati sono laureati, parlano le lingue straniere, sono professionisti. Questa zona grigia sempre più estesa rappresenta un’ombra lunga sul futuro del paese. Oggi il fenomeno mafioso è un fenomeno globale che viaggia alla velocità dei capitali. Com’è possibile fare fronte a questo, dato che la politica è sempre un passo indietro all’economia?
Non parlerei di zona grigia, ma di una vera e propria borghesia mafiosa non necessariamente interna alle ‘ndrine e alle cosche. Questa nuova “classe” costituisce il nuovo comparto su cui si basano gli intrecci tra mafia, politica, economia ed élites sociali. E’ in questi circoli che si annida il vero problema: è qui che l’economia legale viene profondamente permeata dagli investimenti provenienti da affari e attività illecite. Nell’ultimo capitolo della relazione annuale della Commissione abbiamo analizzato le rotte della cocaina, di cui la ‘ndrangheta detiene la leadership: chi gestisce il traffico di stupefacenti non si occupa di muovere i capitali. Ecco perché l’istituto del concorso esterno in associazione mafiosa non risulta essere una misura efficace per il contrasto al crimine organizzato. Bisogna elaborare delle soluzioni giuridiche più incisive che possano garantire il divieto di accesso in attività politiche e il presidio del territorio da parte dello Stato.
Le mafie vivono con il consenso della politica. Un esempio è la condanna di Cuffaro a 5 anni di detenzione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la gestione da parte della Camorra dello smaltimento dei rifiuti nonché le condanne di gran parte del Consiglio Regionale della Calabria. Come si può costruire la cultura della legalità?
Riformando i partiti e la legge elettorale. Se i partiti continuano a candidare uomini legati alla criminalità, la nostra lotta è vana. Cuffaro, per esempio: la sua candidatura è sbagliata e immorale. Occorre formare liste pulite con volti puliti. Ci si deve avviare verso una grande riforma morale, come diceva Gramsci: una nuova etica della legalità deve condurre ad una nuova e più forte percezione della responsabilità civile.
Certamente avrà sentito le dichiarazioni di Bondi riguardo le candidature. “Non saranno candidati coloro che hanno procedimenti penali in corso, esclusi, ovviamente, coloro che, come sappiamo, hanno un’origine di carattere politico.
La mia posizione è speculare a quanto affermato nel Codice di regolamentazione della Commissione Nazionale Antimafia che prevede l’impossibilità di candidare tutti coloro che sono condannati per tutte le tipologie di reato, sia esso di mafia, racket, usura, spaccio di droga o riciclaggio. Tutti i soggetti inquisiti non possono, e non devono, a mio parere, rivestire, cariche politiche.
I commercianti in Sicilia stanno aderendo numerosi ad Addiopizzo. Pare che vogliano svincolarsi da questa cappa oppressiva…
Qui va fatta una precisazione e una distinzione tra l’adesione all’associazione e le denunce. Le denunce ad oggi sono poche, nonostante il chiaro e forte appello di Confindustria Sicilia. Fra i nomi dei commercianti che risultano dai “pizzini” dei Lo Piccolo nessuno, e dico nessuno, ha presentato regolare denuncia. Gli imprenditori devono essere forti, devono sapere accogliere il gesto dell’associazione degli industriali siciliani, devono ora insistere e operare in questa direzione. Per parte sua Confindustria, ora che ha lanciato lo strale, deve farsene carico, sostenendo gli imprenditori che decidono di denunciare le estorsioni. E mettendo in campo una massiccia campagna di sensibilizzazione. Perché gli imprenditori devono sentirsi in un certo qual modo “sicuri” di poter rischiare. E, se la politica deve ricoprire un ruolo determinante, la società civile deve, per parte sua, sapere sviluppare una coscienza civica appoggiandosi alla rinnovata dimensione morale della politica.
Più volte si è ribadita l’esigenza di accelerare l’iter del sequestro dei beni dei mafiosi. Quali sono le vostre proposte?
Sia chiara una cosa: il potere delle organizzazioni mafiose si basa sui capitali che hanno a disposizione. Questo rappresenta un fattore cruciale che non deve essere sottovalutato. Ecco perché è necessaria una profonda riforma della gestione dei beni sequestrati. Oltre all’introduzione della distinzione tra sequestro di beni patrimoniali e beni personali, abbiamo già proposto l’istituzione di un’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, che dovrebbe occuparsi della questione al posto dell’Agenzia del Demanio. Sarebbe così garantita una più attenta attività di monitoraggio e una maggiore trasparenza, oltre alla diminuzione delle incombenze che pesano appunto sul Demanio.
