Verso il 2013
Monti e dopo Monti
Per quanto il governo sia deludente, esso è prima di tutto indispensabile. Per non tornare al bipolarismo fallimentare Monti è necessario, insieme al "partito che non c'è".di Enrico Cisnetto - 06 ottobre 2012
Monti e la sua “agenda” sono o non sono indispensabili per il dopo elezioni? Finora questa domanda ha ottenuto ben cinque diversi tipi di risposta. La prima è banale – “non si può mica predeterminare l’esito delle elezioni, altrimenti che si tengono a fare” – e diventa scema se a pronunciarla sono coloro che chiedono a gran voce un sistema politico che consenta agli italiani di scegliere opzioni chiuse. Come se indicare Monti come premier ideale sia una scelta obliqua e che rende obbligatorio votare per le forze che sostengono questa tesi. La seconda risposta è affermativa, e per ora riguarda in modo esplicito e lineare solo l’Udc, che di Monti è stato e sembra voler essere anche in vista delle elezioni lo sponsor ufficiale, anche a costo di qualche acriticità. Altrettanto secca è la terza risposta, quella negativa, che è ad appannaggio delle due ali del sistema politico, Sel e Idv da un lato e Lega e destra dall’altro. Poi c’è una quarta risposta, che invece appare confusa e contraddittoria: quella di Pd e Pdl. E non solo perché è crescentemente negativa nei confronti di Monti, sia in versione governo attuale che, ancor di più, di eventuale bis, mentre i due partiti sono tuttora i pilastri della maggioranza parlamentare che lo sostiene. No, la contraddizione sta anche e soprattutto nel fatto che i due partiti del bipolarismo italico giocano a fare a meno di Monti ben sapendo che, a prescindere dalla legge elettorale, difficilmente gli italiani daranno loro i voti necessari per vincere le elezioni. Il che, oltre ad essere l’ennesima dimostrazione di incoscienza, è anche il segno non hanno uno straccio di idea di quali alternative programmatiche proporre.
Ma è sulla quinta e ultima categoria di risposte che vale più la pena di soffermarsi. Si tratta del “no motivato” di alcuni esponenti politici (per esempio Renzi) e di alcuni esponenti della società civile che intendono giocare un ruolo politico (per esempio Giannino e gli altri di Fermare il declino). Una posizione comprensibile, ma che giudico sbagliata. Sì, è vero, il governo Monti è stato complessivamente deludente. Ha agito sul deficit anziché sul debito, sulle liberalizzazione è stato debole, sul mercato del lavoro ha commesso un grave errore di valutazione. Ha fatto la riforma delle pensioni (un punto pesante a suo favore), ma poi ha interpretato la spending review come guerra agli sprechi anziché prima di tutto come riduzione di spesa derivante da riforme strutturali (in primis decentramento amministrativo e sanità). Soprattutto, guardando alla prossima legislatura, non è stato capace di trasformare il governo da “tecnico” a “politico”, ponendo basi naturali per la sua continuità. Ma tutto questo non toglie che nello stesso tempo il governo Monti sia stato, e continui ad essere, indispensabile. Perché ha prodotto una cesura non solo con lo screditato governo Berlusconi che ha sostituito, ma con l’intero fallimentare sistema politico chiamato Seconda Repubblica. Una discontinuità, una rupture avrebbe detto Sarkozy, dalla quale non dobbiamo assolutamente tornare indietro. E questo fa assolutamente la differenza: se il governo Monti al contempo è indispensabile e deludente, il primo giudizio prevale sul secondo. Come dire: possiamo permetterci un governo deludente, ma non possiamo permetterci di perdere un governo indispensabile.
Il vero tema – sul quale mi permetto di attirare l’attenzione di molti amici che vedo in preda a forti mal di pancia quando si parla di Monti-bis – è semmai quello di tentare di offrire una piattaforma programmatica diversa alla indispensabile continuità che dobbiamo offrire alla benedetta discontinuità rappresenta dal Professore. E qui certo non ci mancano le idee, visto che sono anni che predichiamo al deserto la necessità di un progetto per l’Italia di stampo liberal-keynesiano. Ma ciò che non ci possiamo permettere è far prevalere in noi la delusione per quello che di più e di meglio Monti avrebbe potuto fare rispetto alla razionale valutazione politica del ruolo che ha giocato e che potrà continuare a svolgere.
D’altra parte, qual è l’alternativa? Se quello che io chiamo da tempo il “partito che non c’è” non dovesse materializzarsi, alle urne i cittadini avrebbero solo due chance: o votare per i partiti attuali, complessivamente screditati e quindi tendenzialmente al ribasso di consensi, o esprimere la loro protesta scegliendo tra l’astensione e Grillo. In questo quadro il Monti-bis potrebbe nascere lo stesso, anzi ha buone probabilità perché verosimilmente dalle urne non uscirà un vincitore (né con questa legge elettorale, perché è difficile che chi vince alla Camera abbia anche il Senato, né con modalità di conteggio del voto nuove, salvo un premio di maggioranza superiore al 20%, del tutto improbabile). Ma se invece il “partito che non c’è” finalmente si materializzasse – magari anche per merito di Renzi qualora si decidesse a rompere il gioco asfittico del Pd, uscendone per mettersi al servizio dell’unità elettorale di riformisti e moderati – come potrebbe prescindere da Monti, visto che la sua nascita avrebbe come logica (ed è l’unica possibile) quella di evitare che il bipolarismo italico ci riproponga il solito scontro Pd-Pdl più alleati vari e che per esserne estranei gli italiani siano costretti o a stare a casa o a farsi rappresentare da un comico? Se poi questi amici, tentati dal “partito che non c’è”, si dicono anche così preoccupati che a concorrervi ci sia pure l’Udc (ammesso che lo voglia) fino al punto da alzare muri nei confronti di Casini, allora mi devono spiegare come diavolo pensano di risolvere l’equazione della prossima tornata elettorale. È vero che viene giù tutto, e che gli scandali che dal Lazio stanno andando verso altre regioni ed altri enti locali non fanno che accelerare e amplificare l’effetto domino, ma costoro davvero pensano di presentarsi alle elezioni e di sbaragliare il campo fino al punto di sconfiggere in un colpo solo la vecchia cattiva politica e l’improduttiva anti-politica? Fatene, facciamocene tutti, una ragione: piaccia o non piaccia, Monti e alcuni dei suoi ministri sono interlocutori indispensabili per evitare elezioni in salsa greca.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.