Lo spettacolo strampalato della scena pubblica
Pensioni e trasformismi
Senza una riforma seria si rischia di praticare solo demagogiadi Davide Giacalone - 05 marzo 2009
Se il governo dice che il sistema pensionistico si regge ed è in equilibrio, è ovvio che i sindacati archiviano l’affermazione e di riforma non se ne parla più per molti anni. Riforma, poi, è una parola generica: necessita l’innalzamento dell’età pensionabile, ristabilendo equità sociale e non togliendo ai figli, non protetti, per dare ai genitori, protetti. Quello cui assistiamo, invece, è un dibattito non razionale, dominato dal trasformismo e dall’incoscienza.
Il governo dice di non volere riforme, ma è la stessa maggioranza che varò gli “scaloni”, che allontanavano la pensione per i lavoratori in servizio. All’epoca sostenevo che era troppo poco, loro che era il giusto e l’indispensabile. Posto che gli scaloni sono stati cancellati, se oggi non si sente il bisogno di riprendere quella direzione di marcia è segno che, all’epoca, si agì per sadico capriccio. Vi pare razionale? All’opposizione si pratica lo sport eguale e contrario: dicono, ora, che si devono riformare le pensioni, ma quando erano maggioranza e governavano le controriformarono, abbassando l’età pensionabile. Segno che praticarono demagogia a scopo propagandistico, dilapidando. Vi pare serio?
E’ vero, come sostiene il ministro Sacconi, che molte aziende spingono i lavoratori verso il pensionamento, perché spostano costi verso l’esterno e li tagliano dai loro conti. Ma è anche vero che i lavoratori tendono a non andarci, in pensione, se possono. Con questi chiari di luna, meglio non perdere un solo euro. E’ la condizione ideale, per mettere mano ai cambiamenti. Che sono comunque necessari. Certo, i sindacati s’oppongono. Ma mica rappresentano i lavoratori! A sentir loro neanche per le statali, si dovrebbe toccare la legge, in barba alla condanna della Corte europea (per discriminazione ai danni dei maschi, roba da matti).
La scena pubblica, insomma, offre uno spettacolo strampalato, dimentico tanto degli interessi del mercato, quindi della creazione di ricchezza nazionale, quanto di quelli dei giovani e dei non garantiti, abbandonati alla dequalificazione, al salvataggio per sanatoria clientelare, e, destinati a pagare il conto collettivo. I cambiamenti portano incertezza? Bé, non cambiando nulla si coltivano le sole certezze della crescita lenta, quando va di lusso, e della decrescita accelerata.
Pubblicato su Libero di giovedì 5 marzo
Il governo dice di non volere riforme, ma è la stessa maggioranza che varò gli “scaloni”, che allontanavano la pensione per i lavoratori in servizio. All’epoca sostenevo che era troppo poco, loro che era il giusto e l’indispensabile. Posto che gli scaloni sono stati cancellati, se oggi non si sente il bisogno di riprendere quella direzione di marcia è segno che, all’epoca, si agì per sadico capriccio. Vi pare razionale? All’opposizione si pratica lo sport eguale e contrario: dicono, ora, che si devono riformare le pensioni, ma quando erano maggioranza e governavano le controriformarono, abbassando l’età pensionabile. Segno che praticarono demagogia a scopo propagandistico, dilapidando. Vi pare serio?
E’ vero, come sostiene il ministro Sacconi, che molte aziende spingono i lavoratori verso il pensionamento, perché spostano costi verso l’esterno e li tagliano dai loro conti. Ma è anche vero che i lavoratori tendono a non andarci, in pensione, se possono. Con questi chiari di luna, meglio non perdere un solo euro. E’ la condizione ideale, per mettere mano ai cambiamenti. Che sono comunque necessari. Certo, i sindacati s’oppongono. Ma mica rappresentano i lavoratori! A sentir loro neanche per le statali, si dovrebbe toccare la legge, in barba alla condanna della Corte europea (per discriminazione ai danni dei maschi, roba da matti).
La scena pubblica, insomma, offre uno spettacolo strampalato, dimentico tanto degli interessi del mercato, quindi della creazione di ricchezza nazionale, quanto di quelli dei giovani e dei non garantiti, abbandonati alla dequalificazione, al salvataggio per sanatoria clientelare, e, destinati a pagare il conto collettivo. I cambiamenti portano incertezza? Bé, non cambiando nulla si coltivano le sole certezze della crescita lenta, quando va di lusso, e della decrescita accelerata.
Pubblicato su Libero di giovedì 5 marzo
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.