La trovata rischia di apparire sensata
Parola di Cavaliere e i suoi effetti
L’eventuale passo indietro dei due leader potrebbe il maggior ostacolo al cambiamentodi Cesare Greco - 13 aprile 2006
Colpo di scena? Berlusconi propone le larghe intese sul modello tedesco, e in tal caso si chiama fuori da eventuali responsabilità di governo. Questo anche nell’ipotesi che il conteggio dei voti controversi dia la maggioranza alla Cdl. Parola di Cavaliere. Quale effetto potrà avere questa proposta, sicuramente spiazzante, sui moderati dell’Unione, preoccupati da una prospettiva di governo difficilissima? E’ un fatto che a sinistra l’ala antagonista ha avuto un successo in voti che non potrà non pesare in modo determinante sulle scelte economiche e di politica estera. E le scelte di Diliberto, Pecoraro, Ferrando, per non parlare dei movimentisti e no global vari, vanno in senso opposto a quelle auspicate da Margherita, Udeur, Rosa nel Pugno e parte dei Ds.
Dalle prime reazioni, la grande stampa internazionale, anche quella che non mostrava indulgenze verso il governo Berlusconi, non sembra credere nella capacità di un futuro governo, disomogeneo e avversato dalla metà degli italiani, di affrontare e risolvere le sfide incombenti e rilanciare il Paese. Certo nell’immediato non ci si aspetta reazioni a sinistra, ma il sasso è sicuramente caduto nello stagno. Nello scenario politico che si prospetta, con i gravi problemi sul tappeto, con una costituzione da riparare, ma noi diciamo da riscrivere, la trovata berlusconiana rischia di apparire la prima cosa sensata del panorama politico degli ultimi mesi e liquidarla come un disperato tentativo degli sconfitti di rimettersi in gioco significherebbe proseguire nella sciagurata contrapposizione che ha caratterizzato la campagna elettorale più lunga e brutta della storia della repubblica. Basandosi su un’analisi della situazione politica rilevatasi esatta alla prova dei fatti, Società Aperta su questo argomento si è esposta e si è spesa nei mesi scorsi, raccogliendo perlopiù scetticismo bipartsan. Un’ipotesi, dunque, quella della Grosse Koalition che appare l’unica adeguata ad indirizzare il Paese verso un percorso virtuoso che riappacifichi gli animi, imposti una politica economica in grado di fermare il declino, riapra il dialogo sociale e restituisca alle Istituzioni le proprie prerogative. Soprattutto appare l’unica soluzione in grado di porre le basi per il rilancio del sistema paese attraverso le necessarie iniziative forti e, contemporaneamente, votare la legge istitutiva di una nuova Assemblea Costituente che riscriva le regole con uno spirito nuovo. Certo una cosa deve essere chiara: un governo di larghe intese non può essere, in una situazione come quella italiana un’ipotesi di legislatura. L’Italia non ha una stabilità istituzionale paragonabile a quella della Germania e, soprattutto, ha una Costituzione ferita dalle incursioni effettuate con uguale cinismo dai due poli, con il titolo quinto e la devolution rispettivamente.
Il problema del bipolarismo all’italiana rimane l’alleanza obbligata tra formazioni politiche che, in condizioni normali, sarebbero incompatibili. A sinistra, in particolare, il collante più forte è apparso essere l’antiberlusconismo, la cui forza ha finito per porre in secondo piano le differenze politiche. In virtù di questo unico collante vero, in presenza da ambo le parti dell’arco parlamentare della peggiore classe politica del dopoguerra (ma lasciatemi salvare il ministro Pisanu), i moderati e i liberali di sinistra hanno finito per cavalcare no globalismi e girotondi, lasciandosi dettare dagli antagonisti l’agenda delle iniziative politiche. Per una forza d’opposizione l’argomento può anche risultare sufficiente, ma una volta diventati forza di governo occorre operare scelte precise e mostrare di avere una strategia per lo sviluppo omogenea ed efficace, soprattutto non ridotta ad un minimo comune denominatore. L’antiberlusconismo da solo non può bastare e le profonde differenze tra le varie anime del centrosinistra potrebbero non reggere alla prova, accentuando la crisi del paese e provocando un ritardo nella ripartenza di tutto il sistema che potrebbe risultare letale. L’eventuale passo indietro del Cavaliere, cui dovrebbe fare da contrappunto un analogo sacrificio da parte del Professore, potrebbe rimuovere il maggiore ostacolo all’instaurarsi di un dialogo costruttivo, che conduca a soluzioni condivise e, una volta normalizzato il quadro politico istituzionale, riporti gli italiani alle urne per scegliere tra nuovi schieramenti e nuovi leader, con una legge elettorale degna di un a nazione civile e non frutto di astuzie bizantine.
