Il mattarellum ha creato coalizioni “bastarde”
Perché è meglio il proporzionale
Un sistema meno distorsivo del voto e che tende all’aggregazione delle forze omogeneedi Antonio Gesualdi - 06 ottobre 2005
Non parliamo dell'oggi da subito così la mente resta più fredda.
Nel 1958 al Nord la preferenza personale verso il candidato politico è espressa in una forbice dal 14% al 22% degli elettori. Al Centro dal 16% al 30%, mentre al Sud e in Sicilia e Sardegna si va dal 32% al 51%. La preferenza per chi votava Democrazia cristiana veniva utilizzata da oltre il 50% degli elettori del Sud e per chi votava il Partito comunista dal 39% in su. Sono pronto a scommettere che non è cambiato molto da allora. Il Sud e le isole si muoverebbero meglio con le preferenze, a prescindere dai partiti e dagli schieramenti. Chi vuole attaccare bottone sulle possibili devianze della preferenza ne ha di filo. Ma non cambia la sostanza delle cose. Il maggioritario non è da meno nei rapporti pervertibili tra eletto ed elettore. Ed è il maggioritario che crea le sproporzioni tra voti e seggi non il proporzionale. Blair alle ultime elezioni ha ottenuto il 35,2% dei voti e il 55,1% dei seggi. In Germania, dove c'è un proporzionale con sbarramento, la signora Merkel ha ottenuto il 35,2% dei voti e il 36,7% dei seggi. La Spagna è simile alla Germania, mentre la Francia, col maggioritario-ballottaggio, è più vicina all'Inghilterra. In Italia è tutto invertito: nella quota maggioritaria Forza Italia, che è il primo partito, ha il 29,5% dei voti e il 30,6% dei seggi; nella quota proporzionale la Cdl ha il 45,4% dei voti e il 58,4% dei seggi. Questo risultato è dovuto al fatto che nel nostro Paese non ci sono più due grandi partiti, ma solo coalizioni. Dunque il problema non è nel sistema elettorale, ma in quella politico.
Poi ci sono i sondaggi che in questo periodo con le tante ipotesi circolanti sulla riforma elettorale vanno a ruota libera. A giochi fatti noteremo che erano tutti fuori tema.
Di fatto non ci resta che un ragionamento, esclusivamente, politico. Abbiamo detto e ripetuto che il Mattarellum e l'impianto della Seconda Repubblica non poteva durare a lungo. Che ci sia gente che versa lacrime sul Mattarellum fa anche meraviglia visto che a beneficiarne sono stati soprattutto i piccoli e piccolissimi partiti.
Il Mattarellum costringe i partiti - che non sono mai scomparsi nel frattempo - a correre insieme e anche divisi. A governare insieme, ma anche a cercare di distinguersi. Da una parte abbiamo un centro-destra che per vincere ha dovuto fondarsi sull'asse Bossi-Berlusconi (che prende i voti nel Nordovest, Sud, Isole e Nordest) e dall'altra il centro-sinistra che per vincere deve imbarcare Rifondazione Comunista e tutti i partitini di centro che non arrivano al 2% (e che prende i voti soprattutto nel Centro Italia).
Appare evidente che una qualsiasi riforma elettorale che preveda un qualche sbarramento, premio-coalizione ecc., anche minimo, danneggia soprattutto il centro-sinistra. Appare altrettanto evidente che la stessa legge elettorale spingerà i singoli partiti a correre da soli e quindi metterà in discussione l'asse Bossi-Berlusconi. Non si tratta di un tecnicismo, ma della sostanza della rappresentanza politica nel nostro Paese.
Se dovesse essere così vedrete che i partitini che non voglio suicidarsi si accorperanno e avremo un movimento centripeto e meno schizofrenico.
Oggi, che non c'è ancora la legge, gli effetti politici di questo processo sono già evidenti: la crisi della Giunta regionale della Lombardia (in Veneto c'è già stata la crisi interna a Forza Italia), che è una questione nazionale e non locale, e il ruolo dei piccoli partiti del centro-sinistra (unione Sdi-Nuovo Psi-Radicali) con l'aggravante che il leader designato non ha un partito di riferimento e se se lo dovesse creare ne costruirebbe un altro di piccolo.
