Fatte alcune doverose premesse sulla Mafia
Putin ha anche qualche ragione
Il dilemma genetico della Russia, nato ancora con Pietro il Grande, resiste ancoradi Davide Giacalone - 23 ottobre 2006
Premesso che Putin è stato impreciso, che la mafia non è nata in Italia, ma in Sicilia, e premesso anche che è una gran castroneria chiamare “mafia” ogni organizzazione criminale che, nel mondo, abbia superato lo stadio da banda di quartiere, come se a quel nome originario si leghino solo attività delinquenziali e non un solido (benché non ammirevole) sistema di valori, premesso questo, veniamo al dunque. Vladimir Putin ha, di fatto, e con parole inequivoche, mandato a quel paese quanti bussano alla sua porta per avere il gas e poi si ricordano dei diritti umani solo quando il rubinetto non è aperto a piacimento.
Che ci sia un problema di diritti umani e di libertà, in Russia, questo è arcisicuro. Ma ce ne sono di più in Cina, dove l’Europa procede con ben diversa accondiscendenza. E ci sono problemi oggettivi di non poco conto, compreso quello che le truppe della Nato stazionano in Afghanistan, impegnante a placare l’infezione talebana che noi stessi avevamo contribuito a diffondere (era l’epoca della guerra scatenata da Breznev, ed era giusto farlo). Inoltre, l’ex agente del Kgb non dimentica che molte delle “mafie” che oggi gli si contestano sono nate durante il governo di Boris Eltsin e delle sue piratesche privatizzazioni, salutate dall’occidente tutto come fossero grandi aperture al mercato ed alle libertà. Diciamo, insomma, che standosene dalla parte del torto Putin ha pur sempre qualche ragione, e che il presidente dell’europarlamento, Josep Borrell, non si è distinto per tempestività e saggezza politica.
Ma c’è qualche cosa che sta sopra e viene prima dell’infelice scambio di battute durante la cena in quel di Lahti. L’impero sovietico è crollato, sconfitto militarmente ed economicamente, collassando sotto il peso insostenibile di libertà negate e ricchezze distrutte. Ma il problema russo preesiste a quell’impero e gli sopravvive, conservando ancora quel dilemma genetico che accompagnò l’avventura di Pietro il grande. Pensare di maneggiare questo problema applaudendo tutte le iniziative che mirano ad erodere il terreno fisico della Grande Madre Russia, reclamandone le risorse naturali e rimarcandone l’“inferiorità” rispetto alle conquiste dell’Europa occidentale, significa non aver tratto alcun profitto dallo studio della storia. Sempre ammesso che la si sia studiata.
www.davidegiacalone.it
Che ci sia un problema di diritti umani e di libertà, in Russia, questo è arcisicuro. Ma ce ne sono di più in Cina, dove l’Europa procede con ben diversa accondiscendenza. E ci sono problemi oggettivi di non poco conto, compreso quello che le truppe della Nato stazionano in Afghanistan, impegnante a placare l’infezione talebana che noi stessi avevamo contribuito a diffondere (era l’epoca della guerra scatenata da Breznev, ed era giusto farlo). Inoltre, l’ex agente del Kgb non dimentica che molte delle “mafie” che oggi gli si contestano sono nate durante il governo di Boris Eltsin e delle sue piratesche privatizzazioni, salutate dall’occidente tutto come fossero grandi aperture al mercato ed alle libertà. Diciamo, insomma, che standosene dalla parte del torto Putin ha pur sempre qualche ragione, e che il presidente dell’europarlamento, Josep Borrell, non si è distinto per tempestività e saggezza politica.
Ma c’è qualche cosa che sta sopra e viene prima dell’infelice scambio di battute durante la cena in quel di Lahti. L’impero sovietico è crollato, sconfitto militarmente ed economicamente, collassando sotto il peso insostenibile di libertà negate e ricchezze distrutte. Ma il problema russo preesiste a quell’impero e gli sopravvive, conservando ancora quel dilemma genetico che accompagnò l’avventura di Pietro il grande. Pensare di maneggiare questo problema applaudendo tutte le iniziative che mirano ad erodere il terreno fisico della Grande Madre Russia, reclamandone le risorse naturali e rimarcandone l’“inferiorità” rispetto alle conquiste dell’Europa occidentale, significa non aver tratto alcun profitto dallo studio della storia. Sempre ammesso che la si sia studiata.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.