La “perversa miopia cosmica” dei leader mondiali
Quale ricetta contro la crisi?
Una crisi globale merita risposte globali e non una via di mezzo fra uno struzzi e Maria Antoniettadi Flaminia Festuccia - 31 marzo 2009
Una via di mezzo fra uno struzzi e Maria Antonietta. Una strana creatura ibrida per rappresentare l’atteggiamento dei governi di fronte alla crisi. I leader mondiali sembrano finiti dentro un meccanismo di “perversa miopia cosmica” che a contagiato sia gli Stati Uniti che l’Europa. È l’opinione dell’Herald Tribun, voce internazionale del New York Tims, con un atteggiamento decisamente pessimistico ma senz’altro lucido. L’America come un uomo che, azzannato al collo da una tigre, si perde a guardare le tavole del pavimento rovinate che andrebbero sostituite.
L’attenzione dei cittadini richiamata sul problema dei 15 milioni dei bonus Aig, quando in ballo c’è un operazione di politica economica e di welfare da svariati trilioni di dollari. E questo perché la tigre che sta sbranando l’Europa e il Giappone sembra senz’altro più feroce e mortale. Mentre l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro dell" Onu prevede tra i 30 e i 50 milioni di nuovi disoccupati in tutto il mondo, e si moltiplicano i disordini: Grecia e Cina al primo posto, ma anche Parigi, Londra e Dublino. Proteste finora non organizzate su un’agenda concreta, ma che, se la crisi continua, non tarderanno ad esprimere un programma.
Un risultato prevedibile, ipotizza l’articolo, sarà il risorgere di politiche protezionistiche e di svalutazioni competitive. “Beggar-tai-neighbour”, vale a dire: scarica sul tuo partner (commerciale) il costo della tua crisi. E le avvisaglie si sono viste i primi di febbraio in Inghilterra.
Centinaia di lavoratori hanno scioperato per sostenere i colleghi della raffineria Lindsey Oil di Grimsbi, nel Lincolnshair, che sono scesi in piazza contro la decisione di affidare importanti lavori di costruzione all"azienda italiana Irem. "Lavoro ai britannici in Gran Bretagna", è lo slogan che ha unito i vari picchetti disseminati dalla Scozia al Galles. Con buona pace di globalizzaizone e delocalizzazione.
Nel frattempo negli Usa fioccano le critiche all’agenda di Obama, che ha deciso di fronteggiare la crisi affrontando allo stesso tempo i quattro maggiori problemi dell’America: sanità, energia, immigrazione ed educazione. “Il motivo per cui non ha deciso di passare le sue serate scoprendo le origini della coscienza va oltre la mia comprensione”, commenta caustico David Brooks dalle pagine dell’Herald Tribun.
Ma se l’America fa lo struzzo e ignora la tigre, anche l’Europa, prosegue l’articolo, ha un atteggiamento non meno miope, che rischia di rendere impotenti gli ipotizzabili interventi del prossimo G20 di Londra. Un approccio “alla Maria Antonietta”, che, mentre l’economia globale va a rotoli, chiede consigli di supervisori e direttorati per costruire un’architettura globale dell’economia, mettendo freno a un mercato troppo libero. L’autore dell’articolo è duro su questo punto: “L’agenda Usa può lavorare per alleviare la crisi immediata, ma gli sforzi per creare un’architettura globale sicuramente no”.
Eppure, nonostante sembrino necessari gli interventi anticrisi decisamente più pragmatici, di stimolo diretto dell’economia, che vengono dall’America, qualche buona ragione nelle proposte europee si può cogliere. Compresa un’iniziale diffidenza: ma come, dopo tutto il caos dei subpraim venuto da Oltreoceano, come può Washington avere l’impudenza di darci la ricetta contro la crisi? Da qui alcune, giustificabili, riserve, nell’accettare un libero mercato troppo libero. Una crisi globale merita risposte globali. E anche un coordinamento globale, specialmente per quanto riguarda i mercati finanziari che, è un dato di fatto, ci sono un po sfuggiti di mano.
