L’equilibrio politico delle democrazie avanzate
Posto che l’Italia non è la Florida
Perché in altri grandi Paesi il voto tende al pareggio? Per evitare il rischio divisionidi Antonio Gesualdi - 19 aprile 2006
"We talked about the danger of division in our country and the need - the desperate need - for unity, for finding the common ground, coming together."<br>
Non c"è assolutamente niente di simile tra i riconteggi elettorali americano e italiano se non una considerazione sulle moderne democrazie. Negli Stati Uniti il candidato perdente, per consuetudine, telefona al vincitore, poi pubblicamente con una concession speech riconosce la vittoria dell"avversario. In Italia il Presidente della Repubblica consulta – ma non è obbligato – i partiti subito dopo le elezioni e incarica un possibile Presidente del Consiglio per formare il Governo. Logiche tutte diverse e affatto comparabili se non per rimarcarne la diversità.
Che poi possano verificarsi condizioni politiche simili è un altro discorso. Qualche mese fa l"amico Arduino Paniccia, esperto di strategie internazionali, mi chiese: "ma perché nelle grandi democrazia il voto tende al pareggio?". Non credo ci sia una risposta univoca, ma l"abitudine dei governi a modificare le leggi elettorali nell"ultima parte del mandato, a mio avviso, porta necessariamente verso la strada dei pareggi. I governi uscenti conoscono bene la geografia del voto politico e quindi tendono a costruire leggi elettorali in grado di avvantaggiarsi. E" successo in Italia con il governo Berlusconi, ma anche in Francia, in Germania e negli Stati Uniti (dove, ad esempio, prima delle ultime elezioni vi è stata una lunga disputa sui confini dei collegi elettorali in Texas considerata sfavorevole ai democratici). E negli Stati Uniti, tra l"altro, non è tanto importante avere il più alto numero di voti quanto il più alto numero di Grandi Elettori tra i vari stati.
Dunque i sistemi elettorali delle democrazie avanzate tendono a produrre un equilibrio politico basato sulla capacità di lettura della geografia politica e le possibilità di modifiche delle leggi elettorali. Chiedere il riconteggio del voto, quindi, potrebbe diventare una consuetudine. Ma diventerà politicamente necessario, sempre, la conferma del risultato.
Se non così non fosse queste grandi democrazie crollerebbero perché metterebbero in crisi il loro pilastro fondante: ovvero l"espressione della volontà popolare. Se quella volontà viene messa continuamente in dubbio per motivi tecnici di conta allora non è più una volontà forte e univoca, ma discutibile e quindi impotente. La tecnica del modo di votare e dei conteggi potrà cambiare, perfezionarsi o incepparsi, ma la sostanza non può essere messa in discussione.
Quanto alle comparazioni forse non tutti sanno che negli Stati Uniti ci sono almeno cinque tipi di voto per le presidenziali. In alcune contee (neppure Stati interi) si vota con la scheda, in altri con la scheda-perforata, in altri con il lettore ottico, in altri con il vero e proprio voto elettronico e in altri con la punzonatura. Ognuno di questi sistemi ha pro e contro ed è più o meno "moderno". Nello stato di New York si vota ancora col punzone, in Alaska, Hawai, Nuovo Messico, Oklahoma e Oregon si usa la lettura ottica. Dalla Georgia al Nevada si usa il voto elettronico e in modo sparso si usano la scheda e la scheda-perforata. La maggioranza delle contee americane usa il lettore ottico. In Florida - dove c"è stato il riconteggio Gore-Bush - è praticato il voto a lettura ottica e anche il voto elettronico. In Italia si vota ancora, e soltanto, con la matita copiativa. E il tutto si conta con i metodi più diversi: passando le dita sulle labbra, facendo le somme a mano, con la calcolatrice, telefonando i dati o mandando fax. In tutto questo è chiaro che possano verificarsi errori umani, tecnici, di stop-and-go eccetera. Ma tutto questo non potrà mai portare al ribaltamento del risultato elettorale dichiarato ufficialmente a fine conteggio dal Ministero preposto. Sarebbe la morte politica delle nostre democrazie.
E, infatti, negli Stati Uniti il 12 dicembre 2000 la Corte Suprema di Washington ferma i conteggi - perché non era garantito un metodo coerente di valutazione delle schede in discussione - e dichiara chiuso il caso. E così farà la Corte di Cassazione italiana dopo la sola verifica prevista dalla legge. Insomma i riconteggi non hanno cittadinanza politica. Meglio, molto meglio, il fair-play imposto dalla diplomazia e dalla necessità. Se qualcosa è andato storto si potrà sempre votare ancora, ma se si mette in discussione "il votare" cos"altro ci resterebbe? E valga anche per l"Italia il bel passaggio della concession speech di Kerry sconfitto da Bush: "Earlier today, I spoke to President Bush, and I offered him and Laura our congratulations on their victory. We had a good conversation and we talked about the danger of division in our country and the need – the desperate need – for unity, for finding the common ground, coming together. Today, I hope that we can begin the healing. In America it is vital that every vote count, and that every vote be counted. But the outcome should be decided by voters, not a protracted legal process."
