La strategia suicida
Pierluigi devastante
I veri leader difendono le proprie scelte (Marini), davanti al Parlamento e al Paese. Se cedono, devono anche andare via.di Davide Giacalone - 19 aprile 2013
Pierluigi Bersani è riuscito a bruciare le prime votazioni per la scelta del nuovo presidente della Repubblica. Quelle in cui lui, il Pd e la politica potevano ancora contare qualche cosa. La scelta delle schede bianche, dopo lo schiaffone ricevuto dai propri grandi elettori, sulla candidatura di Franco Marini, è una fuga dalla realtà e dalla responsabilità. La strada da seguire doveva essere ben diversa: scelto un nome sul quale puntare e in cui credere, raggiunto l’accordo con il centro destra, non mollare e non sospendere. I dirigenti politici, quando sono tali, spiegano e difendono le scelte che fanno. Davanti al Parlamento e davanti al Paese. Se cedono devono anche andare via.
Il fatto è che Bersani è solo nominalmente il segretario del Partito democratico. Di fatto non controlla minimamente il multicolore agglomerato. Più che prevedere una scissione se ne può immaginare l’esplosione. E, del resto, il Pd è il terzo nome assunto dalla sinistra, dopo Pds (di cui era presidente Stefano Rodotà) e Ds. Loro ci tengono a dire che non sono tre nomi della stessa cosa, segno che siamo al quarto squagliamento, in meno di venti anni. Gli errori commessi creano un paradosso: votano contro la linea della segreteria sia quelli che gridano all’inciucio (immagino desiderosi di associarsi ai pentastelluti, sicché dovrebbero dirci come poi pensano di governare), sia l’area di Matteo Renzi, che si spese per le larghe intese. Non era facile riuscire ad acchiappare un simile risultato negativo.
La conta della rinuncia al voto, lo spettacolo delle schede bianche è stato desolante. L’esatto contrario di quel che serve all’Italia. La realtà economica e gli interessi in conflitto, nell’area dell’euro, reclamano un governo. Che, invece, va in coda a questa commedia. Il danno politico è a sinistra, ma questo non confonda le idee alla destra: l’Italia è spaccata e va ricomposta, è spaventata e va rassicurata, è depressa e va spronata. Chiunque si trovi in vantaggio non creda d’essere vincitore solitario, di potere prendere tutto, di potere bloccare il Paese in attesa di averlo. Guardi Bersani e il suo partito, per capire che fine fanno quelli che commettono questo madornale errore.
Il fatto è che Bersani è solo nominalmente il segretario del Partito democratico. Di fatto non controlla minimamente il multicolore agglomerato. Più che prevedere una scissione se ne può immaginare l’esplosione. E, del resto, il Pd è il terzo nome assunto dalla sinistra, dopo Pds (di cui era presidente Stefano Rodotà) e Ds. Loro ci tengono a dire che non sono tre nomi della stessa cosa, segno che siamo al quarto squagliamento, in meno di venti anni. Gli errori commessi creano un paradosso: votano contro la linea della segreteria sia quelli che gridano all’inciucio (immagino desiderosi di associarsi ai pentastelluti, sicché dovrebbero dirci come poi pensano di governare), sia l’area di Matteo Renzi, che si spese per le larghe intese. Non era facile riuscire ad acchiappare un simile risultato negativo.
La conta della rinuncia al voto, lo spettacolo delle schede bianche è stato desolante. L’esatto contrario di quel che serve all’Italia. La realtà economica e gli interessi in conflitto, nell’area dell’euro, reclamano un governo. Che, invece, va in coda a questa commedia. Il danno politico è a sinistra, ma questo non confonda le idee alla destra: l’Italia è spaccata e va ricomposta, è spaventata e va rassicurata, è depressa e va spronata. Chiunque si trovi in vantaggio non creda d’essere vincitore solitario, di potere prendere tutto, di potere bloccare il Paese in attesa di averlo. Guardi Bersani e il suo partito, per capire che fine fanno quelli che commettono questo madornale errore.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.