Chi ha mangiato pane e cicoria per più di un decennio per costruire il binomio Prodi-Berlusconi tenderà a conservare lo stato delle cose. Chi vuole andare oltre ha una strada obbligata: riforme istituzionali ed elettorali.
Nel 1958 al Nord la preferenza personale verso il candidato politico è espressa in una forbice dal 14% al 22% degli elettori. Al Centro dal 16% al 30%, mentre al Sud e in Sicilia e Sardegna si va dal 32% al 51%. La preferenza per chi votava Democrazia cristiana veniva utilizzata da oltre il 50% degli elettori del Sud e per chi votava il Partito comunista dal 39% in su. Sono pronto a scommettere che non è cambiato molto da allora. Il Sud e le isole si muoverebbero meglio con le preferenze, a prescindere dai partiti e dagli schieramenti. Chi vuole attaccare bottone sulle possibili devianze della preferenza ne ha di filo. Ma non cambia la sostanza delle cose. Il maggioritario non è da meno nei rapporti pervertibili tra eletto ed elettore. Ed è il maggioritario che crea le sproporzioni tra voti e seggi non il proporzionale. Blair alle ultime elezioni ha ottenuto il 35,2% dei voti e il 55,1% dei seggi. In Germania, dove c'è un proporzionale con sbarramento, la signora Merkel ha ottenuto il 35,2% dei voti e il 36,7% dei seggi. La Spagna è simile alla Germania, mentre la Francia, col maggioritario-ballottaggio, è più vicina all'Inghilterra. In Italia è tutto invertito: nella quota maggioritaria Forza Italia, che è il primo partito, ha il 29,5% dei voti e il 30,6% dei seggi; nella quota proporzionale la Cdl ha il 45,4% dei voti e il 58,4% dei seggi. Questo risultato è dovuto al fatto che nel nostro Paese non ci sono più due grandi partiti, ma solo coalizioni. Dunque il problema non è nel sistema elettorale, ma in quella politico.
Poi ci sono i sondaggi che in questo periodo con le tante ipotesi circolanti sulla riforma elettorale vanno a ruota libera. A giochi fatti noteremo che erano tutti fuori tema.
Di fatto non ci resta che un ragionamento, esclusivamente, politico. Abbiamo detto e ripetuto che il Mattarellum e l'impianto della Seconda Repubblica non poteva durare a lungo. Che ci sia gente che versa lacrime sul Mattarellum fa anche meraviglia visto che a beneficiarne sono stati soprattutto i piccoli e piccolissimi partiti.
Il Mattarellum costringe i partiti - che non sono mai scomparsi nel frattempo - a correre insieme e anche divisi. A governare insieme, ma anche a cercare di distinguersi. Da una parte abbiamo un centro-destra che per vincere ha dovuto fondarsi sull'asse Bossi-Berlusconi (che prende i voti nel Nordovest, Sud, Isole e Nordest) e dall'altra il centro-sinistra che per vincere deve imbarcare Rifondazione Comunista e tutti i partitini di centro che non arrivano al 2% (e che prende i voti soprattutto nel Centro Italia).
Appare evidente che una qualsiasi riforma elettorale che preveda un qualche sbarramento, premio-coalizione ecc., anche minimo, danneggia soprattutto il centro-sinistra. Appare altrettanto evidente che la stessa legge elettorale spingerà i singoli partiti a correre da soli e quindi metterà in discussione l'asse Bossi-Berlusconi. Non si tratta di un tecnicismo, ma della sostanza della rappresentanza politica nel nostro Paese.
Se dovesse essere così vedrete che i partitini che non voglio suicidarsi si accorperanno e avremo un movimento centripeto e meno schizofrenico.
Oggi, che non c'è ancora la legge, gli effetti politici di questo processo sono già evidenti: la crisi della Giunta regionale della Lombardia (in Veneto c'è già stata la crisi interna a Forza Italia), che è una questione nazionale e non locale, e il ruolo dei piccoli partiti del centro-sinistra (unione Sdi-Nuovo Psi-Radicali) con l'aggravante che il leader designato non ha un partito di riferimento e se se lo dovesse creare ne costruirebbe un altro di piccolo.
Chi ha mangiato pane e cicoria per più di un decennio per costruire il binomio Prodi-Berlusconi tenderà a conservare lo stato delle cose. Chi vuole andare oltre ha una strada obbligata: riforme istituzionali ed elettorali.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.