Non c"è assolutamente niente di simile tra i riconteggi elettorali americano e italiano se non una considerazione sulle moderne democrazie. Negli Stati Uniti il candidato perdente, per consuetudine, telefona al vincitore, poi pubblicamente con una concession speech riconosce la vittoria dell"avversario. In Italia il Presidente della Repubblica consulta – ma non è obbligato – i partiti subito dopo le elezioni e incarica un possibile Presidente del Consiglio per formare il Governo. Logiche tutte diverse e affatto comparabili se non per rimarcarne la diversità.
Che poi possano verificarsi condizioni politiche simili è un altro discorso. Qualche mese fa l"amico Arduino Paniccia, esperto di strategie internazionali, mi chiese: "ma perché nelle grandi democrazia il voto tende al pareggio?". Non credo ci sia una risposta univoca, ma l"abitudine dei governi a modificare le leggi elettorali nell"ultima parte del mandato, a mio avviso, porta necessariamente verso la strada dei pareggi. I governi uscenti conoscono bene la geografia del voto politico e quindi tendono a costruire leggi elettorali in grado di avvantaggiarsi. E" successo in Italia con il governo Berlusconi, ma anche in Francia, in Germania e negli Stati Uniti (dove, ad esempio, prima delle ultime elezioni vi è stata una lunga disputa sui confini dei collegi elettorali in Texas considerata sfavorevole ai democratici). E negli Stati Uniti, tra l"altro, non è tanto importante avere il più alto numero di voti quanto il più alto numero di Grandi Elettori tra i vari stati.
Dunque i sistemi elettorali delle democrazie avanzate tendono a produrre un equilibrio politico basato sulla capacità di lettura della geografia politica e le possibilità di modifiche delle leggi elettorali. Chiedere il riconteggio del voto, quindi, potrebbe diventare una consuetudine. Ma diventerà politicamente necessario, sempre, la conferma del risultato.
Se non così non fosse queste grandi democrazie crollerebbero perché metterebbero in crisi il loro pilastro fondante: ovvero l"espressione della volontà popolare. Se quella volontà viene messa continuamente in dubbio per motivi tecnici di conta allora non è più una volontà forte e univoca, ma discutibile e quindi impotente. La tecnica del modo di votare e dei conteggi potrà cambiare, perfezionarsi o incepparsi, ma la sostanza non può essere messa in discussione.
Quanto alle comparazioni forse non tutti sanno che negli Stati Uniti ci sono almeno cinque tipi di voto per le presidenziali. In alcune contee (neppure Stati interi) si vota con la scheda, in altri con la scheda-perforata, in altri con il lettore ottico, in altri con il vero e proprio voto elettronico e in altri con la punzonatura. Ognuno di questi sistemi ha pro e contro ed è più o meno "moderno". Nello stato di New York si vota ancora col punzone, in Alaska, Hawai, Nuovo Messico, Oklahoma e Oregon si usa la lettura ottica. Dalla Georgia al Nevada si usa il voto elettronico e in modo sparso si usano la scheda e la scheda-perforata. La maggioranza delle contee americane usa il lettore ottico. In Florida - dove c"è stato il riconteggio Gore-Bush - è praticato il voto a lettura ottica e anche il voto elettronico. In Italia si vota ancora, e soltanto, con la matita copiativa. E il tutto si conta con i metodi più diversi: passando le dita sulle labbra, facendo le somme a mano, con la calcolatrice, telefonando i dati o mandando fax. In tutto questo è chiaro che possano verificarsi errori umani, tecnici, di stop-and-go eccetera. Ma tutto questo non potrà mai portare al ribaltamento del risultato elettorale dichiarato ufficialmente a fine conteggio dal Ministero preposto. Sarebbe la morte politica delle nostre democrazie.
E, infatti, negli Stati Uniti il 12 dicembre 2000 la Corte Suprema di Washington ferma i conteggi - perché non era garantito un metodo coerente di valutazione delle schede in discussione - e dichiara chiuso il caso. E così farà la Corte di Cassazione italiana dopo la sola verifica prevista dalla legge. Insomma i riconteggi non hanno cittadinanza politica. Meglio, molto meglio, il fair-play imposto dalla diplomazia e dalla necessità. Se qualcosa è andato storto si potrà sempre votare ancora, ma se si mette in discussione "il votare" cos"altro ci resterebbe? E valga anche per l"Italia il bel passaggio della concession speech di Kerry sconfitto da Bush: "Earlier today, I spoke to President Bush, and I offered him and Laura our congratulations on their victory. We had a good conversation and we talked about the danger of division in our country and the need – the desperate need – for unity, for finding the common ground, coming together. Today, I hope that we can begin the healing. In America it is vital that every vote count, and that every vote be counted. But the outcome should be decided by voters, not a protracted legal process."
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.