In pieno Datagate
Obama spia: sai che scandalo!
A preoccuparci non dovrebbe essere il fatto che le spie spiino. Bensì che lo facciano e che si facciano sgamare.di Antonio Picasso - 10 giugno 2013
Sulle intercettazioni della National security agency (Nsa) ci sarebbe tanto da dire. Tutto è però così banale che è lecito chiedersi se sia il caso di spendersi. Prima cosa: l’agenzia per la sicurezza nazionale si è fatta scoprire con le mani sporche di nutella. Questo non è buono. Poi: il fatto è la conferma che Obama non è mai stato vergine. Nemmeno lui. Bush era il falco guerrafondaio, responsabile dei disastri in Iraq, Afghanistan, eccetera. Oggi Obama non è da meno. I suoi droni in Pakistan, Libia e Yemen stanno combattendo guerre silenziose. Tuttavia, sempre guerre sono. Probabilmente succederà una cosa simile in Siria prima o poi. Obama spia il suo Paese dal buco della serratura. Origlia, fa il guardone. Non come Bush, bensì scopiazzando Nixon, ovvero quel presidente che per i democratici doc resto il peggio del peggio.
Di questo datagate, lo chiamano perfino così, sembra che tutti sapessero. É una tattica: ti allinei al nemico, sì ti metti proprio al suo fianco, così gli impedisci di colpire. Il Congresso Usa dice che praticamente il Guardian sta scoprendo l’acqua calda. Perché è normale che l’America controlli gli americani. Come anche i non americani. Vedi magari i cinesi. É una tattica. Può funzionare. E in effetti è vero: dov’è lo scandalo?
La stampa monta la cosa per dovere di cronaca. O ancora meglio: è suo compito dire che il re è nudo. Però ammettiamolo: le critiche sono abbastanza ovvie. I servizi controllano la popolazione. E cosa dovrebbero fare, di grazia, se non quello?
Tra un po’ si arriverà a dar ragione a quel fenomenale grillino, com’è che si chiamava? Bernini. Che diceva che in America hanno già installato i chip nella pelle della gente per controllarla. O a direttamente al Beppe che dice di stare attenti a Facebook, perché è da lì che ci spiano. Il datagate sta lasciando di stucco chi era previsto che sarebbe rimasto di stucco. Associazioni per i diritti umani, progressisti contrari al Patriot Act, Tea Party che ce l’hanno con un qualunque intervento del governo nella vita dei cittadini e ovviamente i complottisti. L’America spia il mondo. Mbé?!
Che fanno cinesi, russi, inglesi e pure italiani? Se hai un’agenzia per la sicurezza interna del Paese, in qualche maniera la devi usare. Se paghi un investigatore privato perché segua tua moglie, non ti puoi lagnare se questo poi ti fa vedere le foto di lei. Anche quelle che tu non vorresti vedere. Un paio di settimane fa, Obama ha detto che gli Usa non sono più disposti ad andare in guerra così facilmente come prima. Almeno gli Usa di oggi. Se poi un giorno torneranno i cattivi repubblicani, massicci e incazzati, non si può dire nulla. Per il momento però addio Vietnam, addio Afghanistan, addio Iraq. E forse a questo punto addio pure Siria. Intesa come potenziale intervento classico, come una guerra simmetrica, o un’operazione di pace previo ok dell’Onu.
Per Obama la guerra si dovrà fare con droni e spie (vedi Pakistan, Yemen, Libia e some other places). È a queste cose che bisogna pensare. L’altro giorno l’Ispi ha organizzato a Milano un incontro su “Droni e cyber war”. Si è parlato appunto di questo. Dell’astrattezza alla quale sono destinate le guerre del futuro. Bozzo e Ratner, i relatori, si chiedevano come identificare i nemici. Una volta che il target da incenerire è in una sperduta valle pakistana, io militare – che vivo e lavoro nell’altrettanto sperduto paesello del Michigan – come posso avere la matematica certezza che il mio drone stia facendo quello che voglio? Un tempo la guerra era un mestiere più facile.
