L’intervista a Enrico Cisnetto
Presidente di Società Aperta
Lo scenario politico italiano dopo l’approvazione al Senato del testo della Finanziaria16 novembre 2007
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b>La finanziaria è stata approvata al Senato, non c’è stato il voto negativo dei senatori dissidenti, il governo non è caduto. Cosa cambia politicamente?
Il governo non è caduto perchè Berlusconi ha commesso un gravissimo errore. Ha forzato la mano con un’offensiva mediatica che preannunciava la caduta del governo e che ha creato nel gruppo di senatori “potenziali dissidenti” la paura di ritrovarsi nella categoria dei “comprati” visto che si è ipotizzato che ci fosse un mercimonio e che quindi la loro non fosse una posizione politica. Considero questo un fatto positivo, non perchè sia rimasto in vita un governo che non avrebbe dovuto neanche nascere, ma perchè andare alle lezioni anticipate con questa legge elettorale, e cosa ancora più grave, con lo stesso assetto politico, con l’attuale bipolarismo che riproporrebbe le due coalizioni con le stesse variopinte alleanze e con gli stessi leader, (con Veltroni al posto di Prodi), sarebbe stato un gravissimo errore.
Cadrà prossimamente il governo?
Io spero di sì, perchè questo governo è sicuramente incapace di assumere le decisioni necessarie per il Paese. Ma per far cadere il governo e non essere vittime delle elezioni anticipate, occorre che alla sua caduta ci si arrivi avendo già in mente la strada da percorrere, ossia la creazione di un governo istituzionale. I suoi compiti non dovranno essere solo e semplicemente mirati all’approvazione di una nuova legge elettorale, ma dovrebbero segnare l’apertura, seppur ancora timida, di una fase politica sicuramente nuova.
E l’unico governo che può farlo, è un governo di Grande Coalizione?
Sì. Ma purtroppo la Grande Coalizione sarebbe dovuta nascere dopo il pareggio elettorale. Chi giuridicamente aveva 24.000 voti di differenza a suo vantaggio, con un atto di responsabilità politica verso se stesso e verso il Paese, avrebbe dovuto rendersi conto che nella primavera del 2006, gli italiani, dal punto di vista politico, non avevano dato la vittoria a nessuna delle due coalizioni. A questo risultato occorreva dare una nuova risposta politica e istituzionale, rispetto allo schema bipolare del vinco io o vinci tu con il quale si era giocata la campagna elettorale. In quella circostanza questo coraggio non c’è stato. Il primo responsabile di tutto ciò è Prodi. Basterebbe già solo questo motivo per mandarlo al più presto a casa. Tuttavia oggi parlare di Grande Coalizione - e cioè di un’alleanza forte tra le componenti riformiste del centro sinistra e quelle moderate del centro destra che escludano da un lato la sinistra massimalista, e dall’altro la destra populista - è qualcosa di più complesso rispetto all’attuale scenario di alleanze politiche. Ma è questo lo spirito giusto e credo che questo sia il colpo in canna che possiamo ancora sparare.
Qual è la legge elettorale che Società Aperta vorrebbe vedere approvata per arrivare a questo?
La legge elettorale deve essere quella che meglio ci aiuta a superare il bipolarismo così come si è realizzato in Italia. Società Aperta è nata per denunciare il declino profondo e strutturale dell’Italia, procurato da un sistema politico che non ha saputo assumere decisioni adeguate. A questo punto è del tutto evidente che più che a qualche schema politologico teorico, noi dovremmo rispondere alla necessità di ridare ad un soggetto che vada al governo la capacità di prendere decisioni, sapendo che la legge elettorale di per se non determina in maniera meccanica le condizioni politiche che si vorrebbero raggiungere. Lo dimostra il percorso dell’ubriacatura maggioritaria che il Paese ha avuto nel ‘92 . Si è partiti per semplificare il quadro politico, per avere governi che durassero e maggioranze forti, e il risultato è stato esattamente il contrario: moltiplicazione dei soggetti politici e non governo del Paese. Occorre una legge elettorale che sia capace di rompere questo sistema falsamente bipolare, o comunque inefficientemente bipolare e ci porti verso una situazione diversa. Credo che sarebbe logico attingere alle esperienze europee, e in particolare al sistema tedesco sia per la storia del nostro paese e sia perché più adatto in questa fase a rompere il gioco bipolare, primo degli obiettivi di Società Aperta.
