Perché lo Stato sacrifica la radio
L'emittente vaticana può avere torto o ragione, ma il vero problema, per tutti, è il passaggio alle emissioni digitalidi Davide Giacalone - 10 maggio 2005
Due prelati, dirigenti di Radio Vaticana, sono stati condannati, in sede penale, seppur con pena lieve, per inquinamento elettromagnetico. Anzi, no, siccome quel reato non esiste nel nostro codice, sono stati condannati per “getto pericoloso di cose”. Le “cose”, appunto, sarebbero le onde della loro radio.
Non entro nel merito del processo, la cui sentenza non è definitiva e che i due condannati contestano vivacemente, segnalo, semmai, la singolare inversione delle parti: il Vaticano si appella alla scienza, sostenendo che le potenze d’emissione non nocive sono ben superiori a quelle consentite dalla legge italiana; lo Stato, con le sue leggi, preferisce attestarsi sul sicuro, mostrandosi più prudente, o più timoroso, innanzi allo spettro (ora ci vuole) elettromagnetico. Curioso.
La cosa più interessante è domandarsi: ma si può fare radio utilizzando impianti a più bassa potenza d’emissione? La risposta non solo è affermativa, ma, addirittura, si possono ottenere risultati migliori, in termini di qualità del segnale, con potenze inferiori, e, questo, grazie al Dab, la radio digitale. Però c’è un problema: in Italia il governo fa di tutto per ostacolare il Dab. A dispetto delle leggi italiane, che diconono di voler promuovere il diffondersi di quella tecnologia, il governo si mette di traverso. Perché?
Presto detto. Il Dab dovrebbe realizzarsi in uno spazio radioelettrico (il canale 12) oggi utilizzato dalla televisione Rai. E siccome lo Stato non riesce a far rispettare le proprie leggi neanche quando si tratta di sloggiare se stesso, ecco che si preferisce inventar problemi, fare cause, estenuare gli editori con pastoie burocratiche e trucchetti di second’ordine.
Poi c’è una seconda ragione, un altro spettro che s’aggira per l’Italia: il governo spende soldi pubblici e dedica gradi attenzioni allo sviluppo della televisione digitale terrestre, inseguendo l’impegno, incautamente sancito per legge, di spegnere il segnale analogico entro la fine dell’anno prossimo. A questo obiettivo sacrifica tutto. Ma non sacrifica solo le radio, sacrifica anche la logica ed il buon senso, perché entro quella data non succederà nulla, non ci sarà alcun passaggio definitivo, e lo spettro del digitale comincerà a disturbare i sonni di quanti, oggi, fanno finta di non sapere e non vedere.
A quel punto chiederanno aiuto al Vaticano, acciocché invii un esorcista.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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