Tra Pakistan e Afghanistan il nemico non è più quello classico. E nemmeno in Libia, Iran o Cina. Quando il nemico aveva un elmetto diverso dal mio, la prassi era semplice: un colpo e via. Oggi il talebano veste, parla, mangia come un qualsiasi civile. E viceversa. L’innocente contadino oggi può darmi l’ok perché io e il mio plotone passiamo sul suo campo. Ma domani – visto che qualcuno con la divisa uguale alla mia c’ha provato con sua figlia – non è detto che lo stesso campo non sia infarcito di mine. Nell"Af-Pak war amico e nemico non si limitano a far rima. Tra le due categorie si è creata un amalgama letale. Lo stesso succede altrove.
Problema ulteriore infatti: l’amico-nemico che si trova in quel caos asiatico ha spesso e volentieri cugini e parenti di ogni tipo in Europa, Australia e ovviamente Nord America. O magari ha solo un conoscente/amico con cui chatta su Facebook e al quale suggerisce come costruire una bomba. Bomba che poi esplode a una maratona in una città americana. Ora io questa bomba la devo rintracciare e disinnescare prima del botto. Per farlo devo pure capire chi l’ha fabbricata, dove vive, che gente frequenta e chi sono gli altri potenziali ideatori di scherzetti del genere. Si calcola che l’Fbi tenga d’occhio oltre cinquemila cittadini americani classificati come potenziali jihadisti. I numeri crescono se si guarda a Francia, Gran Bretagna e Olanda. E ancora di più aumentano se si pensa alla necessità di controllare iraniani, russi, cinesi, indiani e sovversivi di vario genere che con il jihadismo non hanno nulla a che fare. È l’intelligence, bellezza. Quanti sono gli attentati sventati e quindi le vite umane salvate da questo invasivo Grande fratello? Bush Jr e la sua banda di neo-con si staranno sfregando le mani dalla soddisfazione. Oppure saranno imbarazzati nel trovarsi dalla stessa parte del giurato nemico Obama. Tuttavia è così. È per la difesa dei cittadini americani che l’Nsa ha catalogato quei milioni di telefonate e dati personali. L’Nsa, l’agenzia responsabile della sicurezza nazionale, è stata sorpresa a spiare. Sai che notizia!
A preoccuparci non dovrebbe essere il fatto che le spie spiino. Bensì che lo facciano e che si facciano sgamare. Forse non è solo per l’anti terrorismo. Forse c’è di mezzo l’interesse a capire se nemici e concorrenti dell’America sono davvero forti. La Cina, per esempio, com’è realmente? E L’Iran? Compito dell’Nsa è capire se tutti coloro che vivono su suolo americano siano bravi e belli. Oppure ci siano anche dei brutti e cattivi. Non è una gran colpa.
Articolo originale pubblicato su Linkiesta
Di questo datagate, lo chiamano perfino così, sembra che tutti sapessero. É una tattica: ti allinei al nemico, sì ti metti proprio al suo fianco, così gli impedisci di colpire. Il Congresso Usa dice che praticamente il Guardian sta scoprendo l’acqua calda. Perché è normale che l’America controlli gli americani. Come anche i non americani. Vedi magari i cinesi. É una tattica. Può funzionare. E in effetti è vero: dov’è lo scandalo?
La stampa monta la cosa per dovere di cronaca. O ancora meglio: è suo compito dire che il re è nudo. Però ammettiamolo: le critiche sono abbastanza ovvie. I servizi controllano la popolazione. E cosa dovrebbero fare, di grazia, se non quello?
Tra un po’ si arriverà a dar ragione a quel fenomenale grillino, com’è che si chiamava? Bernini. Che diceva che in America hanno già installato i chip nella pelle della gente per controllarla. O a direttamente al Beppe che dice di stare attenti a Facebook, perché è da lì che ci spiano. Il datagate sta lasciando di stucco chi era previsto che sarebbe rimasto di stucco. Associazioni per i diritti umani, progressisti contrari al Patriot Act, Tea Party che ce l’hanno con un qualunque intervento del governo nella vita dei cittadini e ovviamente i complottisti. L’America spia il mondo. Mbé?!