Quindi su questa base la proposta di Veltroni come viene giudicata?
E’ una proposta che contiene gravi errori e inefficienze nel merito, ma di alto significato politico, visto che prevede l’eliminazione del premio di maggioranza, l’elemento che porta alla formazione di coalizioni spurie il cui unico scopo è quello di dividersi i seggi previsti dalla legge elettorale maggioritaria. E che poi, una volta ottenuto questo risultato, mostrano tutte le differenze politico–programmatiche, quando addirittura non cultural–ideologiche, presenti al loro interno e si manifestano per quello che sono: cartelli elettorali incapaci di governare. Nel dibattito di questi anni, i punti di riferimento sono stati la legge elettorale francese e quella tedesca. Nessuna delle due ha il premio di maggioranza: quella francese determina con un doppio turno un meccanismo di selezione del sistema politico, quella tedesca usa uno sbarramento al 5% come elemento di semplificazione del quadro politico. E credo che Veltroni, nonostante sia sempre stato un sostenitore del doppio turno alla francese, in questa circostanza abbia riconosciuto la presenza di una consistente corrente nel Parlamento italiano che guarda con favore al sistema tedesco e si sia orientato in quella direzione.
Quello che non va bene nella proposta Veltroni?
Quello che non apprezzo nella proposta Veltroni è questo mix tedesco-spagnolo. Si ipotizza di adottare il sistema tedesco e poi si fanno degli inneschi all’italiana che si richiamano al sistema spagnolo, quantomeno contradditori. Viene ad esempio adottato il criterio di suddivisione in circoscrizioni molto piccole previsto dal sistema spagnolo, pensato ovviamente per agevolare i partiti più piccoli, vanificando quindi lo sbarramento al 5%. Se poi lo sbarramento si applica su base territoriale piccola, laddove il 5% può essere facilmente superato, e non su base nazionale, è chiaro che a quel punto il meccanismo di sbarramento viene completamento aggirato favorendo la frammentazione partitica su base territoriale, proprio in una fase in cui noi crediamo che occorra invece andare a smontare quel pletorico federalismo che abbiamo messo in piedi, una delle grandi componenti del declino italiano. Un altro aspetto negativo del modello veltroniano è l’aver previsto collegi uninominali che in qualche modo preconfezionano già il candidato. Per cui non si restituisce al cittadino la possibilità di scegliere tra più candidati, ma si indica già sulla scheda il candidato da votare e se non gradito, si costringe l’elettore a cambiare anche il partito per cui votare. Però, tra gli elementi di merito negativi e il contenuto politico positivo, è utile che prevalga questo secondo. La posizione di Veltroni è un importante punto di partenza, anche perché credo che apra spazi politici nuovi.
Prodi è rimasto al governo perché la forzatura immaginata da Berlusconi non è riuscita. Veltroni ha messo in campo la sua proposta. Qual è lo scenario dei prossimi giorni?