Il prossimo 1 Marzo a Locri si terrà una manifestazione nazionale organizzata dal consorzio GOEL con il supporto della diocesi locrese che, con Monsignor Bregantini, ha condotto una lunga battaglia contro la criminalità organizzata: lo Stato parteciperà con le sue autorità dando un segnale forte?
Credo di non essere il soggetto più idoneo a cui rivolgere questa domanda. Ad ogni modo è dovere dello Stato essere presente ed appoggiare l’iniziativa. E’ assolutamente indispensabile dare risalto a questa manifestazione mostrando il volto vero della legalità e facendo sentire il sostegno dello stato alla società civile. Inoltre, il mondo delle cooperative sociali, che sono i soggetti che più lavorano a diretto contatto con il territorio, devono essere protetti e sostenuti nell’attività di inclusione sociale che svolgono quotidianamente.
Pubblicato su www.7magazine.it/index.asp
All’indomani della presentazione della relazione annuale della Commissione parlamentare antimafia, e’ un Francesco Forgione impegnatissimo quello che ci accoglie negli uffici di presidenza della Commissione. Sono le 8.45: tutti i suoi assistenti sono alle loro postazioni ed un’altra giornata sta per cominciare in via del Seminario. Forgione arriva in anticipo, nemmeno un minuto di anticamera e siamo dentro. Giusto il tempo di uno sguardo ai titoli dei giornali è salta subito all’occhio una lunga lettera di Agazio Loiero pubblicata dall’Unità. Le risposte alla relazione della commissione antimafia sui presunti illeciti legati alla gestione dei finanziamenti europei da per la Regione Calabria sono molteplici ma certamente quella di Loiero è una delle più forti che provoca una repentina reazione dell’onorevole di Rifondazione.
Nella relazione annuale presentata un paio di giorni fa, Lei ha affermato che “la "ndrangheta cresce e si espande "alla maniera di Al Qaeda, con un"analoga struttura tentacolare priva di una direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, di una vitalità che è quella delle neoplasie”. Si tratta davvero di un tumore impossibile da estirpare?
Difficile, non impossibile. Bisogna prosciugare il brodo di cottura sociale che rigenera la ndrangheta nel territorio. E’ un’organizzazione potente per uomini, mezzi e soprattutto per i capitali che ha a disposizione, questa è la sua forza principale. Ma c’è di più: le succursali estere, presenti in Europa e ancora oltre, conservano sempre e comunque un legame con il territorio di origine che è fortissimo. Sconfiggere la ‘ndrangheta significa estirpare una volta per tutte il rapporto ossessivo di controllo del territorio. Dunque è necessario agire contemporaneamente su due fronti diversi: bloccare i capitali e fermare le persone. In altre parole bisogna togliere soggettività economica e politica all’organizzazione criminale, trasformando così i suoi punti di forza in altrettanti punti di debolezza. E’ emblematico che ad oggi in Italia ci siano soltanto 5 processi per riciclaggio di denaro sporco e diverse migliaia per il sequestro di beni mafiosi.
In una recente inchiesta dei giornalisti Fierro e Oliva si parla della ‘ndrangheta come di un’organizzazione criminale su scala internazionale con interessi diffusi in tutti i settori leciti ed illeciti dell’economia. La ‘ndrangheta ha cambiato pelle, ha studiato: i suoi affiliati sono laureati, parlano le lingue straniere, sono professionisti. Questa zona grigia sempre più estesa rappresenta un’ombra lunga sul futuro del paese. Oggi il fenomeno mafioso è un fenomeno globale che viaggia alla velocità dei capitali. Com’è possibile fare fronte a questo, dato che la politica è sempre un passo indietro all’economia?
Non parlerei di zona grigia, ma di una vera e propria borghesia mafiosa non necessariamente interna alle ‘ndrine e alle cosche. Questa nuova “classe” costituisce il nuovo comparto su cui si basano gli intrecci tra mafia, politica, economia ed élites sociali. E’ in questi circoli che si annida il vero problema: è qui che l’economia legale viene profondamente permeata dagli investimenti provenienti da affari e attività illecite. Nell’ultimo capitolo della relazione annuale della Commissione abbiamo analizzato le rotte della cocaina, di cui la ‘ndrangheta detiene la leadership: chi gestisce il traffico di stupefacenti non si occupa di muovere i capitali. Ecco perché l’istituto del concorso esterno in associazione mafiosa non risulta essere una misura efficace per il contrasto al crimine organizzato. Bisogna elaborare delle soluzioni giuridiche più incisive che possano garantire il divieto di accesso in attività politiche e il presidio del territorio da parte dello Stato.