Dalle prime reazioni, la grande stampa internazionale, anche quella che non mostrava indulgenze verso il governo Berlusconi, non sembra credere nella capacità di un futuro governo, disomogeneo e avversato dalla metà degli italiani, di affrontare e risolvere le sfide incombenti e rilanciare il Paese. Certo nell’immediato non ci si aspetta reazioni a sinistra, ma il sasso è sicuramente caduto nello stagno. Nello scenario politico che si prospetta, con i gravi problemi sul tappeto, con una costituzione da riparare, ma noi diciamo da riscrivere, la trovata berlusconiana rischia di apparire la prima cosa sensata del panorama politico degli ultimi mesi e liquidarla come un disperato tentativo degli sconfitti di rimettersi in gioco significherebbe proseguire nella sciagurata contrapposizione che ha caratterizzato la campagna elettorale più lunga e brutta della storia della repubblica. Basandosi su un’analisi della situazione politica rilevatasi esatta alla prova dei fatti, Società Aperta su questo argomento si è esposta e si è spesa nei mesi scorsi, raccogliendo perlopiù scetticismo bipartsan. Un’ipotesi, dunque, quella della Grosse Koalition che appare l’unica adeguata ad indirizzare il Paese verso un percorso virtuoso che riappacifichi gli animi, imposti una politica economica in grado di fermare il declino, riapra il dialogo sociale e restituisca alle Istituzioni le proprie prerogative. Soprattutto appare l’unica soluzione in grado di porre le basi per il rilancio del sistema paese attraverso le necessarie iniziative forti e, contemporaneamente, votare la legge istitutiva di una nuova Assemblea Costituente che riscriva le regole con uno spirito nuovo. Certo una cosa deve essere chiara: un governo di larghe intese non può essere, in una situazione come quella italiana un’ipotesi di legislatura. L’Italia non ha una stabilità istituzionale paragonabile a quella della Germania e, soprattutto, ha una Costituzione ferita dalle incursioni effettuate con uguale cinismo dai due poli, con il titolo quinto e la devolution rispettivamente.
Il problema del bipolarismo all’italiana rimane l’alleanza obbligata tra formazioni politiche che, in condizioni normali, sarebbero incompatibili. A sinistra, in particolare, il collante più forte è apparso essere l’antiberlusconismo, la cui forza ha finito per porre in secondo piano le differenze politiche. In virtù di questo unico collante vero, in presenza da ambo le parti dell’arco parlamentare della peggiore classe politica del dopoguerra (ma lasciatemi salvare il ministro Pisanu), i moderati e i liberali di sinistra hanno finito per cavalcare no globalismi e girotondi, lasciandosi dettare dagli antagonisti l’agenda delle iniziative politiche. Per una forza d’opposizione l’argomento può anche risultare sufficiente, ma una volta diventati forza di governo occorre operare scelte precise e mostrare di avere una strategia per lo sviluppo omogenea ed efficace, soprattutto non ridotta ad un minimo comune denominatore. L’antiberlusconismo da solo non può bastare e le profonde differenze tra le varie anime del centrosinistra potrebbero non reggere alla prova, accentuando la crisi del paese e provocando un ritardo nella ripartenza di tutto il sistema che potrebbe risultare letale. L’eventuale passo indietro del Cavaliere, cui dovrebbe fare da contrappunto un analogo sacrificio da parte del Professore, potrebbe rimuovere il maggiore ostacolo all’instaurarsi di un dialogo costruttivo, che conduca a soluzioni condivise e, una volta normalizzato il quadro politico istituzionale, riporti gli italiani alle urne per scegliere tra nuovi schieramenti e nuovi leader, con una legge elettorale degna di un a nazione civile e non frutto di astuzie bizantine.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.