Io credo che ci siano due possibili strade che può prendere adesso la politica, entrambe in mano prevalentemente alla maggioranza di centro-sinistra. Una è quella che, immagino, vorrà percorrere Prodi: esaltare positivamente il fatto di aver scampato l’agguato berlusconiano e quindi immaginare un perdurare del governo che è solo l’effetto di uno stanco e sterile trascinamento dello status quo. L’altra strada potrebbe essere l’apertura di un nuovo scenario nel centro-destra. Perchè la forzatura berlusconiana certamente non porterà all’uscita di scena di Berlusconi, ma avrà delle conseguenze nella sua coalizione. Potrebbe mettere nella condizione psicologica e pratica gli altri leader del centrodestra, in particolare Casini e forse anche Fini, di guadagnare un’autonomia rispetto alla posizione berlusconiana, consentendo loro di poter sedere ad un tavolo se il centro-sinistra lo proporrà. Sicuramente, oggi, sarebbe un fatto molto positivo se Veltroni, non facendo parte del governo, aprisse un tavolo di discussione con maggioranza e opposizione su quale legge elettorale sia necessaria al Paese. L’iniziativa, che sicuramente godrebbe delle diffidenze di Prodi, potrebbe trovare aperture sia nell’Udc che in An e chissà magari anche in pezzi di Forza Italia. Certo sarebbe più logico e più opportuno - e noi auspichiamo che sia così - che questo avvenga non con il governo Prodi, ma con un governo istituzionale che preluda alla caduta di Prodi. Di argomenti o di occasioni per far cadere il governo ce ne sono continuamente: dopo la Finanziaria - a parte che il testo deve tornare alla Camera dopo il passaggio al Senato - c’è il pacchetto Welfare e la questione della sicurezza. Bisognerebbe avere il coraggio di dire chiaramente che il governo, pur avendo superato il D-Day, è comunque politicamente morto. Ritengo che sia opportuno prenderne atto, accantonare il governo e andare da Napoletano e indicare quello stesso gruppo di partiti di maggioranza e opposizione, che eventualmente si siederebbero ad un tavolo convocato per esempio da Veltroni sulla legge elettorale, sia lo stesso che possa formare un governo istituzionale. Tutto ciò potrebbe portare ad una situazione politica nuova. Mi sembra che Veltroni con questa proposta - ed è per questo che dicevo che è politicamente molto importante - ponga le premesse per creare un’alleanza che escluda sia la componente della sinistra massimalista e sia quella della destra populista. La scelta politica di Storace di costituire formalmente un partito a sé, ponendosi più a destra di An, può essere letta come una grande occasione per Fini, per presentarsi come il partito della destra moderata, per dire “io faccio il gollista che sta dentro la logica di governo e non di opposizione”. Il partito democratico non è nato con l’esplicita indicazione di voler seguire l’insegnamento di Schröder in Germania che è riuscito a mettere un confine a sinistra. Se l’avesse fatto, avrebbe dato molta più dignità ad un’operazione politica di cui è rimasta soltanto una traccia dell’unione dei vertici, dei passaggi burocratici di potere e non di un disegno politico che giustificava l’esistenza di un nuovo partito. Veltroni non ha detto mi prendo io la responsabilità di rompere il centro-sinistra e poi aspetto che il centro-destra faccia altrettanto, vuole creare una condizione di disarmo bilaterale del massimalismo e del populismo. Forse un atto di coraggio avrebbe dato più dignità al nuovo partito, però l’importante è che si creino le condizioni. Il governo istituzionale deve significare questo, se no francamente, non ne varrebbe la pena.
E Società Aperta può essere portatrice di questo messaggio attraverso iniziative pubbliche?
Diciamo che i giudizi finora espressi vanno nella direzione di una riconferma della linea tradizionale di Società Aperta che vede nella necessità di un cambiamento radicale del sistema politico la conditio sine qua non, la pre - condizione per poter affrontare il declino del nostro Paese. Sarebbe bene cominciare ad utilizzare termini più crudi, perché oggi non solo assistiamo al declino economico, ma anche ad un vero e proprio degrado della società italiana, sotto il profilo sociale, della convivenza civile e della sicurezza. La presenza dei campi nomadi in Italia e il “problema calcio”, che in realtà è un problema di ordine pubblico puro e semplice, ci indicano come, magari con forme diverse dalla banlieues francesi, anche noi cominciamo ad avere problematiche sociali di tensione, di disgregazione tali per cui il declino ha generato qualcosa di più e di peggio di quanto non avessimo immaginato finora.