Le mafie vivono con il consenso della politica. Un esempio è la condanna di Cuffaro a 5 anni di detenzione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la gestione da parte della Camorra dello smaltimento dei rifiuti nonché le condanne di gran parte del Consiglio Regionale della Calabria. Come si può costruire la cultura della legalità?
Riformando i partiti e la legge elettorale. Se i partiti continuano a candidare uomini legati alla criminalità, la nostra lotta è vana. Cuffaro, per esempio: la sua candidatura è sbagliata e immorale. Occorre formare liste pulite con volti puliti. Ci si deve avviare verso una grande riforma morale, come diceva Gramsci: una nuova etica della legalità deve condurre ad una nuova e più forte percezione della responsabilità civile.
Certamente avrà sentito le dichiarazioni di Bondi riguardo le candidature. “Non saranno candidati coloro che hanno procedimenti penali in corso, esclusi, ovviamente, coloro che, come sappiamo, hanno un’origine di carattere politico.
La mia posizione è speculare a quanto affermato nel Codice di regolamentazione della Commissione Nazionale Antimafia che prevede l’impossibilità di candidare tutti coloro che sono condannati per tutte le tipologie di reato, sia esso di mafia, racket, usura, spaccio di droga o riciclaggio. Tutti i soggetti inquisiti non possono, e non devono, a mio parere, rivestire, cariche politiche.
I commercianti in Sicilia stanno aderendo numerosi ad Addiopizzo. Pare che vogliano svincolarsi da questa cappa oppressiva…
Qui va fatta una precisazione e una distinzione tra l’adesione all’associazione e le denunce. Le denunce ad oggi sono poche, nonostante il chiaro e forte appello di Confindustria Sicilia. Fra i nomi dei commercianti che risultano dai “pizzini” dei Lo Piccolo nessuno, e dico nessuno, ha presentato regolare denuncia. Gli imprenditori devono essere forti, devono sapere accogliere il gesto dell’associazione degli industriali siciliani, devono ora insistere e operare in questa direzione. Per parte sua Confindustria, ora che ha lanciato lo strale, deve farsene carico, sostenendo gli imprenditori che decidono di denunciare le estorsioni. E mettendo in campo una massiccia campagna di sensibilizzazione. Perché gli imprenditori devono sentirsi in un certo qual modo “sicuri” di poter rischiare. E, se la politica deve ricoprire un ruolo determinante, la società civile deve, per parte sua, sapere sviluppare una coscienza civica appoggiandosi alla rinnovata dimensione morale della politica.
Più volte si è ribadita l’esigenza di accelerare l’iter del sequestro dei beni dei mafiosi. Quali sono le vostre proposte?
Sia chiara una cosa: il potere delle organizzazioni mafiose si basa sui capitali che hanno a disposizione. Questo rappresenta un fattore cruciale che non deve essere sottovalutato. Ecco perché è necessaria una profonda riforma della gestione dei beni sequestrati. Oltre all’introduzione della distinzione tra sequestro di beni patrimoniali e beni personali, abbiamo già proposto l’istituzione di un’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, che dovrebbe occuparsi della questione al posto dell’Agenzia del Demanio. Sarebbe così garantita una più attenta attività di monitoraggio e una maggiore trasparenza, oltre alla diminuzione delle incombenze che pesano appunto sul Demanio.
Il prossimo 1 Marzo a Locri si terrà una manifestazione nazionale organizzata dal consorzio GOEL con il supporto della diocesi locrese che, con Monsignor Bregantini, ha condotto una lunga battaglia contro la criminalità organizzata: lo Stato parteciperà con le sue autorità dando un segnale forte?
Credo di non essere il soggetto più idoneo a cui rivolgere questa domanda. Ad ogni modo è dovere dello Stato essere presente ed appoggiare l’iniziativa. E’ assolutamente indispensabile dare risalto a questa manifestazione mostrando il volto vero della legalità e facendo sentire il sostegno dello stato alla società civile. Inoltre, il mondo delle cooperative sociali, che sono i soggetti che più lavorano a diretto contatto con il territorio, devono essere protetti e sostenuti nell’attività di inclusione sociale che svolgono quotidianamente.
Pubblicato su www.7magazine.it/index.asp
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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.