Che fanno cinesi, russi, inglesi e pure italiani? Se hai un’agenzia per la sicurezza interna del Paese, in qualche maniera la devi usare. Se paghi un investigatore privato perché segua tua moglie, non ti puoi lagnare se questo poi ti fa vedere le foto di lei. Anche quelle che tu non vorresti vedere. Un paio di settimane fa, Obama ha detto che gli Usa non sono più disposti ad andare in guerra così facilmente come prima. Almeno gli Usa di oggi. Se poi un giorno torneranno i cattivi repubblicani, massicci e incazzati, non si può dire nulla. Per il momento però addio Vietnam, addio Afghanistan, addio Iraq. E forse a questo punto addio pure Siria. Intesa come potenziale intervento classico, come una guerra simmetrica, o un’operazione di pace previo ok dell’Onu.
Per Obama la guerra si dovrà fare con droni e spie (vedi Pakistan, Yemen, Libia e some other places). È a queste cose che bisogna pensare. L’altro giorno l’Ispi ha organizzato a Milano un incontro su “Droni e cyber war”. Si è parlato appunto di questo. Dell’astrattezza alla quale sono destinate le guerre del futuro. Bozzo e Ratner, i relatori, si chiedevano come identificare i nemici. Una volta che il target da incenerire è in una sperduta valle pakistana, io militare – che vivo e lavoro nell’altrettanto sperduto paesello del Michigan – come posso avere la matematica certezza che il mio drone stia facendo quello che voglio? Un tempo la guerra era un mestiere più facile.
Tra Pakistan e Afghanistan il nemico non è più quello classico. E nemmeno in Libia, Iran o Cina. Quando il nemico aveva un elmetto diverso dal mio, la prassi era semplice: un colpo e via. Oggi il talebano veste, parla, mangia come un qualsiasi civile. E viceversa. L’innocente contadino oggi può darmi l’ok perché io e il mio plotone passiamo sul suo campo. Ma domani – visto che qualcuno con la divisa uguale alla mia c’ha provato con sua figlia – non è detto che lo stesso campo non sia infarcito di mine. Nell"Af-Pak war amico e nemico non si limitano a far rima. Tra le due categorie si è creata un amalgama letale. Lo stesso succede altrove.
Problema ulteriore infatti: l’amico-nemico che si trova in quel caos asiatico ha spesso e volentieri cugini e parenti di ogni tipo in Europa, Australia e ovviamente Nord America. O magari ha solo un conoscente/amico con cui chatta su Facebook e al quale suggerisce come costruire una bomba. Bomba che poi esplode a una maratona in una città americana. Ora io questa bomba la devo rintracciare e disinnescare prima del botto. Per farlo devo pure capire chi l’ha fabbricata, dove vive, che gente frequenta e chi sono gli altri potenziali ideatori di scherzetti del genere. Si calcola che l’Fbi tenga d’occhio oltre cinquemila cittadini americani classificati come potenziali jihadisti. I numeri crescono se si guarda a Francia, Gran Bretagna e Olanda. E ancora di più aumentano se si pensa alla necessità di controllare iraniani, russi, cinesi, indiani e sovversivi di vario genere che con il jihadismo non hanno nulla a che fare. È l’intelligence, bellezza. Quanti sono gli attentati sventati e quindi le vite umane salvate da questo invasivo Grande fratello? Bush Jr e la sua banda di neo-con si staranno sfregando le mani dalla soddisfazione. Oppure saranno imbarazzati nel trovarsi dalla stessa parte del giurato nemico Obama. Tuttavia è così. È per la difesa dei cittadini americani che l’Nsa ha catalogato quei milioni di telefonate e dati personali. L’Nsa, l’agenzia responsabile della sicurezza nazionale, è stata sorpresa a spiare. Sai che notizia!
A preoccuparci non dovrebbe essere il fatto che le spie spiino. Bensì che lo facciano e che si facciano sgamare. Forse non è solo per l’anti terrorismo. Forse c’è di mezzo l’interesse a capire se nemici e concorrenti dell’America sono davvero forti. La Cina, per esempio, com’è realmente? E L’Iran? Compito dell’Nsa è capire se tutti coloro che vivono su suolo americano siano bravi e belli. Oppure ci siano anche dei brutti e cattivi. Non è una gran colpa.
Articolo originale pubblicato su Linkiesta
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DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.