Quindi il compito di Società Aperta è, da un lato fare il punto su questi aspetti, vedere cosa ha significato questo passaggio dal declino al degrado, e dall’altro quali altri problemi sono andati a sommarsi ai precedenti. L’emergenza a cui il sistema politico deve far fronte e la dimensione così grande dei problemi italiani, deve indurre a comprendere che le soluzioni politiche da attuare devono andare fuori dal solco dell’esperienza della Seconda Repubblica. C’è bisogno di costruire una Terza Repubblica creata su basi più democratiche, più trasparenti e più solide. Da qui la proposta di un’Assemblea Costituente perché il cambiamento non può limitarsi alla legge elettorale o al sistema politico, ma deve riguardare anche l’assetto istituzionale. Tutto questo significa toccare la Costituzione. Ma non come è stato fatto finora: con fallimentari strumenti parlamentari, con forzature dall’una e dall’altra parte o con interventi a spizzichi e bocconi che non hanno il senso della complessità. Ma eleggendo un’Assemblea Costituente, il luogo dove prendere atto di questa profonda trasformazione della società italiana.
Quali sono allora le iniziative di Società Aperta?
Sicuramente portare avanti il discorso dell’aggravamento della condizione italiana, riassumibile nel passaggio dal declino al degrado. Dovremo poi essere capaci di assumere iniziative che vadano nella direzione dell’apertura di un tavolo di confronto trasversale, che partendo dalla legge elettorale poi vada al di là di questa. Infatti le nostre ultime iniziative con vari “soggetti” - da Lamberto Dini a Bruno Tabacci che stanno dentro la politica, o Pezzotta che sta fuori dalla politica - vanno in questa direzione. Infine c’è la riaffermazione della necessità di un cambiamento costituzionale attraverso l’Assemblea Costituente perché il rischio è di assumere, per esempio nel caso della legge elettorale, decisioni in aperto contrasto con le logiche istituzionali. Ad esempio. Non si può adottare un sistema elettorale di tipo tedesco senza porsi il problema del Cancellierato e della diversificazione delle funzioni delle Camere. Così come non si può pensare di adottare il doppio turno e di non adottare il semi-presidenzialismo francese. Rischieremmo di continuare a fare quello che abbiamo fatto in questi anni: “mettere insieme una scarpa e una ciabatta”. Per questo noi di Società Aperta non ci stancheremo mai di sottolineare la necessità di questo appuntamento costituzionale.
b>La finanziaria è stata approvata al Senato, non c’è stato il voto negativo dei senatori dissidenti, il governo non è caduto. Cosa cambia politicamente?
Il governo non è caduto perchè Berlusconi ha commesso un gravissimo errore. Ha forzato la mano con un’offensiva mediatica che preannunciava la caduta del governo e che ha creato nel gruppo di senatori “potenziali dissidenti” la paura di ritrovarsi nella categoria dei “comprati” visto che si è ipotizzato che ci fosse un mercimonio e che quindi la loro non fosse una posizione politica. Considero questo un fatto positivo, non perchè sia rimasto in vita un governo che non avrebbe dovuto neanche nascere, ma perchè andare alle lezioni anticipate con questa legge elettorale, e cosa ancora più grave, con lo stesso assetto politico, con l’attuale bipolarismo che riproporrebbe le due coalizioni con le stesse variopinte alleanze e con gli stessi leader, (con Veltroni al posto di Prodi), sarebbe stato un gravissimo errore.
Cadrà prossimamente il governo?
Io spero di sì, perchè questo governo è sicuramente incapace di assumere le decisioni necessarie per il Paese. Ma per far cadere il governo e non essere vittime delle elezioni anticipate, occorre che alla sua caduta ci si arrivi avendo già in mente la strada da percorrere, ossia la creazione di un governo istituzionale. I suoi compiti non dovranno essere solo e semplicemente mirati all’approvazione di una nuova legge elettorale, ma dovrebbero segnare l’apertura, seppur ancora timida, di una fase politica sicuramente nuova.
E l’unico governo che può farlo, è un governo di Grande Coalizione?