Non è miopia (e soprattutto non è una "perversa miopia cosmica") avere in testa Jean Monnet quando si cercano le soluzioni ha problemi globale. Il punto non è, però, creare consigli d"amministrazione planetari per vigilare sul buon andamento del mercato. Ma dargli, realmente, il potere di intervenire. Senza che rimangano sterili buone intenzioni.
L’attenzione dei cittadini richiamata sul problema dei 15 milioni dei bonus Aig, quando in ballo c’è un operazione di politica economica e di welfare da svariati trilioni di dollari. E questo perché la tigre che sta sbranando l’Europa e il Giappone sembra senz’altro più feroce e mortale. Mentre l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro dell" Onu prevede tra i 30 e i 50 milioni di nuovi disoccupati in tutto il mondo, e si moltiplicano i disordini: Grecia e Cina al primo posto, ma anche Parigi, Londra e Dublino. Proteste finora non organizzate su un’agenda concreta, ma che, se la crisi continua, non tarderanno ad esprimere un programma.
Un risultato prevedibile, ipotizza l’articolo, sarà il risorgere di politiche protezionistiche e di svalutazioni competitive. “Beggar-tai-neighbour”, vale a dire: scarica sul tuo partner (commerciale) il costo della tua crisi. E le avvisaglie si sono viste i primi di febbraio in Inghilterra.
Centinaia di lavoratori hanno scioperato per sostenere i colleghi della raffineria Lindsey Oil di Grimsbi, nel Lincolnshair, che sono scesi in piazza contro la decisione di affidare importanti lavori di costruzione all"azienda italiana Irem. "Lavoro ai britannici in Gran Bretagna", è lo slogan che ha unito i vari picchetti disseminati dalla Scozia al Galles. Con buona pace di globalizzaizone e delocalizzazione.
Nel frattempo negli Usa fioccano le critiche all’agenda di Obama, che ha deciso di fronteggiare la crisi affrontando allo stesso tempo i quattro maggiori problemi dell’America: sanità, energia, immigrazione ed educazione. “Il motivo per cui non ha deciso di passare le sue serate scoprendo le origini della coscienza va oltre la mia comprensione”, commenta caustico David Brooks dalle pagine dell’Herald Tribun.
Ma se l’America fa lo struzzo e ignora la tigre, anche l’Europa, prosegue l’articolo, ha un atteggiamento non meno miope, che rischia di rendere impotenti gli ipotizzabili interventi del prossimo G20 di Londra. Un approccio “alla Maria Antonietta”, che, mentre l’economia globale va a rotoli, chiede consigli di supervisori e direttorati per costruire un’architettura globale dell’economia, mettendo freno a un mercato troppo libero. L’autore dell’articolo è duro su questo punto: “L’agenda Usa può lavorare per alleviare la crisi immediata, ma gli sforzi per creare un’architettura globale sicuramente no”.
Eppure, nonostante sembrino necessari gli interventi anticrisi decisamente più pragmatici, di stimolo diretto dell’economia, che vengono dall’America, qualche buona ragione nelle proposte europee si può cogliere. Compresa un’iniziale diffidenza: ma come, dopo tutto il caos dei subpraim venuto da Oltreoceano, come può Washington avere l’impudenza di darci la ricetta contro la crisi? Da qui alcune, giustificabili, riserve, nell’accettare un libero mercato troppo libero. Una crisi globale merita risposte globali. E anche un coordinamento globale, specialmente per quanto riguarda i mercati finanziari che, è un dato di fatto, ci sono un po sfuggiti di mano.
Non è miopia (e soprattutto non è una "perversa miopia cosmica") avere in testa Jean Monnet quando si cercano le soluzioni ha problemi globale. Il punto non è, però, creare consigli d"amministrazione planetari per vigilare sul buon andamento del mercato. Ma dargli, realmente, il potere di intervenire. Senza che rimangano sterili buone intenzioni.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.