I rimpasti estivi in tema di welfare e lavoro
Riforme: siamo alle solite
Le promesse da marinaio del Premier Romano Prodi e gli pseudo-accordidi Alessandra Servidori - 30 luglio 2007
Siamo alle solite. Il gallo non ha ancora cantato tre volte, ma Romano Prodi ha già rinnegato l’accordo del 23 luglio (il giorno dedicato a S. Tommaso), di cui aveva cantato le lodi e l’intangibilità fino a cinque minuti prima di incontrare los quatros caballeros della sinistra rosso-verde. Ferrero, Mussi, Bianchi e Pecoraro Scanio sono usciti soddisfatti dall’incontro con il premier, il quale – a loro dire – si sarebbe dichiarato disposto a rivedere l’intesa sottoscritta con un inchiostro ancora fresco. In sostanza, mentre la politica si appresta a chiudere bottega per le vacanze estive, sulla delicata questione delle pensioni, del welfare e del mercato del lavoro, lo scenario è cambiato in pochi giorni.
L’accordo di S. Tommaso aveva sancito una piccola svolta nel campo di Agramente della sinistra politica e sindacale. Tanto Prodi, quanto Epifani si erano resi conto che l’alleanza (di entrambi, ognuno per suo conto e con proprie finalità) con il Prc non portava da nessuna parte: paralizzava l’Esecutivo e privava il sindacato di ogni margine negoziale. Così, Governo e sindacati (Cgil compresa) hanno deciso che l’accordo andava cercato e raggiunto. Certo, Guglielmo Epifani sperava in un’ulteriore resa incondizionata dell’Esecutivo. Ma Tommaso Padoa Schioppa – spalleggiato da una tardiva e timida discesa in campo delle componenti moderate della coalizione - ha tenuto il punto, facendosi carico delle esigenze politiche della maggioranza (superare lo “scalone” è stato comunque un errore), ma impedendo una deriva rinunciataria che avrebbe suscitato pesanti critiche da parte della Ue ed effetti devastanti sull’equilibrio dei conti pubblici, a partire dalla prossima Finanziaria.
L’operazione complessiva rimane comunque a rischio per quanto riguarda le compensazioni e soprattutto finisce per poggiare su di ulteriori aumenti delle entrate contributive, proprio a carico di quei giovani che si vorrebbero tutelare e ai quali è stata avanzata la “promessa da marinaio” di un tasso di sostituzione pari al 60% dell’ultimo reddito, in palese violazione del tanto decantato modello contributivo. Inoltre, il Governo – non poteva essere altrimenti – ha concordato con i sindacati pochissime modifiche della legge Biagi, togliendo improvvisamente così il drappo rosso che sventolava davanti agli occhi delle formazioni comuniste. E questa mossa è sembrata addirittura un inaccettabile sgarbo per delle forze politiche che si nutrono di becera ideologia. Ecco perché è su questo aspetto che dovremo aspettarci l’affondo della restaurata alleanza tra le componenti rosso-verdi e la Cgil. I “distinguo” di Epifani sono gli stessi che i quattro ministri hanno sottoposto venerdì al presidente del Consiglio: vengono presi di mira la “spalmatura” dello scalone; la revisione moderata del contratto a termine; le flessibilità concesse alle imprese (e ai lavoratori) in materia di straordinario. Ma soprattutto si vuole colpire più profondamente la legge Biagi, nonostante che sia evidente e provata la sua utilità a favore dell’occupazione.
L’accordo di S. Tommaso aveva sancito una piccola svolta nel campo di Agramente della sinistra politica e sindacale. Tanto Prodi, quanto Epifani si erano resi conto che l’alleanza (di entrambi, ognuno per suo conto e con proprie finalità) con il Prc non portava da nessuna parte: paralizzava l’Esecutivo e privava il sindacato di ogni margine negoziale. Così, Governo e sindacati (Cgil compresa) hanno deciso che l’accordo andava cercato e raggiunto. Certo, Guglielmo Epifani sperava in un’ulteriore resa incondizionata dell’Esecutivo. Ma Tommaso Padoa Schioppa – spalleggiato da una tardiva e timida discesa in campo delle componenti moderate della coalizione - ha tenuto il punto, facendosi carico delle esigenze politiche della maggioranza (superare lo “scalone” è stato comunque un errore), ma impedendo una deriva rinunciataria che avrebbe suscitato pesanti critiche da parte della Ue ed effetti devastanti sull’equilibrio dei conti pubblici, a partire dalla prossima Finanziaria.
L’operazione complessiva rimane comunque a rischio per quanto riguarda le compensazioni e soprattutto finisce per poggiare su di ulteriori aumenti delle entrate contributive, proprio a carico di quei giovani che si vorrebbero tutelare e ai quali è stata avanzata la “promessa da marinaio” di un tasso di sostituzione pari al 60% dell’ultimo reddito, in palese violazione del tanto decantato modello contributivo. Inoltre, il Governo – non poteva essere altrimenti – ha concordato con i sindacati pochissime modifiche della legge Biagi, togliendo improvvisamente così il drappo rosso che sventolava davanti agli occhi delle formazioni comuniste. E questa mossa è sembrata addirittura un inaccettabile sgarbo per delle forze politiche che si nutrono di becera ideologia. Ecco perché è su questo aspetto che dovremo aspettarci l’affondo della restaurata alleanza tra le componenti rosso-verdi e la Cgil. I “distinguo” di Epifani sono gli stessi che i quattro ministri hanno sottoposto venerdì al presidente del Consiglio: vengono presi di mira la “spalmatura” dello scalone; la revisione moderata del contratto a termine; le flessibilità concesse alle imprese (e ai lavoratori) in materia di straordinario. Ma soprattutto si vuole colpire più profondamente la legge Biagi, nonostante che sia evidente e provata la sua utilità a favore dell’occupazione.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.