Sì. Ma purtroppo la Grande Coalizione sarebbe dovuta nascere dopo il pareggio elettorale. Chi giuridicamente aveva 24.000 voti di differenza a suo vantaggio, con un atto di responsabilità politica verso se stesso e verso il Paese, avrebbe dovuto rendersi conto che nella primavera del 2006, gli italiani, dal punto di vista politico, non avevano dato la vittoria a nessuna delle due coalizioni. A questo risultato occorreva dare una nuova risposta politica e istituzionale, rispetto allo schema bipolare del vinco io o vinci tu con il quale si era giocata la campagna elettorale. In quella circostanza questo coraggio non c’è stato. Il primo responsabile di tutto ciò è Prodi. Basterebbe già solo questo motivo per mandarlo al più presto a casa. Tuttavia oggi parlare di Grande Coalizione - e cioè di un’alleanza forte tra le componenti riformiste del centro sinistra e quelle moderate del centro destra che escludano da un lato la sinistra massimalista, e dall’altro la destra populista - è qualcosa di più complesso rispetto all’attuale scenario di alleanze politiche. Ma è questo lo spirito giusto e credo che questo sia il colpo in canna che possiamo ancora sparare.
Qual è la legge elettorale che Società Aperta vorrebbe vedere approvata per arrivare a questo?
La legge elettorale deve essere quella che meglio ci aiuta a superare il bipolarismo così come si è realizzato in Italia. Società Aperta è nata per denunciare il declino profondo e strutturale dell’Italia, procurato da un sistema politico che non ha saputo assumere decisioni adeguate. A questo punto è del tutto evidente che più che a qualche schema politologico teorico, noi dovremmo rispondere alla necessità di ridare ad un soggetto che vada al governo la capacità di prendere decisioni, sapendo che la legge elettorale di per se non determina in maniera meccanica le condizioni politiche che si vorrebbero raggiungere. Lo dimostra il percorso dell’ubriacatura maggioritaria che il Paese ha avuto nel ‘92 . Si è partiti per semplificare il quadro politico, per avere governi che durassero e maggioranze forti, e il risultato è stato esattamente il contrario: moltiplicazione dei soggetti politici e non governo del Paese. Occorre una legge elettorale che sia capace di rompere questo sistema falsamente bipolare, o comunque inefficientemente bipolare e ci porti verso una situazione diversa. Credo che sarebbe logico attingere alle esperienze europee, e in particolare al sistema tedesco sia per la storia del nostro paese e sia perché più adatto in questa fase a rompere il gioco bipolare, primo degli obiettivi di Società Aperta.
Quindi su questa base la proposta di Veltroni come viene giudicata?
E’ una proposta che contiene gravi errori e inefficienze nel merito, ma di alto significato politico, visto che prevede l’eliminazione del premio di maggioranza, l’elemento che porta alla formazione di coalizioni spurie il cui unico scopo è quello di dividersi i seggi previsti dalla legge elettorale maggioritaria. E che poi, una volta ottenuto questo risultato, mostrano tutte le differenze politico–programmatiche, quando addirittura non cultural–ideologiche, presenti al loro interno e si manifestano per quello che sono: cartelli elettorali incapaci di governare. Nel dibattito di questi anni, i punti di riferimento sono stati la legge elettorale francese e quella tedesca. Nessuna delle due ha il premio di maggioranza: quella francese determina con un doppio turno un meccanismo di selezione del sistema politico, quella tedesca usa uno sbarramento al 5% come elemento di semplificazione del quadro politico. E credo che Veltroni, nonostante sia sempre stato un sostenitore del doppio turno alla francese, in questa circostanza abbia riconosciuto la presenza di una consistente corrente nel Parlamento italiano che guarda con favore al sistema tedesco e si sia orientato in quella direzione.
Quello che non va bene nella proposta Veltroni?
