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Giorgio Napolitano a un passo dal Quirinale

Queste le qualità per l’elezione?

Il programma del centro-sinistra vittima di una seria di centrifughe e cambiamenti

di Davide Giacalone - 10 maggio 2006

Questa mattina, delle due l’una: o il centro sinistra manca l’elezione di Napolitano a Presidente della Repubblica, mettendo in piazza i propri franchi tiratori, o, come è più probabile, lo elegge, con ciò stesso venendo meno sia al proprio programma elettorale che alla linea politica fin qui enunciata. In quel programma, difatti, c’era scritto che si voleva alzare il quorum per l’elezione del Capo dello Stato, anzi, si affermava che sarebbe stata la prima cosa da farsi, e, questo, perché era bene che al Quirinale non si arrivasse con i soli voti della maggioranza di governo. Poi, negli scorsi giorni, tale concetto è stato ripetuto, senza più riferimento al quorum, ma nei fatti violato. Ed ecco i fatti.
Al momento della partenza ai blocchi della sinistra si è presentato un solo uomo: Massimo D’Alema. Chiedeva di essere eletto presidente della Camera, per poi, da lì, andare al Quirinale. La sua coalizione gli ha detto di no. Sfumata questa ipotesi ha puntato dritto al colle più alto, ma sembrava che ad eleggerlo dovesse essere il centro destra, non il centro sinistra, tant’è che il segretario dei ds, Fassino, lanciava richieste di convergenza all’opposizione, nel mentre divergeva la maggioranza. Dato lo stallo, il centro destra ha proposto quattro nomi, tutti del centro sinistra, ma considerati di garanzia. Manco li hanno presi in considerazione. Il centro sinistra, invece, ha proposto un solo nome, quello di Giorgio Napolitano, ma non lo ha mai votato (nel timore che i franchi tiratori lo massacrassero nei primi tre scrutini). Se questo è dialogo non so cosa sia l’incomunicabilità.
E veniamo a Napolitano. Oramai è sufficiente invecchiare per essere iscritti d’ufficio all’albo dei padri della patria. Una volta contava l’intelligenza ed il coraggio, ora si punta tutto sul gerovital. Il piede di Giorgio Napolitano non ha varcato la soglia del Quirinale che già si spandono vagonate di conformismo e quintalate di sciocchezze. Adesso vi presento Napolitano.
E’ stato per lunghi anni responsabile della politica internazionale e della politica industriale del partito comunista italiano (senza offesa, si chiamava così). In quella funzione era direttamente dentro quei flussi di denaro che al pci arrivavano quali tangenti pagate dalle imprese che volevano commerciare con l’Unione Sovietica, dai petrolieri agli industriali. Si dirà: ma questa è roba d’altri tempi. Certo, però, intanto quei tempi lontani sono finiti (forse) ieri, nel 1991, a questo s’aggiunga che il signor Napolitano non ha mai voluto dire una sola parola, neanche per la storia. Di recente ha pubblicato un libro autobiografico (“Dal Pci al socialismo europeo”, Laterza), che è un manuale d’omertà e falsa memoria.
Si dice che sia un grande europeista. No, guardate, l’onorevole Napolitano è quello stesso parlamentare che tenne il discorso con cui i comunisti spiegarono perché non si dovesse entrare nel Sistema Monetario Europeo. Niente Sme, niente Banca Centale, niente euro, niente Unione Europea. Alla faccia dell’europeismo. A quell’epoca marciavano per il disarmo degli occidentali, a favore dei missili nucleari sovietici e per l’eurocomunismo. Non risultano proteste di Napolitano.
Si dice sia un coraggioso socialdemocratico. Ricordo che nella seconda metà degli anni settanta Napolitano disse di avere “riletto” la Nota Aggiuntiva al Bilancio dello Stato del 1962, e di averci trovato molti spunti interessanti. Ugo La Malfa, autore di quella nota, commentò: non l’ha riletta, l’ha letta per la prima volta. Napolitano era in ritardo di una quindicina d’anni, ma passava per anticipatore dato che i suoi compagni se ne stavano assai più indietro.
Si dice che abbia guardato a Craxi senza odio. Ma a parte il fatto che l’idea di un partito unico della sinistra era di Giorgio Amendola, e risaliva al 1964, degli apprezzamenti di Napolitano non c’è traccia nella battaglia referendaria (persa dai comunisti) contro la scala mobile, né ricordo parole interessanti quando era presidente della Camera ed il giustizialismo mieteva vittime in Aula. Fu lui a ricevere la lettera dell’onorevole Moroni, e non ricordo alcun coraggio, alcuna fierezza, alcun senso delle istituzioni.
E’ un mite, certo non è un estremista. Ha doti di equilibrio, che spesso esercita restando del tutto fermo. Di davvero significativo, nella sua biografia, non ha trovato molto neppure lui stesso. Ma basta essere vecchi, non avere avuto nella propria biografia momenti significativi, di altezza, di rottura, aver seguito la corrente, non rappresentare, nel presente, né un pericolo né un’opportunità, che l’accademia degli inutili ti chiama alla presidenza.

www.davidegiacalone.it

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