Quello che non apprezzo nella proposta Veltroni è questo mix tedesco-spagnolo. Si ipotizza di adottare il sistema tedesco e poi si fanno degli inneschi all’italiana che si richiamano al sistema spagnolo, quantomeno contradditori. Viene ad esempio adottato il criterio di suddivisione in circoscrizioni molto piccole previsto dal sistema spagnolo, pensato ovviamente per agevolare i partiti più piccoli, vanificando quindi lo sbarramento al 5%. Se poi lo sbarramento si applica su base territoriale piccola, laddove il 5% può essere facilmente superato, e non su base nazionale, è chiaro che a quel punto il meccanismo di sbarramento viene completamento aggirato favorendo la frammentazione partitica su base territoriale, proprio in una fase in cui noi crediamo che occorra invece andare a smontare quel pletorico federalismo che abbiamo messo in piedi, una delle grandi componenti del declino italiano. Un altro aspetto negativo del modello veltroniano è l’aver previsto collegi uninominali che in qualche modo preconfezionano già il candidato. Per cui non si restituisce al cittadino la possibilità di scegliere tra più candidati, ma si indica già sulla scheda il candidato da votare e se non gradito, si costringe l’elettore a cambiare anche il partito per cui votare. Però, tra gli elementi di merito negativi e il contenuto politico positivo, è utile che prevalga questo secondo. La posizione di Veltroni è un importante punto di partenza, anche perché credo che apra spazi politici nuovi.
Prodi è rimasto al governo perché la forzatura immaginata da Berlusconi non è riuscita. Veltroni ha messo in campo la sua proposta. Qual è lo scenario dei prossimi giorni?
Io credo che ci siano due possibili strade che può prendere adesso la politica, entrambe in mano prevalentemente alla maggioranza di centro-sinistra. Una è quella che, immagino, vorrà percorrere Prodi: esaltare positivamente il fatto di aver scampato l’agguato berlusconiano e quindi immaginare un perdurare del governo che è solo l’effetto di uno stanco e sterile trascinamento dello status quo. L’altra strada potrebbe essere l’apertura di un nuovo scenario nel centro-destra. Perchè la forzatura berlusconiana certamente non porterà all’uscita di scena di Berlusconi, ma avrà delle conseguenze nella sua coalizione. Potrebbe mettere nella condizione psicologica e pratica gli altri leader del centrodestra, in particolare Casini e forse anche Fini, di guadagnare un’autonomia rispetto alla posizione berlusconiana, consentendo loro di poter sedere ad un tavolo se il centro-sinistra lo proporrà. Sicuramente, oggi, sarebbe un fatto molto positivo se Veltroni, non facendo parte del governo, aprisse un tavolo di discussione con maggioranza e opposizione su quale legge elettorale sia necessaria al Paese. L’iniziativa, che sicuramente godrebbe delle diffidenze di Prodi, potrebbe trovare aperture sia nell’Udc che in An e chissà magari anche in pezzi di Forza Italia. Certo sarebbe più logico e più opportuno - e noi auspichiamo che sia così - che questo avvenga non con il governo Prodi, ma con un governo istituzionale che preluda alla caduta di Prodi. Di argomenti o di occasioni per far cadere il governo ce ne sono continuamente: dopo la Finanziaria - a parte che il testo deve tornare alla Camera dopo il passaggio al Senato - c’è il pacchetto Welfare e la questione della sicurezza. Bisognerebbe avere il coraggio di dire chiaramente che il governo, pur avendo superato il D-Day, è comunque politicamente morto. Ritengo che sia opportuno prenderne atto, accantonare il governo e andare da Napoletano e indicare quello stesso gruppo di partiti di maggioranza e opposizione, che eventualmente si siederebbero ad un tavolo convocato per esempio da Veltroni sulla legge elettorale, sia lo stesso che possa formare un governo istituzionale. Tutto ciò potrebbe portare ad una situazione politica nuova. Mi sembra che Veltroni con questa proposta - ed è per questo che dicevo che è politicamente molto importante - ponga le premesse per creare un’alleanza che escluda sia la componente della sinistra massimalista e sia quella della destra populista. La scelta politica di Storace di costituire formalmente un partito a sé, ponendosi più a destra di An, può essere letta come una grande occasione per Fini, per presentarsi come il partito della destra moderata, per dire “io faccio il gollista che sta dentro la logica di governo e non di opposizione”. Il partito democratico non è nato con l’esplicita indicazione di voler seguire l’insegnamento di Schröder in Germania che è riuscito a mettere un confine a sinistra. Se l’avesse fatto, avrebbe dato molta più dignità ad un’operazione politica di cui è rimasta soltanto una traccia dell’unione dei vertici, dei passaggi burocratici di potere e non di un disegno politico che giustificava l’esistenza di un nuovo partito. Veltroni non ha detto mi prendo io la responsabilità di rompere il centro-sinistra e poi aspetto che il centro-destra faccia altrettanto, vuole creare una condizione di disarmo bilaterale del massimalismo e del populismo. Forse un atto di coraggio avrebbe dato più dignità al nuovo partito, però l’importante è che si creino le condizioni. Il governo istituzionale deve significare questo, se no francamente, non ne varrebbe la pena.
E Società Aperta può essere portatrice di questo messaggio attraverso iniziative pubbliche?
Diciamo che i giudizi finora espressi vanno nella direzione di una riconferma della linea tradizionale di Società Aperta che vede nella necessità di un cambiamento radicale del sistema politico la conditio sine qua non, la pre - condizione per poter affrontare il declino del nostro Paese. Sarebbe bene cominciare ad utilizzare termini più crudi, perché oggi non solo assistiamo al declino economico, ma anche ad un vero e proprio degrado della società italiana, sotto il profilo sociale, della convivenza civile e della sicurezza. La presenza dei campi nomadi in Italia e il “problema calcio”, che in realtà è un problema di ordine pubblico puro e semplice, ci indicano come, magari con forme diverse dalla banlieues francesi, anche noi cominciamo ad avere problematiche sociali di tensione, di disgregazione tali per cui il declino ha generato qualcosa di più e di peggio di quanto non avessimo immaginato finora.
Quindi il compito di Società Aperta è, da un lato fare il punto su questi aspetti, vedere cosa ha significato questo passaggio dal declino al degrado, e dall’altro quali altri problemi sono andati a sommarsi ai precedenti. L’emergenza a cui il sistema politico deve far fronte e la dimensione così grande dei problemi italiani, deve indurre a comprendere che le soluzioni politiche da attuare devono andare fuori dal solco dell’esperienza della Seconda Repubblica. C’è bisogno di costruire una Terza Repubblica creata su basi più democratiche, più trasparenti e più solide. Da qui la proposta di un’Assemblea Costituente perché il cambiamento non può limitarsi alla legge elettorale o al sistema politico, ma deve riguardare anche l’assetto istituzionale. Tutto questo significa toccare la Costituzione. Ma non come è stato fatto finora: con fallimentari strumenti parlamentari, con forzature dall’una e dall’altra parte o con interventi a spizzichi e bocconi che non hanno il senso della complessità. Ma eleggendo un’Assemblea Costituente, il luogo dove prendere atto di questa profonda trasformazione della società italiana.
Quali sono allora le iniziative di Società Aperta?
Sicuramente portare avanti il discorso dell’aggravamento della condizione italiana, riassumibile nel passaggio dal declino al degrado. Dovremo poi essere capaci di assumere iniziative che vadano nella direzione dell’apertura di un tavolo di confronto trasversale, che partendo dalla legge elettorale poi vada al di là di questa. Infatti le nostre ultime iniziative con vari “soggetti” - da Lamberto Dini a Bruno Tabacci che stanno dentro la politica, o Pezzotta che sta fuori dalla politica - vanno in questa direzione. Infine c’è la riaffermazione della necessità di un cambiamento costituzionale attraverso l’Assemblea Costituente perché il rischio è di assumere, per esempio nel caso della legge elettorale, decisioni in aperto contrasto con le logiche istituzionali. Ad esempio. Non si può adottare un sistema elettorale di tipo tedesco senza porsi il problema del Cancellierato e della diversificazione delle funzioni delle Camere. Così come non si può pensare di adottare il doppio turno e di non adottare il semi-presidenzialismo francese. Rischieremmo di continuare a fare quello che abbiamo fatto in questi anni: “mettere insieme una scarpa e una ciabatta”. Per questo noi di Società Aperta non ci stancheremo mai di sottolineare la necessità di questo appuntamento costituzionale.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.